Un
tir rovesciato a lato della strada con le ruote che puntavano verso il cielo,
sembrava il cadavere di un essere che era stato vivente. La cabina di guida
vuota, eccetto alcune ossa intorno a un cranio umano. Una mano scheletrica
reggeva ancora il grosso volante anche se il resto del braccio era scomparso. Tutt’intorno
al tir, automobili arrugginite con i cofani sfondati e i finestrini ciechi da
cui spuntava qualche pezzo di vetro appuntito. Cartacce dovunque, concentrate
per qualche motivo al centro della strada. Più avanti i resti di alcune
bandiere bruciate e un gommone da mare bucato fornito di motore e barra di
navigazione.
L’uomo
camminava lento sulla larga strada cittadina quasi senza fare caso allo sfacelo
che lo circondava. Lo zaino oscillava alle sue spalle, le scarpe
scricchiolavano sull’asfalto e di tanto in tanto prendevano a calci, senza
motivo, o forse per generare un acciottolio familiare che interrompesse il
nulla, qualche sasso che incontravano sul loro percorso. L’uomo guardava e
camminava.
Ancora
doveva abituarsi al silenzio che lo accoglieva dovunque lo portassero i piedi
stanchi. Era un silenzio appena rotto dal sibilo del vento, che assumeva toni
maligni vorticandoti intorno alle orecchie. E come se non bastasse c’era questo
cielo nero che ammantava ogni cosa e inaridiva ogni speranza che poteva
albergare nel tuo cuore. Dal buio cielo metallico, di tanto in tanto, sgorgavano
lampi sporchi.
Però
non era tutto desolato. Ecco che, svoltato un incrocio, uno sparuto stormo di
uccelli si alzava in volo intimorito dal nuovo venuto. I volatili erano
spennati, con macchie color petrolio concentrate sulle ali, somigliavano ad
avvoltoi in formato tascabile. Un po’ più in là si trascinava la carcassa di
quello che una volta doveva essere stato un cane. Cane o non cane, la carcassa
si infilò in un negozio fatiscente di articoli sportivi, prima che la
figura eretta lo raggiungesse. L’uomo continuò a camminare. Gli pareva che
ognuno dovesse fare ciò in cui era portato, e non c’era dubbio che al momento
quello che sapeva fare meglio, anzi forse la sola cosa che sapeva fare, era
camminare.
Passò
accanto alla sede di una banca, rimasta linda e pinta come se fosse stata
pulita il giorno prima. Notò appena il cartellone pubblicitario in cui una
donna piacente decantava le tante qualità dell'istituto di credito. Una collinetta di
banconote, tenuta ferma da diverse pietre, era accumulata davanti all’uscita
della banca. L’uomo non si fermò a raccogliere le banconote e non le guardò
neppure troppo. Non fece neppure troppe riflessioni filosofiche sulla fugacità
delle cose. Continuò a camminare.
Imboccò
una strada che aveva l’aria di essere un’arteria principale della città,
circondata da palazzoni alti dove non si scorgeva anima viva. Dal cielo nero
cadde qualche goccia di liquido pantanoso sull’unico vivente che si aggirava in
quel mondo esausto.
Scendendo
da un marciapiede, l’uomo mise un piede in fallo e cadde. Sentì una fitta alla
caviglia che lo fece gridare e per un attimo pensò di essersi rotto il piede. Fu
certo che se non avesse più potuto camminare sarebbe morto in poco tempo, ma
questo pensiero non lo allarmò poi tanto. Gli pareva molto più preoccupante il
fatto che a volte non riuscisse a ricordare il suo nome. Ecco, se fosse morto
senza ricordare chi era, quella sì che sarebbe stata una tragedia.
No,
la caviglia non era rotta, funzionava alla grande. Per provarlo l’uomo salì in
cima a una barricata di carcasse di macchine e si guardò intorno da quella
posizione privilegiata.
Non
si vedeva niente. Niente di vivo. In quella parte della città per qualche ragione
le strade erano più pulite del solito e niente era fuori posto, tranne i ciuffi
d’erba che crescevano rigogliosi negli interstizi del fondostrada e praticamente
in ogni fessura dei muri circostanti. Da dove si trovava sentiva un lieve odore
di salsedine, ma l’uomo non aveva alcuna intenzione di avviarsi verso il mare perché
era certo che lo avrebbe trovato più deprimente
e ostile del cielo che lo sovrastava.
Sceso
dalla catasta di auto, fece una cosa che non faceva da tempo e che anzi
dubitava di essere ancora capace di fare. Sorrise. Sorrise perché si ricordò
che nello zaino aveva un cellulare con qualche brandello di carica
sopravvissuta. Lo recuperò e fece delle foto al mondo vuoto che lo circondava.
L’ultima foto fu un selfie di se stesso con sullo sfondo il tronco annerito di
un albero adagiato su una vasca da bagno chissà come finita lì. Poi capì perché aveva sorriso. Aveva pensato che sarebbe stato davvero
divertente postare quelle immagini sul fantasma di facebook con qualche didascalia demenziale.
Il
vento fischiò più forte, le scarpe continuavano a mordere la strada. Per un
attimo pensò di scorgere un filo di fumo innalzarsi in una zona remota della
città. Ma poi il fumo sparì così in fretta che fu certo di esserselo
immaginato. Stava ancora cercando di decidere se fosse una cosa buona o cattiva
vedere del fumo, quando si trovò di fronte a qualcosa che
gli inchiodò i piedi a terra.
Pioveva
ancora, forse perfino un pizzico più forte, ma la visibilità era ottima. Così buona
da mostrargli la figura eretta situata a un centinaio di metri da lui. La
figura era ferma e senz’altro viva. E c’era di più, la figura era
indubbiamente una donna. L’uomo non capì come facesse a esserne certo dato che
la figura era infagottata in strati di stoffa che ne celavano le forme. Forse era
quando si muoveva. Forse lo sapeva e basta.
La
donna non si mosse e lui non si mosse. Non sapeva cosa fare. E non lo
sapeva nemmeno la donna, a giudicare dalla sua immobilità. Imbattersi in
qualcuno poteva essere un’opportunità, ma anche un grosso rischio. La donna
poteva spaventarsi e aggredirlo o ucciderlo con qualche arma. Oppure poteva
avere degli amici nascosti e malintenzionati.
In
ogni caso il cuore dell’uomo batteva forte. Aveva voglia di correre verso l’altro
essere vivente. Ma si trattenne. Decise di aspettare. Se la figura infagottata fosse
rimasta dov’era ancora per qualche minuto, avrebbe significato che riusciva a
controllare le sue paure. Allora si sarebbe avvicinato. Se la donna fosse
scomparsa, l’uomo avrebbe ripreso a fare quello che sapeva fare meglio.
Camminare.
Bisognava
aspettare.
Grazie per la visita,
RispondiEliminaBuon lunedi
Non credevo che si facessero più commenti come Grazie per la visita, evidentemente mi sbagliavo. Anche il buon lunedì non era male in quanto a vintage. E saluti al (mio) blog.
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