domenica 30 settembre 2007

Nomi grandi come sogni


Sioux, Cheyenne, Comanche, Seminole, Navaho, Irochesi, Piedi Neri, Shoshoni, tempo fa scrivevo articoli sugli indiani d'America (ora si preferisce il termine nativi americani per motivi imperscrutabili) e riflettevo che sì, mi impegnavo per mettere giù qualche buon paragrafo sulla storia di Cavallo Pazzo e dei suoi compagni di vita, Crow, Kiowa, Apache (Mescalero o Chiricahua), ma forse i miei sforzi erano inutili, Oglala, Hunkpapa, Brulé, Mineconju, Itazpico (Senz'Arco), nel magico mondo dei Sioux e delle altre ombre rosse annidate nel nostro cuore, Oohennunpa, Siha Sapa, ci sono nomi che sono più che nomi, Cavallo Pazzo (Tashunka Uitko), Toro Seduto (Tatanka Yotanka), Nuvola Rossa, Geronimo, nomi che da soli creano i post e gli articoli più ispirati, Cochise, Mangas Coloradas, Satanta, Piccolo Grande Uomo, Lui Cane, Colui Che Fa Paura al Suo Cavallo, Senz'Acqua, nomi che non hanno bisogno di commenti, Black Hills, Little Bighorn, Sand Creek, Wounded Knee, nomi che fanno volare la nostra fantasia con la sola loro presenza, George Armstrong Custer, Settimo Cavalleria, generali Sherman e Sheridan, che ci riportano a un mondo abbarbicato tanti anni fa ai nostri giovani e romantici neuroni, Donna della Pista dei Giovani Bisonti, Donna di Ghiaccio, Coperta Agitata, Colei che Fa Tremare, un nome, un mondo, Nebraska, Colorado, Wyoming, Iowa, Montana, Kansas, Oregon, ogni nome risveglia un mondo assopito dentro di noi, fucili Springfield o Remington, pistole Colt, cannoni Hotchkiss, un mondo di praterie sterminate e vento antico, mitragliatrici Gatling, carri Studebaker, Fort Laramie, non come quello che soffia dalle nostre parti, Kit Carson, Buffalo Bill, Davy Crockett, vento odoroso di terre inviolate che porta l'eco di tamburi di guerra e canti al Grande Spirito, tomahawk, tepee, calumet, pemmican, dove l'avventura e l'amore spingono ogni mandria di bisonti o ogni carovana di coloni diretta a Ovest, Uakan Tanka, squaw, tatanka il bisonte, mustang, Luna Del Grano Che Spunta, nomi che ancora oggi, obbedendo a chissà quale logica, fanno vibrare corde profonde dentro di noi, Luna della Brina sotto La Tenda, Uas'ichu il bianco Ladro di Grasso, ci fanno chiudere gli occhi e desiderare di trovarci da un'altra parte. Wiwanyag Wachipi (la Danza del Sole), Lunghi Coltelli, a vivere un'altra vita. Tatanka, tatanka, tatanka!
Hoka hey!
Seconda stella a destra
Cavallo Pazzo vive nei cuori rossi
L'amore al tempo dei Sioux

martedì 25 settembre 2007

Andiamo tutti a Cacares


- Amore mio, vedi di andare a Cacares.
- Come ti permetti, porco schifoso, vacci tu a cacares!
- Certo, tesoro, niente mi farebbe più contento che accompagnarti a Cacares.
- Razza di pervertito, nessun maschio vizioso si avvicinerà a me mentre faccio quella cosa lì!
- Ma che hai capito, parlo di Cacares nell'Estremadura spagnola, è un posto splendido per riposarti qualche giorno.
- Forse intendi Caceres.
- E io che ho detto? In ogni caso possiamo sempre andare in vacanza sul Titicaca.
- Allora lo fai apposta?
- Hai ragione, chi ti caca sul Titicaca?
- Beh, Chicago io! Maledizione, guarda che mi fai dire, mi stai trasformando in una donnaccia da taverna. E ora che tirerai fuori? Magari il Krakatoa.
- Sei pazza? Il Krakatoa può esplodere da un momento all'altro, ti rilasseresti mille volte di più a Kakadu.
- A Kakadu mandaci Kakà con un cacatua!
- Servono i suoi gol al Milan e magari è allergico ai canguri.
- Bene, spero che tu abbia finito di fare il coglione.
- Bravissima, tesoro, miele, sei un genio, il monte Coglions è ciò che fare per noi.
- Forse parli del monte Cagliens in Austria.
- Sì, proprio quello, il Coglions.
- Basta, mi arrendo, io questo qui lo mando a Cazzago.
- Te lo consiglio quello di San Martino, tra le rovine del castello duecentesco di Bornato ho visto un uomo con un kazoo in bocca.
- In bocca?
- Certo, dove altro lo vuoi tenere?
- Parli del kazoo che serve per gli incunaboli?
- Che dici? Con il kazoo non si fanno gli incunaboli.
- Parla per te. Il kazoo che ho visto io faceva fior di incunaboli. Si sentivano le grida per chilometri.
- Ma gli incunaboli non gridano.
- Gridano, se hanno a che fare con un kazoo grosso come quello che ho visto io.
- Amore, amoruccio, patatina, luce dei miei occhi, ti vedo stressata e confusa. Stenditi un attimo sulla poltrona, rilassati.
- Sì, ho proprio voglia di rilassarmi. Infatti ora me ne vado a Cacares.
Aspetta, tesoro, zucchero, mia diletta, non puoi lasciarmi qui solo soletto. Io ti amo. Vengo pure io a Cacares con te!

lunedì 24 settembre 2007

Crash


Nel post scorso è emersa una domanda: che forza di urto serve per abbattere un regime? Eventualmente un blog, frequentatissimo e da molti ammirato come quello di Beppe Grillo, dispone di quella forza o ne serve molta di più? Per rispondere a questa domanda si è detto di voler analizzare le forze contestatrici liberate nell'ultimo abbattimento di regime verificatosi in questo Paese, cioè la cosiddetta Caduta della Prima Repubblica.
In questo post si cercherà di tenersi alla larga da giudizi morali o politici, limitandosi a osservare il fenomeno della fine del vecchio regime politico come un puro fatto fisico, di spinte e controspinte cinetiche, di meccanica dei corpi per così dire.
In secondo luogo si deve segnalare che il complesso movimento politico-popolar-giudiziario degli inizi degli anni Novanta ha abbattuto solo metà sistema partitico-politico, quello appunto facente capo alla maggioranza politica o elettorale imperniata sul cosiddetto Pentapartito (Democrazia Cristiana, Psi, Pri, Psdi, Pli). Mentre sfiorò soltanto la sinistra dell'epoca, rimasta illesa e intatta, per motivi che esulano da questo post, nel suo gruppo dirigente. Dunque passiamo ad analizzare le forze che smantellarono la Prima Repubblica:

- La determinata e instancabile azione investigativa di alcune procure distrettuali, specie quella di Milano, che portarono alla luce vasti fenomeni di corruzione e concussione della classe politica governativa e altri fenomeni di illegalità diffusa. Già in passato si era cercato di indagare sulla corruzione politica, ma stavolta il tentativo fu molto più deciso, anche per il concorso di inquirenti particolarmente dinamici come l'allora pubblico ministero Di Pietro.
- I mass media quasi al completo, televisioni di Stato e non, giornali di opinione, radio e persino riunioni di condominio che attaccano con la forza di un uragano la classe dirigente e ne chiedono la destituzione.
- Un presidente della repubblica come Francesco Cossiga, il quale, credendosi vittima di un'imboscata politica ordita ai suoi danni (l'affare Gladio), si mise, come fu detto all'epoca, a "picconare" senza sosta. Cioè prese a criticare ogni aspetto della classe politica dell'epoca anche con linguaggio pesante, generando polemiche a non finire e arroventando il clima politico della nazione. Tra l'altro il Presidente della Repubblica non può essere perseguito penalmente per le sue esternazioni.
- La ferma opposizione al governo da parte dell'opposizione dell'epoca basata sui partiti successori del Partito Comunista Italiano, cioè gli odierni Ds e Rifondazione Comunista, che misero in campo tutte le loro forze di pressione, militanti, simpatizzanti o elettori, sindacati di una certa area politica, circoli di aggregazione culturale.
- Una forza politica nuova e potenzialmente eversiva come l'allora nascente Lega di Umberto Bossi che si impose elettoralmente al Nord sottraendo voti al Pentapartito e intaccando quindi la larga maggioranza parlamentare di cui godevano i partiti di governo da tempo immemorabile. La Lega all'epoca si distinse pure per linguaggio violento e azioni massimalistiche che terremotarono ancora di più il clima politico della Nazione acuendo la richiesta di un cambiamento ai vertici.
- Il logorio che l'uso prolungato del potere genera su chi lo gestisce a dispetto della celebre frase di Andreotti che suonava "Il potere logora chi non ce l'ha". Il lungo uso o abuso del potere crea antipatie e rivalità nella stessa classe politica che lo pratica, attenua in alcuni casi la solidarietà di casta, genera sfiducia e insofferenza nelle stesse file della maggioranza verso leader (un esempio era quello di Andreotti o Craxi) che occupano la scena politica da troppo tempo, frustando forse le ambizioni di oppositori interni.
- Un clima politico internazionale rivoluzionato dalla sparizione di uno dei capisaldi dell'Equilibrio del Terrore, ossia dell'impero sovietico, abbattuto prima dalla glasnost di Gorbaciov e poi dalla rivoluzione democratica capeggiata da Eltsin. La caduta del comunismo sovietico e successivamente del Muro di Berlino indebolì i potenti collanti ideologici che tenevano uniti i blocchi governativi moderati in molti paesi e anche in Italia. Venendo a mancare la Minaccia Rossa venivano pure a mancare molte delle ragioni fondanti delle forze politiche che vi si opponevano.

Naturalmente dietro tutto questo ci fu lo sdegno popolare per il marcio che emergeva ai vertici del sistema, ma lo sdegno fu una conseguenza dei fenomeni sopra elencati.

L'analisi delle forze in campo nel periodo indicato potrebbe essere più articolata, ma anche così ci può fare un'idea dell'accaduto. Non ci resta che valutare l'energia d'urto del V-Day organizzato da Beppe Grillo, e la capacità del suo blog di favorire moti di protesta. Dobbiamo inoltre stimare la capacità di propaganda dei movimento grillino, il suo impatto sui mass media ed eventualmente sull'elettorato. Infine ognuno potrà farsi una sua idea e decidere se il popolo del V-Day ha sufficiente forza d'urto per abbattere o rivoluzionare l'intero sistema politico attuale come pare nei propositi dei suoi aderenti.

Un blog può abbattere un sistema politico?


Un blog, per quanto frequentatissimo e ammirato come quello di Beppe Grillo, può abbattere o rivoluzionare un sistema politico? Il mondo virtuale - o meglio una piccola parte dell'incorporeo mondo di internet - può sopraffare quello reale?
In tutta sincerità si deve rispondere a questa domanda che no, un blog non può riuscire in questa impresa titanica. Ci vuole molto, ma molto più potere solo per ottenere risultati immensamente inferiori. Ci vuole il controllo di fonti di informazioni molto più influenti e diffuse, ci vogliono televisioni e giornali, ci vogliono movimenti di piazza organizzati, ci vogliono settori della magistratura o del mondo economico che agiscono in un certo modo. Un blog che abbatte un regime, tra l'altro nemmeno entrato in aperta agonia come quello attuale? Ma fateci ridere. Un diario virtuale molto letto e tenuto da un personaggio del valore e del brio di Beppe Grillo può dare un po' di fastidio, è vero. Può "congelare" (non annullare, si badi bene) per qualche settimana gli aumenti principeschi già stanziati per i mangiaufo della Camera. Può indurre a dire "Perdinci" a D'Alema e Veltroni, Fini e Berlusconi, può far proferire "Poffarbacco" a Bertinotti sci-sci, a Casini Pipì e a Mastella poltrona-sissì. Ma un blog è solo un blog, non è la Cnn, non è il New York Times, non è un potentato economico o sindacale, non è una procura distrettuale. Prima o poi verrà imbavagliato o perderà la sua forza di aggregazione.
Inoltre Beppe Grillo è solo un uomo. E un uomo si può fermare in mille modi, se se ne ha la voglia. Si può indagare sul suo passato (chi è senza peccato?), si possono trovare qualche sua frequentazione equivoca, qualche sua piccola evasione fiscale, qualche festino non ortodosso a cui potrebbe aver presenziato o qualche suo non autorizzato pizzicotto al sedere di qualche signora ricordatasi di denunciare l'accaduto dopo secoli. Non dico che questi o altri eventi simili siano accaduti, ma che si potrebbe trovarli rivangando il passato di qualche personaggio scomodo o, se non li si trovasse, li si potrebbe costruire di sana pianta: non sarebbe la prima e l'ultima volta che si fa una cosa del genere. Insomma staremo a vedere come evolveranno i fatti.

Analizziamo invece quali forze furono necessarie per ottenere il più vicino sconvolgimento politico registrato in questo paese. Mi riferisco alla cosiddetta caduta della Prima Repubblica, ossia a quel movimento politico-giudiziario che cancellò quasi del tutto la classe politica al potere agli inizi degli anni Novanta (diversi esponenti di quella parte politica comunque sono sopravvissuti riciclandosi in vario modo, come Casini, Pisanu, Mastella o Amato, l'attuale ministro dell'Interno, e Boselli dei nuovi socialisti). Per chi ha scordato quegli eventi, ricorderò che in quegli anni fu totalmente smantellata l'impalcatura dei partiti al governo, che comprendevano la Democrazia Cristiana, il Psi di Bettino Craxi, il Psdi, il Pli e Pri. Quasi tutti gli esponenti politici di allora furono indagati dai magistrati per diversi fenomeni di corruzione o di diffusa illegalità, quasi tutti ebbero la carriera distrutta, alcuni finirono in prigione - quattro gatti e quasi tutti per pochissimo tempo - qualcuno si suicidò o dovette espatriare. Andreotti, in ogni modo riuscì a farla franca come al solito.
Nel seguito di questo post esamineremo più da vicino le forze e i movimenti che furono necessari per abbattere quella parte del sistema partitico al governo nell'epoca indicata e cercheremo di capire se le odierne forze della contestazione sono paragonabili a esse.

lunedì 17 settembre 2007

Come fare la rivoluzione

Fare una rivoluzione è esattamente come fare un piatto di spaghetti all'amatriciana. Per conseguire entrambi gli scopi - amatriciana e sovvertimento sociale - occorre una ricetta che indichi gli ingredienti necessari e spieghi come farli interagire per ottenere l'esito desiderato. In questo blog si ha un concetto degli spaghetti o delle fettuccine all'amatriciana superiore a quello di qualsiasi rivoluzione; ma ci si atterrà al tema del post che è di scompaginare l'ordine sociale esistente per sostituirlo con un altro sistema di organizzazione umana. Andiamo quindi ad analizzare gli ingredienti della ricetta della rivoluzione.

Un congruo numero di individui scontenti, decisi a buttare in aria il tavolo di gioco a qualunque costo. Questo non è un fattore difficile da ottenere, dato che in qualunque epoca e società esistono elementi scontenti che si vedono messi ingiustamente ai margini della mensa sociale e costretti a elemosinare qualche osso dai gretti privilegiati di turno (i privilegiati non sono solo i ricchi capitalisti, ma tutti quelli che detengono qualsivoglia forma di potere artatamente raggiunta). E' ovvio che il numero degli insoddisfatti cresca in periodi di difficoltà economiche o di sperequazioni sociali.

La principale caratteristica degli aspiranti rivoluzionari qui analizzati è il totale ripudio dello spirito conservatore. Essi non vogliono conservare niente della vecchia impalcatura sociale perché non hanno posizioni di privilegio, per quanto piccole, da difendere. Costoro tuttavia non devono essere confusi con gli autonominatisi progressisti da No Martini, No Revolution: i cosiddetti radical chic o meglio sci-sci di cui è ricca la società e soprattutto il mondo virtuale. I radical chic o meglio sci-sci in effetti sono gli esseri più conservatori del creato, anche se fanno un gran cianciare di ecologismo parolaio, protocolli di Kyoto, verboso odio contro le multinazionali e soprattutto di sinistra, sinistra, sinistra... Dio mio, come si riempiono la bocca di questa parola. Sui loro lagnosi blog ogni tanto raccontano barzellette sul papa nazista, su Bush il guerrafondaio o su Berlusconi il nano, convincendosi assolutamente che la loro attività di barzellettieri li abbia trasformati in eroi barricadieri, esseri più o meno della stessa tempra del coltellaccio di Jim (mica David) Bowie a Fort Alamo. Uno che li senta parlare pensa che alla loro sinistra ci siano solo Pancho Villa e Ho Chi Min sul campo di battaglia, mentre poi si scopre che questi petulanti fanfaroni sono crassi professionisti, hanno la barca alla D'Alema, il navigatore satellitare stile Camel Trophy, l'ipod superaccessoriato e il telefonino dotato di mini Shuttle per viaggi in orbita geostazionaria. Si parlerà ancora di questi individui quando si affronterà il tema delle teste da tagliare.

Un periodo abbastanza lungo di crisi economica e di impoverimento generale. E' facile immaginare che il numero e il malcontento del gruppo sociale disposto a terremotare la società debba crescere in periodi di depressione economica. Disoccupazione e inflazione sono un formidabile fertilizzante per tumulti o sommosse. Le due più importanti rivoluzioni della storia, quella francese e quella russa, si sono sviluppate in periodi di recessione dovuti a politiche infelici o a guerre. Tra l'altro la disoccupazione nel nostro Paese non è a livelli minimi e di recente sono aumentati i prezzi di alcuni generi di prima necessità come pane e pasta. E' ancora presto prima che qualcuno in alto debba cominciare a preoccuparsi, ma è già un primo passo.
In ogni modo essenziale per gli scopi del rivoluzionario sarà la presenza di vasti settori sociali che vedano dequalificata la loro funzione. Potrebbero essere insegnanti impoveriti da una svolta privatistica nella politica della scuola, artigiani con lo stipendio intaccato dall'inflazione, operai disoccupati a causa della robotizzazione della produzione industriale, laureati senza un'adeguata prospettiva di lavoro o più in generale persone che, in seguito a svolte liberistiche in politica, si vedano private di assistenza sociale o di servizi essenziali come quelli della sanità.

Un movimento di opinione come quello del Sessantotto che si ponga in antitesi alla cultura e ai valori tradizionali. Questo movimento dovrebbe dominare i campi più importanti della cultura, annoverare tra i proseliti opinionisti e giornalisti, infiltrarsi nelle università, nelle fabbriche, nei salotti buoni della borghesia e manifestarsi persino nei reality show o tra le cosce delle veline dei quiz televisivi. Il nuovo corso ideologico dovrebbe suscitare passioni e speranze, mobilitare le coscienze, rimestare nel profondo le acque stagnanti dell'informazione di regime, arrivare fin nelle profondità più limacciose della società. Con la forza di suggestione del canto delle sirene, esso dovrebbe generare sogni in chi sogni non ha più. Poiché è facile immaginare che la classe dominante si opponga alla propagazione di idee e filosofie contrarie a essa o tenti di proporne una versione edulcorata adatta alle home page dei portali di internet, magari annegandola in foto di gattini abbandonati e rutilanti offerte di ipermercati... bisognerà prevedere canali alternativi dove le nuove idee di palingenesi sociale possano trovare ampia e corretta diffusione. Per fortuna internet ha dimostrato di poter assolvere egregiamente questa funzione. Il terrore corre sul filo, recitava un antico film con Burt Lancaster; parafrasando potremmo dire che la libera informazione, la libera manifestazione delle idee, anche scomode o pericolose, corre oggi sul filo dell'adsl che porta nel web. Anche i rivoltosi moderni devono tenerne conto.

Discordia e confusione tra le file delle forze armate e in subordine nella gerarchia dell'apparato statale. Il movimento culturale ivi delineato ha pure una nuova e forse più importante funzione oltre a quella di preparare il terreno per il ribaltamento sociale. Cioè di penetrare nelle maglie di esercito e delle forze di polizia, creando defezioni e scontento anche in quelle sedi, specie tra gli ufficiali responsabili della catena di comando. Infatti non si è mai vista una rivoluzione avere successo contro un esercito fedele senza cedimenti al regime in carica e pronto a usare tutto il suo potere repressivo per difenderlo. Nella marcia su Versailles del 1789 l'esercito non sparò sulla folla; mentre Napoleone la prese a cannonate sei anni dopo a Parigi reprimendo una sommossa contro il Direttorio. In epoche più vicine a noi, l'esercito del vecchio regime si è dimostrato poco compatto - accusando gravi defezioni nelle sue file o addirittura evitando di intervenire - in alcune rivoluzioni vittoriose del ventesimo secolo come quelle russa, cubana o iraniana, e in alcuni sovvertimenti sociali di altra natura come i colpi di stato fascisti negli anni Venti e Trenta. Importante fine delle forze rivoluzionarie e della loro propaganda sarà quindi quello di minare la compattezza delle forze armate e la loro fedeltà alle istituzioni preesistenti, cercando di assicurarsi l'adesione di ufficiali malpagati o scontenti.

La neutralizzazione o l'indebolimento dell'esercito andranno di pari passo con il sabotaggio della catena burocratica dello Stato. Dirigenti politici o ministeriali, direttori di enti statali, presidi, amministratori di alto grado della cosa pubblica dovranno essere impossibilitati a impartire direttive che garantiscano il corretto funzionamento della macchina statale fino al trionfo delle forze rivoluzionarie.

Un cospicuo quantitativo di armi e un adeguato numero di persone capaci di usarle correttamente. Anche se ci hanno parlato spesso di ribaltamenti sociali ottenuti con la più assoluta non violenza, questo è uno scenario non realistico. Le rivoluzioni si fanno con un appropriato uso di metodi coercitivi che saranno tanto più violenti quanto più organizzate e determinate saranno le forze che si oppongono al rovesciamento del sistema. I rivoltosi avranno quindi bisogno di armi per opporsi e neutralizzare le forze della conservazione che in genere dispongono degli ingenti arsenali destinati alle forze armate. E' vero che in una prima fase i gruppi insorti opereranno in clandestinità su scala ridotta per preparare il terreno alla sollevazione generale (quindi non occorreranno armamenti particolarmente vistosi e sofisticati), tuttavia anche limitate azioni di guerriglia urbana necessitano di validi strumenti di offesa.

La solita provvidenziale internet può essere utile pure in questo caso. In quello spazio virtuale è possibile procacciarsi di tutto per chi abbia soldi, motivazioni e competenza tecnica necessaria: pillole di viagra, reliquie di santi, schiavi sessuali e anche armi che vanno da carri armati a bombardieri di ultima generazione (anche se alcune di queste merci sono più difficoltose da comprare di altre). Nelle fasi iniziali della lotta eversiva, che si svolgerà con azioni cruente e spettacolari nelle grandi città (rapimenti o eliminazioni di uomini politici, magistrati o alti ufficiali delle forze dell'ordine, rapine a banche o a furgoni valori, assalti a carceri), le forze rivoluzionarie avranno bisogno di esplosivo e soprattutto di gente esperta nel maneggiarlo. Tali tecnici della deflagrazione potranno essere reclutati soprattutto nell'ambito dell'esercito, che è il solo contesto in cui si possa fare pratica ad alto livello con bombe e ordigni esplosivi sofisticati.

Un ristretto gruppo dirigente rivoluzionario, meglio se concentrato nella persona di un solo capo carismatico. Per assicurare l'efficacia dell'azione eversiva è indispensabile che la strategia delle forze destabilizzanti sia decisa da una o da pochissime teste. Quasi tutte le rivoluzioni vittoriose hanno avuto un capo carismatico che ha saputo guidare i suoi compagni di lotta verso obiettivi concentrati e ben scelti. Un capo evita dispersive beghe di potere, unifica la strategia di lotta, impone meglio la disciplina ai sottoposti, rappresenta persino un'icona ideale in cui identificarsi e per cui sacrificarsi. La rivoluzione russa aveva Lenin, quella cinese Mao, quelle iraniana, cambogiana, cubana avevano Khomeini, Pol Pot o Fidel Castro. Anche le differenti forze sovvertitrici di natura fascista degli anni Venti e Trenta avevano in cima una sola figura carismatica che accentrava le decisioni e svolgeva la funzione di santo laico o Piccolo Padre. Le forze repubblicane spagnole nella guerra civile lamentavano invece una spezzettatura del potere decisionale che spesso ha prodotto strategie centrifughe tra le diverse anime della fazione democratica. Si sono delineati alcuni degli ingredienti necessari per operare un ribaltamento sociale.

Ci sono ancora altri elementi che non è stato possibile inserire per questioni di spazio, in ogni modo la formula è grossomodo questa: servono molti individui scontenti, molto determinati a terremotare lo status quo, molto appoggiati da movimenti di idee, fiancheggiatori e simpatizzanti. Non resta che mischiare insieme gli ingredienti enunciati e aggiungerli alla ricetta della rivoluzione secondo modalità e tempi precisi. Poi si deve agitare il mestolo dell'insurrezione, mestare e rimestare mentre tutto viene cotto a fuoco lento. Infine quando la zuppa della rivoluzione sarà pronta si potrà servirla a tavola e gustarne il corroborante e saporito sapore.

Vedi pure: Coccodrilli bianchi

venerdì 14 settembre 2007

Faccio il Negro per Beppe Grillo


Pregiato signor Giuseppe Grillo,

ho da farle un'importante proposta di lavoro, ma prima mi consenta di informarla su un mio recente infortunio. L'altro giorno, mentre ero per strada ho dato una fragorosa capocciata in un palo della luce. La capocciata non era poi tanto forte, sono certo che non ha intaccato in nessun modo la mia lucidità mentale.
Dunque, esimio signor Grillo, la mia proposta nasce da due riflessioni. La prima è che lei, con tutte le iniziative politiche e artistiche di cui è protagonista, ha poco tempo da dedicare ai suoi numerosi impegni e quindi anche al suo frequentato blog; mentre io, ahimè, ho tempo libero e tasche vuote. La seconda mia considerazione - scusi se oso e si ricordi della capocciata - nasce dal fatto che potrei saper scrivere forse un pizzico meglio di lei, è solo una remota possibilità, non una certezza. Cosa suggerisco, dunque? Ecco, vorrei fare il "negro" per lei. Prometto che sarei un negro volenteroso, educato, lavoratore e assolutamente remissivo. Prometto che non cercherò mai di immaginarmi pari a lei e che non scorderò mai che lo sventurato colore della mia pelle è diverso dal suo.

mercoledì 12 settembre 2007

La vaffapolitica


Alcune volte Beppe Grillo mi è simpatico, anche se non condivido necessariamente tutto ciò che dice o fa. Credo che sia un personaggio che interpreta alcuni impulsi diffusi nella nostra società e certo dà voce pure al mio primordiale desiderio di gridare Vaffanculo, non solo agli scadenti politici che ci ritroviamo in questi tempi grami.
Ho intenzione di scrivere alcuni articoli su Grillo. In questo accennerò a lui e ai sentimenti che mi ha ispirato, poi affronterò più in dettaglio il Vaffanculo day.
Il comico genovese mi è sempre sembrato efficace nella sua attività fin da quando era alla Rai, anzi all'epoca affermavo che era il solo personaggio televisivo che mi facesse ridere. Non ci riuscivano gli altri comici dell'epoca che andavano dal trio Marchesini, Lopez, Solenghi, a Gigi Sabani a Fabio Fazio e Roberto Benigni. Solo Beppe Grillo ne era capace, anche quando andava a razzolare un po' di milioni a Sanremo per ironizzare sulla permanente di Toto Cotugno o sui gorgheggi di Al Bano. Mi faceva morire ai tempi dei suoi reportage d'oltre oceano, "Te lo do io il Brasile" e "Te la do io l'America". Provavo istintiva complicità per lui e le sue gag anche quando non sapeva ancora cosa fosse l'invettiva politica o il soliloquio alla Savonarola, anche quando era il cocco di Pippo Baudo a "Domenica in" (come si vede, nessuno è senza colpa). Insomma per anni, prima e dopo il suo esilio dalla Rai, ho considerato Beppe Grillo come il solo comico televisivo che mi facesse ridere. A me non sembrava poco.
Mi è spiaciuto non vederlo più nel piccolo schermo dopo la sua (giustissima) sparata contro i socialisti craxiani a un festival di Sanremo. Da allora secondo me è migliorato molto nel suo modo di comunicare e fare spettacolo. Già da diversi anni, Grillo ha spostato il suo campo di azione dalla comicità pura alla requisitoria politica e forse al sermone filosofico-alternativo. Si è buttato nella filippica millenaristica alla DopoDiMeIlDiluvio, pratica che di certo ti procura un maggior ascendente presso gli altri e forse più potere di qualunque numero di cabaret anche ben fatto. I suoi temi recenti non mi appaiono oltremodo originali: una parte di ecologismo antiglobalista, una parte di Vaffanculo a Mastella e soci, uno spicchio di "cari amici del blog siamo il nuovo che avanza", il tutto miscelato con un po' di crociata antimultinazionali (anche il miliardario George Clooney si dedica a questo sport molto in voga e pare ritenga di potersi considerare un eroico oppositore del bieco capitale nonostante le ville miliardarie sul lago di Como e le miliardarie cazzate alla "No Martini, no party").
A tutti è noto il cavallo di battaglia di Grillo. Ossia il suo frequentatissimo blog, di gran lunga il primo in Italia e uno dei primissimi nel mondo per traffico (di recente non vi si poteva accedere a causa dell'ingolfamento causato dal V-day). Sono stato alcune volte su quel blog e a dire il vero non mi è sembrato un granché. Si trattavano temi che non sempre incontravano il mio interesse e gli stessi articoli non parevano scritti in maniera mirabile. In giro, così mi è parso, talvolta si leggeva di meglio. Un giorno ho lasciato pure un commento al comico genovese, più che altro perché ero stato preso dall'impulso di iniziare il mio messaggio con "Ehilà, Beppe". Oh Yeeaaahhh!!!
Comunque su un punto Grillo ha di certo ragione da vendere. La televisione italiana, quella pubblica e quella privata, informa male ed è palesemente al servizio del potere politico. E' un'indecenza che nessuno dei telegiornali nazionali abbia speso una parola su una manifestazione come quella del V-day che, al di là del giudizio che se ne può dare, è stata un incredibile successo e un evento nazionale non ignorabile. Inoltre tutti i notiziari producono la stessa disgustosa solfa, le stesse notizie, dette quasi con le stesse parole e per di più, ed è questa la cosa maggiormente inquietante, trasmesse nello stesso tempo con un'approssimazione al decimo di secondo. In effetti può capitare che a causa di un evento epocale, diciamo l'attacco alle due torri, tutti i telegiornali debbano aprire allo stesso modo. Ma quando in un giorno tranquillo vedi che dopo 16 minuti e 23 secondi dall'inizio sia il Tiggi 5 che il Telegiornale Uno danno la stessa notizia del bravo cagnolino che torna a casa dopo sei mesi o dell'uragano Doris Day che canta al largo della Florida... quando vedi che dopo 22 minuti e 7 secondi si parla su tutti i telegiornali in contemporanea della vecchietta che ha vinto alla lotteria o del professore di Harvard che spara cazzate sul benefico influsso imprenditoriale del poker... beh, ti viene qualche brivido per la schiena.
La mia Grilleide continua prossimamente con le puntate sul V-day.

domenica 9 settembre 2007

Viva l'Inghilterra


Come alcuni sapranno Paolo Attivissimo è un notissimo blogger, la rivista Pc World lo pone addirittura tra i dieci migliori blogger italiani. Di recente mi è stato segnalato un articolo di questo importante blogger in cui grossomodo si suggeriva al reietto popolo del Belpaese di trasferirsi in massa in Inghilterra a causa del fenomenale sistema di vita ivi vigente. L'articolo non mi ha convinto. Le ragioni pro e contro l'Inghilterra non mi parevano espresse con equilibrio. È vero, sono solo un povero Capitano di Guascogna, però non la sopporto la gente che non sogna. Ho quindi deciso di scrivere un post di risposta al signor Attivissimo, tratto da una mail che gli ho inviato (non era possibile commentare quel determinato articolo per altre strade).

Gentile signor Attivissimo ho letto il suo post su "Viva, viva, viva l'Inghilterra / ma perché non sono nato là / ma chissà". (Anche se lei è lontano dallo Stivale da qualche tempo non avrà scordato la canzone di Baglioni, il cui contenuto sembra riecheggiare i suoi temi.)
Che dire? Non sono particolarmente felice di vivere in Italia e men che meno a Napoli, però quando trovo questi articoli che decantano terre del latte e del miele mi insospettisco non poco. Non so se la paghino per scrivere quelle mirabilie sulla Magnifica Albione, ma non ho potuto fare a meno di notare che nei pochissimi difetti che lei attribuisce alla sua terra di adozione ci sono gli stuzzicadenti e gli sciaquoni del bagno, mentre non mi pare che abbia fatto cenno agli assassinii per strada, con rito mafioso, di bambini di dieci o undici anni. Anche nella mia Napoli se ne vedono di cotte e di crude, come le sarà senza dubbio noto, ma questa dei bambini trucidati per strada alla maniera gangsteristica non si è ancora vista.
Ha inoltre scordato di parlare della gente di provenienza islamica che se ne va in giro imbottita di esplosivi, disposta a morire pur di portarsi con sé un po' di arroganti e edonisti gentleman con la pancia piena. Al di là del giudizio da dare a questi gesti estremi e certo dissennati, questa circostanza dimostra che nella da lei decantata patria del vivere bene c'è gente che vive così male da desiderare morire pur di danneggiare un sistema di vita che disapprova al massimo e da cui di certo non si sente rappresentata (come è noto tra quelle persone insoddisfatte esistono anche molti individui di cultura come medici e professionisti vari).
Lei, mi scusi, ha pure omesso di dire che qui in Italia, con tutti i difetti che abbiamo in queste lande talvolta infelici, non dobbiamo sorbirci tutti i giorni in televisione il viso da ebete di quell'incredibile rimbambito che va sotto il nome di principe Carlo, né dobbiamo temere il giorno in cui dovremo rivolgerci a questo citrullo col titolo di "Sua Maestà". Naturalmente i citrulli abbondano pure da noi, tuttavia non dobbiamo inchinarci al loro cospetto, e men che meno chiamarli Altezze Reali, Milord o Sir, né dobbiamo mangiarci il fegato mentre loro fanno impunemente stragi di volpi in qualche contea inglese.
Probabilmente lei, signor Attivissimo, avrebbe dovuto sottolineare di più il fatto che l'Inghilterra va bene per professionisti intelligenti e capaci come lei che già in Italia guadagnerebbero bene e avrebbero un altissmo o Attivissimo tenore di vita; mentre potrebbe essere un disastro per gli schiavi da fast food a cui lei ha accennato.
Infine, se mi consente una nota più leggera, mi permetta di rammentarle che una nostra squadra, il Milan, l'anno scorso le ha suonate sia al Manchester United che al Liverpool e che la nostra nazionale ha vinto ben quattro titolo mondiali e non uno solo (per di più con un gol del tutto inventato nei tempi supplementari con la Germania nel ‘66).
Le consiglio di rileggere il suo articolo. Se lei è la persona onesta e corretta, nonché intelligente, che traspare dai suoi scritti, certamente troverà che si possono esternare con maggiore equilibrio sia i punti a favore della vita in Inghilterra che quelli contro. I più cordiali saluti da,


Francesco il Capitano.

domenica 2 settembre 2007

Disegnare la copertina del tuo romanzo


Disegnare la copertina del tuo primo romanzo, dopo che non tocchi una matita da qualche decennio e scoprire che l'immagine che crei, a dispetto di ogni previsione, non è poi tanto malvagia.
Capire tu non puoi, tu chiamale se vuoi emozioni.

Come qualcuno saprà devo pubblicare un mio romanzo in un futuro non lontanissimo, ma nemmeno imminente. Come qualcun altro potrebbe aver saputo da un mio vecchio post, in passato ho cercato di fare il disegnatore di fumetti. Non è strano che a un certo punto io abbia potuto immaginare la copertina del mio romanzo. E' un po' più strano l'aver pensato di riprendere in mano matita e fogli da disegno dopo una vita.
Per un po' ho tentato di respingere questo mio impulso. Non si contano gli anni intercorsi da quando ho appeso al chiodo gli attrezzi da disegno. E anche quando mi esercitavo tutti i giorni copiando le tavole dell'immenso Burne Hogart - ossia del più grande disegnatore di Tarzan e di una delle più belle matite di tutti i tempi - beh, nemmeno allora ero un granché come fumettaro. Insomma, mi impegnavo molto, sono uno che ci dà dentro sempre, ma il talento con la matita è un'altra cosa.
In ogni modo ho deciso che un tentativo di disegnarmi la copertina del romanzo si poteva sempre farlo. Di certo non sarebbe morto nessuno. Sono quindi andato nella più grande cartoleria napoletana, la Guida, che neanche a farlo apposta si trova nella (in questo blog) pluricitata Port'Alba. Sono salito fino al secondo piano del negozio, quello dedicato agli artisti, piano a cui non salivo da quasi vent'anni. Ho ritrovato subito antiche emozioni rivedendo pennini e inchiostro di china, pennelli e manuali per imparare a disegnare. Mi è sembrato di mettermi in una macchina del tempo e tornare a un mondo che ormai non c'è più. Il massimo dell'emozione l'ho provato quando ho avuto in mano una boccetta di inchiostro nero di china. Immaginavo di immergervi un pennello e poi passare delicatamente le setole dell'attrezzo intrise di nero seppia su un foglio Bristol. E' un'emozione che può comprendere solo chi si sia dedicato a questa pratica, anche perché usare bene il pennello con la china è una pratica che riesce solo ai maestri dell'illustrazione (io per esempio non ci riuscivo, usavo il pennello solo per riempire grandi spazi neri).
Comunque non la faccio lunga, anche se le suggestioni al secondo piano della cartoleria erano tante. Ho comprato un po' di attrezzi da disegno, cercando di spendere poco perché avevo seri dubbi sull'esito del mio tentativo. A casa tuttavia, pur dopo un lungo periodo di riassestamento, sono riuscito a creare una figura che si avvicinava alquanto alla mia idea. Qui ho esitato. Si trattava di ripassare a china la figura. Situazione da prendere con le molle perché già quando sei allenato non è raro che inchiostrando un buon disegno lo rovini. In tutti i casi indietro non si poteva tornare. Mi sono raccomandato l'anima a Dio e ho inchiostrato. Ci ho dovuto dare dentro di gomito, dato che c'era da riempire di nero larghe sezioni di foglio.
Il risultato finale dei miei sforzi artistici non è malvagio. Non so se l'immagine che ho creato possa essere un'efficace copertina di romanzo. Però so che è una discreta illustrazione da fumetti. Insomma, si può fare pure di peggio di quanto ho fatto io.
Il problema è che non ho lo scanner. Quindi al più presto, metto il mio disegno o una fotocopia in una busta e la spedisco al mio editore. Se anche il mio disegno non fosse adatto a una copertina di romanzo, mi sono comunque divertito a farlo. E' stata una bella esperienza. E' proprio vero che non bisogna mai dire mai. Nella vita prima o poi torni a fare pure cose da cui avevi giurato di stare alla larga.