martedì 4 settembre 2012

Peggy e Pedro

“Peggy, torna da me, ti amo. Non posso vivere senza di te!” gridò Pedro.

Chi lo avesse visto mentre diceva quelle parole, sarebbe stato tentato di ridere, perché Pedro non si chiamava Pedro e la persona a cui si rivolgeva probabilmente non si chiamava Peggy. Sì, la tentazione di ridere sarebbe stata forte: Pedro che non si chiamava Pedro era in piedi su un ponte di Roma, probabilmente non troppo distante da un lampione pieno di catenacci dell’amore, ma non sembrava per nulla uno dei ragazzini fighetti di Moccia che si promettono amore eterno per poi sputtanarsi a morte cinque minuti dopo su Facebook. Pedro non aveva niente del Romeo moderno. Era vestito di stracci, un barbone grosso così, ed era ubriaco. Qualcuno avrebbe anche potuto definirlo ubriaco d’amore, ma non si poteva ignorare l’acre puzzo di alcol che emanava dalla sua persona

“Peggy, torna da me”, si lamentò Pedro, ma sapeva che non sarebbe accaduto. Vedeva poco e barcollava sul ponte sul Tevere. Nella sua testa vorticava l’immagine dolce di Peggy e le parole violente che le aveva detto il giorno prima, quando era incattivito dalle mille cose che ti incattiviscono quando vivi sotto i ponti di Roma con pochi soldi e una libertà che ti appare molto meno libera di quella sognata quando eri un ragazzotto della repubblica Ceca con un nome meno suggestivo. Poi per un istante, un pensiero chiarissimo. La sua vita sarebbe continuata senza Peggy. Per sempre. Tutte le cose che avevano fatto insieme avrebbe dovuto farle da solo. Era troppo. Si buttò di sotto.

Il giorno dopo si presentò sul posto una giornalista del tiggi cinque. Aveva un cospicuo conto in banca, una casa elegante a Roma e probabilmente solo in abiti spendeva quanto bastava per mantenere un paio di famiglie e un centinaio di Peggy e Pedro. Curiosamente anche la giornalista del tiggì cinque aveva un nome suggestivo e avventuroso, qualcosa che suonava come Conchita o Consuelo, con la differenza che era il suo vero nome di battesimo. La giornalista non era stupida, si era vestita in maniera informale e sembrava sinceramente colpita dall’amore di Peggy e Pedro. Intervistò un loro compagno di vita, un ragazzo con un sorriso francescano che usciva da sotto un barbone lungo così. Se il ragazzo puzzava, la sua intervistatrice era abbastanza intelligente da non storcere il naso mentre gli parlava. Il ragazzo parlò del litigio avuto il giorno primo da Peggy e Pedro. Erano volate parole grosse. Peggy si era buttata dal ponte per la disperazione. Il giorno dopo il compagno l’aveva imitata travolto dai sensi di colpa e dalla solitudine. Era sveglia, la giornalista del tiggì cinque: si mostrava moderatamente affranta, nei suoi informali abiti da lavoro, dal resoconto di quella tragedia metropolitana. Non pronunciò mai la parola amore, né permise che la pronunciasse il clochard francescano che intervistava. C’era tempo, per parlare di amore: probabilmente lo avrebbe fatto presenziando al prossimo ricevimento dei dipendenti Mediaset, dove si sarebbe presentata in un rigoroso abito da sera e avrebbe sorriso a manager con la faccia da squalo sorseggiando una coppa di champagne.

Qualche giorno fa si buttarono da un ponte a Roma Peggy, una ragazza tedesca di 27 anni, e Pedro, un ragazzo ceco di 24. Erano due giovani che vivevano in strada, quelli che in gergo si definiscono punkabbestia per l’abitudine di accompagnarsi con dei cani, un po’ anarchici e un po’ hippy moderni, a volte fanno gli artisti da strada oppure si arrangiano come possono. Peggy morì. Pedro riportò gravi danni fisici.

27 commenti:

  1. Hai fatto bene Capitano a ricordare questi ragazzi.
    Ho seguito anch'io con attenzione e profonda tristezza,questo fatto di cronaca. Questo gesto estremo di amore,in una vita avara di tutto. Forse Peggy poteva sopportare tutto. Vivere in miseria e dormire sotto i ponti.L'importante era sentire vicino il suo Pedro. Con lui accanto,niente le faceva più paura.

    Chissà cosa si saranno detti in quella discussione alterata dalle frequenti bevute. Qualcosa che ha spezzato il cuore alla ragazza che ha deciso che la Vita non avrebbe avuto più senso,senza l'amore del suo Lui.Un balzo dal ponte....e tutto è finito. Niente più freddo,niente più fame,niente più miseria...niente più Pedro.

    La disperazione di Pedro dopo essersi reso conto della morte della ragazza è stata immensa. Non c'ha pensato due volte...ha voluto seguirla,perchè la Vita senza Lei non aveva più nessun senso.

    Il volo dal ponte non l'ha ucciso, le cronache dicono sia molto grave.

    Questi due ragazzi che non avevano niente,hanno donato per amore,l'unico loro bene.la Vita.

    Mi verrebbe voglia di salutarli con dei versi di De Andrè


    Ama e ridi se amor risponde
    piangi forte se non ti sente
    dai diamanti non nasce niente
    dal letame nascono i fior
    dai diamanti non nasce niente
    dal letame nascono i fior.








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  2. Vitty carissima, De André è sempre il benvenuto quando si parla di amore vero. Mi ha colpito, questa storia. Guardo sempre com simpatia questi ragazzi di strada quando li vedo. Mi fermo a guardarli quando sono artisti di piazza, li sento vicini, certo più di certi giornalisti televisivi o di personagggi frivoli e benvestiti che si infilano nelle boutique. Mi sembra gente ricca dentro, non banale: la strada a volte ti abbruttisce, certo, ma certe volte ti regala un'umanità difficile da trovare altrove.

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  3. Penso che chi ha sete di libertà e fa scelta di vita coraggiose, è capace di grandi grandissime passioni. Onore a tutti i Pedro e Peggy.

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  4. Ho visto anch'io quel servizio, ho ascoltato la storia ma come sempre, quando si tratta di drammi così grandi non riesco a fare nessuna ipotesi. Cleide parla di sete di libertà...ma credo che i motivi che spingono le persone, donne o uomini, giovani o vecchi che siano a fare una scelta di vita così...estrema c'entrino poco con la libertà! Probabilmente sbaglio, ma che libertà c'è a vivere di stenti, sotto un ponte, con un letto e una coperta di cartone e come unica fonte di "riscaldamento" un cane pulcioso? A me sembrano persone con un gran dolore dentro, sembrano persone che non sentono di essere più in sintonia con il resto dell'umanità e che scelgono di tagliarsi fuori da tutto e tutti!E' un gesto che anela libertà questo, o piuttosto una scelta fatta per dimenticare qualcosa? Ma deve esser più forte la sete d'amore, deve esser tanto più dolorosa l'incomprensione con chi hai scelto di aver vicino, se poi...in un afoso giorno d'estate ti butti giù dal ponte dove vivi!Sono onesta, non so, se passando vicino al ragazzo barbuto intervistato dalla giornalista, sarei stata brava quanto l'impeccabile intervistatrice a non storcere il naso, e voltare lo sguardo altrove!

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  5. Carissima Giovanna, questi due ragazzi e altri come loro vivono come gli pare e a me in particolare non danno fastidio, se chiaramente non rompono le scatole al prossimo e sono sicuro che non l'hanno fatto nel caso specifico. La loro storia è suggestiva. Se i ragazzi fossero vissuti in un'altra epoca e fossero stati abbigliati meglio, se le loro famiglie fossero state più potenti, li avrebbero chiamati Giulietta e Romeo.
    Sui cani, devo dire una cosa: di solito non li sopporto. Sono spesso aggressivi e rumorosi. Ma i cani che vedo con il particolare tipo umano cui si si ispiravano Peggy e Pedro, sono tranquilli, perfino bonaccioni, così mi pare, sono simpatici perfino a persone come me. In realtà pure a me L'intervistatrice mi era apparsa impeccabile, anzi fin troppo impeccabile. Forse avrebbe dovuto peccare un po' di più. Forse avrebbe dovuto sporcarsi un po' di più. Il ragazzo che intervistava era radioso e, mi sbaglierò senza dubbio, mi sembrava più intimamente in pace con se stesso della giornalista impeccabile che fa il servizietto banaletto sull'untima tragedia metropolitana.
    Un sorriso a te.

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  6. Cleide, qui sono d'accordo con te. La sete di libertà ci rende uomini migliori. Viva la filosofia dei figli dei fiori e dei loro continuatori. Viva chi sceglie di sottrarsi a questo circo di falsità e conformismo. Per farla semplice, immaginiamo di essere su Facebook: qui c'è la foto di Peggy o Pedro o di qualche altro come loro, e qui accanto c'è la foto di una giornalista mezza raccomandata del tg 5 che può chiamarsi (e sarebbe il suo vero nome di battesimo) Desideria, Carmen, Conchita o Domitilla. Ora immaginiamo che si debba cliccare il pulsante Mi Piace su una delle foto contrastanti. Dove credi che cliccherei il mio Mi Piace? :-)

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  7. ti ho ritrovato e sono contenta. Ti aspetto da me.

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  8. Per curiosità, Stefania, dopo che metti questi memorabili commenti, la gente ti commenta sul tuo blog?

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  9. CASSANDRO

    Del mondo dei Punkbbestia non so molto, se non quel poco che mi è capitato di vedere per le strade di Roma, dove in genere bivaccano sui marciapiedi, intenti al dolce far niente, con le bottiglie di birra vuote al loro fianco, con i loro cagnoni, anch’essi sbracati a terra e semidormienti (a volte pure caritatevolmente accarezzati da qualche misericordiosa signora elegante di passaggio, tanto quelli sono sempre tranquilli, chissà perché). In genere non disturbano, ma neppure spingono a fare sorgere nella mente dei passanti elevati pensieri. Se vogliamo buttarla sul classico forse sono gli epigoni del filosofo Diogene di Sinope, che come è noto si dice che dormisse in una botte vuota per ripararsi dalle intemperie, e che venisse indicato con l’appellativo di “cane” (non so se pulcioso o meno), insistendo egli con i suoi allievi sul ritorno alla natura esteso al rapporto fra i sessi, donde l’abolizione della famiglia, sul massimo disprezzo per le istituzioni e per gli usi civili consacrati dalla consuetudine, per gli agi e per le ricchezze: insomma si doveva essere superiori a tutti i bisogni nell’assoluto dominio sulle passioni (il che come programma teorico non c’è male!)

    Ciò pure per il fatto che (parlando sempre in termini generali) in base alla mia limitata conoscenza, non ho mai sentito esprimere da parte loro una qualunque idea, posto non esiste a mia memoria alcun loro scritto (Diogene almeno avrebbe lasciato sette drammi), e che, per tornare un poco all’attualità, a differenza degli hippy, di cui dubito che siano i continuatori, non li ho visti mai né cantare nè ridere (non scordiamo lo slogan dei figli dei fiori “una risata vi seppellirà”). Ovviamente può darsi che io mi sia imbattuto in delle eccezioni, per cui non si può fare statistica con poche esperienze, ed anche perché in un gregge di pecore bianche c’è sempre una pecora nera ed in un gregge di pecore nere ci sono sempre due o tre pecore bianche (e così posso dire che pure io ho inventato l’acqua calda!)

    Ciò posto, mi astengo di trattare qui, sia della loro potenziale umanità sia della loro sete di libertà. Se qualcuno avesse esperienza diversa dalla mia è pregato di intervenire per darcene prova tangibile. Solo una volta ho assistito ad una scena che invero mi ha notevolmente scosso: un barbutissimo ragazzotto di questi, dall’aspetto per nulla solare, litigava a voce alta con una sua magra compagna di vita e, forse, di amori, e questi, dopo averle strattonata e mollato un violento ceffone, la prese per la vita e, sollevatala in aria, la buttò dentro un cassonetto della spazzatura, che stava aperto al loro fianco.

    E qui ha forse ragione Giovanna quando li ritiene “persone che non sentono di essere più in sintonia con il resto dell'umanità e che scelgono di tagliarsi fuori da tutto e tutti!”

    Circa la canzone di De Andrè (del quale sono stato sempre un patito), sarebbe forse il caso di precisare (fatta salva l’espressione poetica, volta però a colpire solo l’immaginazione) che dal letame non nascono ex abrupto fiori, ma credo solo mosche, blatte e vermi.. Al limite, il letame contribuisce a migliorare la qualità del terreno perché vengano poi i fiori, sempre che però sia esistito un contadino, il quale -- ovviamente privo di sete di libertà -- si sia prima rotta la schiena a zappare, a vangare, ad annaffiare la pianta. Al limite preferisco l’aforisma di Lec “Anche in uno sputo si riflette il sole”, perché più realistica e dà maggiore senso di speranza.

    (segue)

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  10. CASSANDRO

    Chissà se la ragazza poi caduta dal muraglione del Tevere, dato il suo stato di alterazione dovuto, nella migliore delle ipotesi, ad ubriacatura, in un lontano giorno, essendo già maggiorenne, potrebbe avere deciso di notificare ai suoi genitori di volere andare via di casa per abbracciare quella fatta di sedicente libertà che poi risulta, come hai notato benissimo, Capitano, “molto meno libera di quella sognata”.

    Non scordiamo infine che il dramma di Peggy e Pedro (che tocca di sicuro, singolarmente preso, il cuore di ognuno, perché una vita spezzata è sempre una perdita per l’umanità) potrebbe infatti essere visto anche dal punto di vista dei genitori (e qui il discorso si allarga), perché, bene o male, oltre Romeo e Giulietta esistono pure i signori Capuleti e i signori Montecchi, nonché il Principe governatore delle città, che ammonisce tutti i genitori.




    GENITORI E FIGLI DI OGGI

    Più di vent’anni tengo e perciò,
    mamma, sono già grande e non puoi
    dirmi “Fai questo”, oppure “Questo no”:
    uomini siamo, mica siamo buoi

    . . . oppur viviamo ancora a i tempi tuoi!

    Finita è quell’epoca oramai!
    La decidiamo noi la nostra vita,
    il futuro è nostro, caso mai
    te lo fossi scordato . . . E’ finita

    l’epoca in cui io ad una gita

    andavo solo se volevi tu:
    e se non permettevi allora . . . “Ciccia!”
    Son grande, e non mi va, credimi, più
    che debba dirmi tu che la salsiccia

    male mi fa . . . se debbo essere riccia . . .

    o con le trecce . . . o se il pircing è
    da “bori”, ed il jeans a vita bassa,
    col bosco quasi fuori, è troppo osè.
    Non voglio io più qui pagare tassa!

    Non farmi dir di te “Ma quanto scassa!”

    Se hai fatto tu per me qualcosa,
    non hai fatto che il tuo dovere!
    Non puoi curarla sempre tu la rosa!
    La soffochi! . . . E quindi, per piacere,

    rassègnati! . . . E’ vuoto ormai il bicchiere!

    Che . . . te lo avevo chiesto io, di’,
    di venire al mondo? . . . Ed alloooora?
    . . . hai fatto bene a mantenermi, sì,
    ma ora basta! Basta! E’ giunta l’ora

    di “ognun per sé” . . . pur se si va in malora!

    E tu, papà . . . tu fatti i cazzi tuoi!
    Son maggiorenne, e la mia chitarra
    la suono a modo mio, vuoi o non vuoi!
    Avrò la testa dura come sbarra

    di ferro, però sappi che non sgarra!

    Voglio la libertà, voglio parole
    oneste, vere . . . ah, se li voglio vivi
    lucenti e splendenti puù del sole
    i miei discorsi, anche se lascivi.

    Io me ne fotto, sai, dei congiuntivi!

    Lo vuoi saper che faccio? . . . Da domani
    a viver vado con qualche compagno.
    Con questa mia notifica i miei piani
    ora conosci . . . e dilli a mamma. Un bagno

    di autonomia mi aspetta! . . . Cosa “magno”?

    . . . e chi lo sa? . . . Chi vivrà vedrà!

    Rassegnati anche tu perchè finito
    è il tempo in cui mi stavi ad imboccare,
    che mi zittivi con l’alzar del dito,
    chè sempre mi volevi educare

    come se stesse a me il mondo salvare.

    Addio! Se ne va la tua bimbetta.
    Se un giorno tornerà? . . . Forse . . . Chissà!
    Di nuovo “Ciao” . . . scusa, ma ho fretta.
    Non ci pensare tanto a me, papà!

    Come non penserà a te questa qua!

    ° ° °

    E’ vera o falsa . . . boh? . . . questa scenetta
    sui genitori d’oggi . . . “usa e getta”?

    . . . e sui figli che -- spero di no --
    son quasi “vuoti a perdere”? . . . Ariboh!

    (Cassandro)

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  11. ho letto con interesse il tuo commento, Cassandro, e ti ringrazio. Ti rispondo domani in dettaglio per permetterei ai lettori del blog, si spera che ce ne siano, di leggerti con serenità.

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  12. Eccomi qui pronto a rispondere all’ottimo e come al solito profondo Cassandro. I temi da lui sollevati sono tanti e quindi cado subito al dunque.
    LA CADUTA NEL TEVERE DELLA RAGAZZA (PEGGY). Lui sembra attribuirla al “suo stato di alterazione dovuto, nella migliore delle ipotesi, ad ubriacatura”, per me si è buttata per amore, amore deluso, amore frustrato sul momento, ma sempre amore. Se qualcuno mi dimostra il contrario, sono pronto a cambiare idea: ma in quel caso penserei pure che Giulietta si è uccisa perché bambocciona viziata e madama Butterfly perché cantava da cani. Fino a quella dimostrazione matematica alla lavagna, penserò a Peggy come vittima del più antico sentimento.
    BIVACCARE PER STRADA E DOLCE FAR NIENTE. Quei ragazzi non solo i soli che bivaccano per strada. Io spesso trovo un sacco di gente cosiddetta normale riunita sui marciapiedi con fare arrogante, che non ti lasciano passare e spesso ti rompono pure il cazzo con atteggiamenti guappeschi. Sul dolce far niente, ho già detto dei francescani, ma aspetto ancora di capire la reale utilità dei banchieri per la società e perché i loro dubbi servigi siano ricompensati con ricchezze abnormi.
    BIRRA. Ottima bevanda, facilita la socialità e il sorriso e ti conduce difficilmente all’ubriacatura.
    VISIONI CHE DISTURBANO. Ho già detto chi mi disturba quando passeggio. Questione di gusti. Prenderei a calci nelle palle quelli che sgommano su macchinoni enormi che si giustificano solo come status symbol. Ecco, l’esibizione di status symbol mi dà fastidio, non certo qualche giovanotto seduto a bere birra.
    DIOGENE. Ottimo personaggio, il che dimostra che l’aspirazione a una vita semplice fuori dal circo sociale e dai suoi orpelli esiste da ben prima dei figli dei fiori e dagli anni Sessanta.
    IDEE O SCRITTI EMINENTI. I punkabbestia (termine pessimo e mi sembra anche offensivo per questa categoria umana) non scrivono o pensano cose eclatanti, ma chi lo fa? Chi ha idee nuove? Matteo Renzi corre per la segreteria del partito democratico con idee quasi tutte prese in prestito al centro destra.
    VIOLENZA. Non ho mai visto questi ragazzi di strada impegnati in manifestazioni di violenza, come ho detto. Il che non esclude che vi facciano ricorso, essendo la violenza una componente forse ineliminabile dell’uomo.
    LA SEDICENTE LIBERTA’ DI PEGGY E PEDRO. Quale sarebbe la libertà non sedicente? Quella di fare cose che decidono altri, volere cose che decidono altri, lavorare nel modo e nei tempi che decidono gli altri (forse proprio quei banchieri inutili e carogne la cui visione per strada disturba più dei punkabbestia)?
    EMARGINATI FUORI DA TUTTO E TUTTI. Se si pensa che per essere integrato al sistema devi desiderare vestirti con abiti costosi e pacchiani, avere macchine costose e pacchiane, case costose e pacchiane e fare vacanze costose e pacchiane… chi è il vero squilibrato?
    DE ANDRE’, IL LETAME E I FIORI. In effetti non solo dal letame nascono fiori, ma ne nascono di più e più sgargianti anche dai cadaveri. Si dice che il luogo nel sud della Francia in cui Caio Mario massacrò i Teutoni che minacciavano Roma diede per anni raccolti magnifici a causa di un così efficace e abbondante concime. C’è da domandarsi se non sia il caso di uccidere un certo nostro modo di vivere per usufruire dei grassi raccolti successivi.
    Un saluto a tutti gli amici e al bravissimo Cassandro.

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  13. Bravi, senza alcun dubbio bravi. Blog interessante e commenti spesso, anzi quasi sempre, altrettanto coinvolgenti. Tuttavia... quanta amarezza! quanta disillusione! quanto sconforto. Non so se il nostro mondo attuale sia meglio o peggio di quelli che abbiamo alle spalle, forse perchè siamo più portati a ricordare il bello e a dimenticare (fortunatamente) il brutto. C'è tuttavia una cosa che esisteva ai miei tempi e che vedo sempre più svanire: la speranza. Senza speranza si avvizzisce e si muore; purtroppo. C'era un operaio dell'ITALSIDER (quando questa esisteva ancora) che era solito ripetere un frase apparentemente ridicola, quasi una catalanata, diceva: "Guagliò, la vita è vita!" Se ci si riflette un poco, forse ridicola non è...

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  14. Questo operaio dell'Italsider sembra un vero e proprio filosofo, di quelli che hanno capito che le verità più complicate del mondo si possono sintetizzare in due parole. Sull'amarezza ti do ragione, ma si è amari non per sport, ma perché la società ti porta a esserlo.

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  15. Rieccomi Capitano ad aggiungere un tassello a questo post che ha saputo suscitare interessanti commenti.

    Sono i versi di Cassandro ( che saluto caramente ) sui genitori " usa e getta" che mi ha fatto ricordare con amarezza,a quanto accaduto ad un'amica di mia figlia durante gli anni del liceo.

    In questo caso,è stata la figlia considerata "usa e getta" da genitori spaventosamente immaturi ( anche se avevano l'età ) ed egoisti.

    Durante il primo anno di liceo ,mia figlia fece amicizia con una ragazzina che come lei,si sentiva un pesce fuor d'acqua,in quel nuovo ambiente. Presto divennero inseparabili, spesso e volentieri me le vedevo apparire a casa insieme per pranzo e il resto del pomeriggio. Erano sempre allegre, ridevano spensierate per un nonnulla. Questa ragazza,la chiamerò Anna, studiava anche violoncello al conservatorio della nostra città. Quante volte l'ho portata ad esempio a mia figlia!!! Esortandola,spronandola a studiare amche lei uno strumento!

    Insieme seguivano i corsi di teatro della scuola,con ottimi risultati. Questo quadretto idilliaco è durato fino a metà del secondo anno, durante il quale i genitori di Anna si separarono.

    Lei era attaccatissima al padre. Un padre che la coccolava molto. Cominciò a sentirsi smarrita,insicura. Il suo rendimento a scuola iniziò a calare. Prese atteggiamenti da piccola teppistella. Specialmente da quando i genitori separati si "fidanzarono". La mamma con un ragazzo più giovane di lei.Che ogniqualvolta lo riceveva,spediva Anna dai nonni senza tanti complimenti. Lei voleva stare col padre. Ma lui,fidanzato con una cubana,trascorreva tutto il suo momento libero,o in viaggio da lei,o al telefono. Insomma,anche quel padre non trovava più il tempo da dedicare a sua figlia. La mamma,una volta assaporata la libertà,non voleva più sentirsi legata dai problemi di Anna.In fondo era già una ragazza...già,una ragazza che piano piano si era trasformata in una "bad-girl" frequentando personaggi non raccomandabili. Poi sparì senza prendere mai la "maturità"

    Qualche anno fa mia figlia venne a casa sconvolta. Aveva rivisto la sua amica Anna insieme ad un gruppo di ragazzi punkabbestia,circondati da alcuni cani. Era lacera,sporca e ...scusate il termine,puzzolente. Niente ricordava più la ragazzina spensierata di un tempo.

    Ora non sappiamo più dove si trovi se continua con quella vita girovaga o ha messo le radici da qualche parte.

    Resta una grande amarezza per quello che poteva essere e non è stato.

    Questo per dire che spesso e volentieri nessuno sceglie di vivere ai margini della società. Il più delle volte sono gli eventi della vita e le mancanze di chi doveva proteggere a spingere verso una vita di protesta.

    E' vero,forse Peggy era ubriaca e persino emanava cattivo odore. Ma chissà quanta sofferenza aveva nel cuore! Chissà quanti gradini aveva dovuto scendere per ritrovarsi in quella situazione. Non mi sentirei mai di giudicare negativamente. Piuttosto è lecito chiederci perchè e come era arrivata a vivere e a morire così!

    Scusa per questo lungo intervento. ora che ci penso,anche Elle avrebbe una storia molto significativa in merito a questo post. Spero trovi il tempo per raccontarla.

    Buona serata a te e ai tuoi ospiti. :)

    Vitty.

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  16. Ti ringrazio, vitty per questo tuo intervento. Il tuo è un caso particolare, di persona con una vita agiata che potremmo dire, interpretando il senso del tuo racconto, “precipita” a causa di varie traversie esistenziali ai margini della società. Abbiamo questa ragazza che suona il violoncello (a me non sembra un’attività così invidiabile suonare il violoncello, a meno che ovviamente non ti piaccia farlo, quindi in questo caso il valore starebbe nel piacerti una cosa, non nel farla). Aveva davanti a sé una brava, sicura e un pizzico banale esistenza moderatamente agiata. Avrebbe studiato il violoncello, forse lo avrebbe suonato da qualche parte, avrebbe sposato un bravo giovanotto borghese e se ne sarebbero andati in giro per l’Europa, avrebbe criticato Berlusconi su Facebook quando lui era al potere e si sarebbe sentita intelligente e virtuosa nel farlo, avrebbe indossato un bell’abito da sera suonando il suo strumento a qualche ricevimento di beneficenza con gente benvestita, benpensante e un po’ ipocrita. Tra i trentacinque e i quarant’anni avrebbe fatto un figlio, che quella è l’età giusta per farli se sei una donna moderna. Avrebbe avuto una buona casa, qualche buona conversazione, il figlio o la figlia da mettere a danza o in piscina, una placida vecchiaia con tanto di testamento biologico per non soffrire se non è il caso. Poi sarebbe morta e un giorno qualcuno l’avrebbe ricordata: ti ricordi Veronica (nome di fantasia), quella che suonava il violoncello? Per poco un giorno non finiva in strada. Ah, che disgrazia sarebbe stata.

    Siccome raccontiamo storie. Ne racconto una io. Dunque c’è questo giovane ricco e agiato, anche più della musicista mancata. Ha un’azienda che fa soldi e si accompagna alla gioventù dorata della sua città. Potrebbe fare un ottimo matrimonio, godersi la vita. Un giorno un suo caro amico di infanzia rimane scioccato vedendolo in mezzo ai punkabbestia (all’epoca non li chiamavano così), lacero, scalzo, probabilmente con un odore che non è di lillà, è diventato l’ultimo degli accattoni. L’ex giovane ricco fa pena: magro, emaciato, ha uno sguardo da pazzo allucinato, farnetica di mistica religiosa . E’ accompagnato da cani e altre bestie dall’aspetto scalcinato, da compagni malridotti quanto lui. Ha buttato via tutti i suoi soldi e scelto di tenersi lontano dalle donne (obbligando i compagni a fare altrettanto). Il suo ex amico di infanzia è orripilato, vorrebbe avvicinarsi a lui, ma è troppo imbarazzato dalla rovina esistenziale del suo baldo compagno di bisboccia. Povero Francesco, che brutta fine aveva fatto! Meglio non parlare di lui ad Assisi.

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  17. Purtroppo la "mia" Anna non mi risulta abbia cambiato il nome in Caterina, per cui è meglio non parlare di lei a Siena.

    Ora so che si aggirano per strada tantissimi franceschi che si accompagnano a cani o lupi.

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  18. Volevo ovviamente dire che il modo giudicare una persona o un fatto sta negli occhi e nella mente di chi giudica. Ad alcuni Francesco può sembrare e anzi sembra senz'altro un povero pazzo, ignorante, allucinato, credulone, fanatico e sì, lacero e zozzo. Ad altri può sembrare e anzi sembra senz'altro un essere eccezionale, il degno epigono di Gesù su questa terra. (Peraltro anche la figura di Gesù suscita a volte notevolissime differenze di interpretazione.)

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  19. Se posso, racconto pure io una storia. Anzi due. Il primo caso riguarda un ragazzo figlio di genitori benestanti, bello, normale, nessun divorzio in famiglia. Un giorno il ragazzo lascia la casa e va a vivere in strada. E’ una sua libera scelta, per quello che so. Qualche volta l’ho visto, sembrava sereno, appagato più di molta gente che vive tra quattro mura. Viveva bene in strada? A me sembrava di sì. Quindici anni dopo la famiglia lo ritrova che suona per le vie di Roma. Con qualche ricatto sentimentale, lo costringono a tornare a casa e lo fanno “curare”. Forse lo imbottiscono di farmaci. Forse gli fanno di peggio. L’ho rivisto l’altro giorno camminare. Era stato sottratto alla strada, ma era un disastro. Camminava tutto storto e parlava da solo. Era l’ombra del ragazzo bellissimo che era stato fino a non molto tempo prima. Quando l’ho visto io in strada, stava bene. Quando la famiglia lo ha “recuperato”, lo ha stroncato.

    Il secondo caso è una ragazza. Genitori benestanti e conosciuti da tutti. Lei non si è allontanata da e i genitori si sentivano imbarazzati dalla sua scelta. Si sa, la gente mormora. Viveva qui per strada, insieme a compagni con cui dava l’idea di stare bene gestiva qualche bancarella di bigiotteria, si arrangiava. Anche questa ragazza è stata “recuperata” dalla famiglia. L’hanno curata e messa a fare la commessa in un negozio. L’ho vista nel negozio. Prima era bellissima e ora sembrava invecchiata di dieci anni, morta dentro. Una volta era felice e adesso sembrava come affogata. Anche lei era stata curata dalla sua pazzia.

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  20. CASSANDRO

    Scusa, capitano, se intervengo ancora una volta in questo tuo bel post che tanto interesse ha suscitato.

    Con riferimento all’ultimo commento mi è sorto un dubbio: per caso quel bel ragazzo un dì “normale”, per come è stato definito, non potrebbe, purtroppo, essersi ridotto l’ombra si se stesso non tanto per essere stato “recuperato” da parte della famiglia -- in partenza sicuramente per atto amorevole -- ma a causa del degrado fisico conseguente ad una vita diversa, di certo non trascorsa fra rose e fiori, sia pure in piena libertà, così tanto incisivamente descritta in poche battute da Giovanna?

    Lo stesso identico dubbio sulla certezza che nella fattispecie siamo in presenza di un incontrovertibile rapporto causa / effetto è sorto in me per il secondo caso, quello della ragazza, che avrebbe avuto la disavventura di essere stata anch’essa “recuperata” dalla famiglia, quindi curata (spero almeno amorevolmente) e poi “messa a fare la commessa in un negozio”, passando così d’amblè da “bellissima” a “invecchiata di dieci anni, morta dentro”.

    Una scelta di vita -- utilizzo ancora, sperando che non abbia ad aversene a male, le parole di Giovanna” -- volta (sia pure per valide e legittime motivazioni ideali od esistenziali, come nel caso prospettato da Vitty) a “vivere di stenti, sotto un ponte, con un letto e una coperta di cartone e come unica fonte di riscaldamento ecc. ecc.”, penso che possa lasciare dei segni indelebili in chiunque, specie se accompagnate dall’uso di sostanze che agiscono sul nostro cervello, come ad esempio le apparentemente innocue bevande alcoliche.

    Ancora una volta scusami, Cap, per questo nuovo intervento, ed accetta con l’occasione la mia promessa di non rubarti più spazio sul tema, soggiungendo a chiusura (ancora una volta scopro l’acqua calda) che non saremo certo noi, scrivendo ora a mente fredda sul blog della tragedia in oggetto, che potremo mai contrastare od opporci alla veridicità del noto universale rinascimentale “Quisque artifex fortunae suae”.

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  21. Letti i tuoi dubbi, Cassandro, ma l'inclita Cleide mi ha assicurato telefonicamente che i fatti si sono svolti in questo modo. Ma sarà meglio aspettare la sua conferma. Sono certo che presto leggerà queste note e vorrà dire la sua. Cleide tra l'altro è molto sensibile su questo tema, estremamente sensibile, oserei dire; per lei non c'è niente di più prezioso della libera scelta e del dititto di praticarla senza essere giudicati. Può diventare una leonessa, in quel caso, e io qualche volta ho provato i suoi artigli :-)
    Poi è chiaro, aggiungo io, che ogni scelta è influenzata da svariati fattori.

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  22. Che storie tristi!!!
    Cassandro, se mi citi non è sicuramente un problema :-) non penso ti si possa "accusare" di prendere in prestito parole altrui per scarsezza di idee tue :-)))
    Riguardo alle realtà raccontante,penso che alla base ci sia un rifiuto della primissima società nella quale ci troviamo a vivere obbligatoriamente: la famiglia!Le vite raccontate da Cleide dimostrano che i ragazzi si sono abbruttiti e spenti DOPO esser rientrati in essa!Lontano da questo microcosmo che puo diventare una prigione se vieni costretto/a a vivere e fare scelte che non senti appartenerti. Anche la storia di Vitty denuncia che il disagio e rifiuto nasce in famiglia. Quella della ragazza si è disgregata e lei non avendo più i riferimenti e soprattutto gli affetti di cui aveva bisogno è precipitata! Non so, sono questioni troppo, troppo, troppo delicate e con mille distinguo! L'unica cosa della quale continua ad esser convinta è che non è o non può esser una scelta di libertà vera, una scelta di BENESSERE INTERIORE, che è quella l'unica libertà alla quale ho sempre aspirato( senza peraltro conquistarla).Posso raccontare anche io di un signore che ormai avrà quasi 70 anni. Andò a lavorare fuori, in Germania credo. Rientrava in ferie e pian piano, man mano che racimolava i soldi costruiva la sua casa. Son passati gli anni, i muri diventavano sempre più altri, e lui sempre più vecchio e curvo, mentre i piani crescevano. Conclusione: quella casa di tre piani non è mai stata finita, lui...vive da solo ( non si è mai sposato)nel piano terra mai ultimato, senza luce e senza niente. Prima cucinava con delle pentole messe sul fuoco acceso nell'orto e stendeva la sua roba che non so dove lavasse sui muretti, ora lo vedo di rado( abita nella casa prospiciente la mia!Cosa c'entra questo esempio vi starete chiedendo? Ha fatto tutto questo per il padre con quale aveva litigato e da cui era scappato! Ha fatto la casa x dimostrargli che non era un buono a nulla..e quando a volte ( spesso), sbronzo...metteva blocchetti per sollevare ancor più i muri, guardandoci inveiva contro di lui, che morì senza avergli mai dato la soddisfazione di venire a vedere il frutto di tanto lavoro e tanto malessere e tanto dolore! La famiglia...origine di tutto quel che siamo!

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  23. Come afferma Giovanna, questo è un argomento complesso e che si presta a mille distinguo e il finale del suo commento è il punto focale del discorso. la famiglia origine di tutto quel che siamo. Credo che l'impegno maggiore di un essere umano in crescita sia l'affrancamento dalla propria famiglia d'origine. E' un fatto naturale e istintivo. Noi non siamo appendici dei nostri genitori. le nostre esperienze sono diverse dalle loro, gli ambienti e i tempi sono diversi. Questo puo' avvenire in serenità nei casi piu' fortunati; in altri il vivere in famiglie disfunzionali puo' portare a scelte estreme ma ho osservato che queste sono in netta in minoranza rispetto a ad altre compiute in assoluta libertà e serenità. Insomma, talvolta stare " dentro" un sistema non è e per tutti;)

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  24. Cleide, vorrei però, se non ti disturba, che rispondessi a Cassandro, il quale si domandava (semplifico giornalisticamente): i ragazzi che hai citato (che sono della tua città) sono diventati dei poveri infelici quando la famiglia li ha "recuperati" o è stata la vita di strada a renderli tali? Qual è la tua impressione? Dopo rispondo pure a Giovanna.

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  25. Ho la certezza che fosse una scelta libera e consapevole. Come ho scritto, stare "dentro" non è per tutti. Qui ci sarebbe poi da aprire un capitolo sulle catene che crea l'affettività quando si tratta di rapporti familiari. Io oserei anche parlare di ricatti affettivi. A fin di bene ma sempre ricatti sono e di quanto noi figli possiamo scoprirci fragili di fronte alle aspettative che si hanno su di noi. la conseguenza è che basta un nulla per ritornare sui propri passi e perdere la via che ci ha condotto ad essere cio' che simo e che vogliamo essere.

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  26. Giovanna, soltanto per dirti quello che forse già sai, Cleide è con te su tutta la linea per quanto riguarda una certa nociva ipocrisia familiare e la mancanza di ossigeno che spesso si percepisce in certe case.
    Il padre di questo signore che costruiva la casa non doveva essere un personaggio tollerante. Ci sono un mucchio di genitori che ti vogliono piegare, incatenare ai loro valori, inquadrare nel mucchio, ricorrendo a ricatti sentimentali e talvolta a carogneria pura e semplice.
    In chiusura, ognuno fa quello che gli pare e che legittimamente sceglie, sempre ricordando che la nostra libertà di scelta (quella di chiunque) è limitata da numerosi fattori.
    Ciò che non capisco è perché alcuni individui che vanno a vivere in strada li fanno santi o grandi pensatori e altri li trattano da accattoni. Probabilmente la spiegazione sta in una semplice parole: SUCCESSO. Il successo è l'idolo della nostra società. Se vai in strada e ottieni successo, qualunque cosa tu faccia, sarai considerato un individuo eminente e apprezzabile; se diventi un signor nessuno, sarai considerato una cacca.
    Un giorno, se ne avrò tempo, parlerò del capo dei barboni di Roma (cioè di quello che io chiamo così), che in effetti non viene considerato da nessuno una nullità e anzi intervistato spesso e volentieri in televisione. (Ne ho già parlato in passato, ma sono sicuro che se ne ricorda solo Cleide, perché, manco a dirlo, il capo dei barboni di Roma è uno dei temi su cui ogni tanto ci becchiamo.)
    Per ora un saluto agli amici.

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  27. Ti ricordo, sai mai che ti sfugga, che il giornalista non è che sia una gran bella razza e che spesso in tv e nei giornali, si parla spesso di persone loro malgrado. Detto questo, parla pure di tutti i capi che vuoi;)

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