domenica 31 ottobre 2010

Il libro dei morti

Mariagrazia era allegra, amava i cani e le persone, adorava cucinare crostate di mele e ora è morta. Maurizio nacque ricco, ma la la sua famiglia subì un rovescio finanziario obbligandolo a crescere in quartiere popolare, ricostruì la sua fortuna intorno ai cinquant’anni avviando una fabbrica di giocattoli specializzata in bambole sexy per bambine aspiranti pornostar e ora è morto.

Peppe a scuola lo prendevano in giro perché oltre a essere grasso parlava in perfetto italiano e non in dialetto, poi da grande divenne magro, imparò il dialetto, si laureò in legge e sposò la figlia di uno dei principi del foro cittadino ereditandone beni e clientela e ora è morto. Teresa scrisse per quasi tutta la vita a un cantante melodico di cui si era invaghita da ragazzina, il cantante a volte le faceva rispondere banalità da qualche segretaria, Teresa era contenta, poi un giorno decise che avrebbe potuto vivere anche senza le idiozie della segretaria o di quell’asino di cantante, che ora che ci rifletteva cantava proprio canzoni del cazzo e aveva pure un faccia del cazzo e si vestiva persino da cazzo, senza pensare a quel suo ciuffo del cazzo e a quelle cazzo di stronzate che sputava aprendo bocca, ma non visse ancora molto e ora è morta.

Paolo a scuola fregava i professori con la sua parlantina

lunedì 25 ottobre 2010

Fulmine Facebook

- Ringrazio Dio per averci regalato uno strumento miracoloso come Facebook. Ormai possiamo comunicare alla velocità del fulmine con qualsiasi angolo di mondo, con amici o parenti lontani che credevamo irraggiungibili, con un linguaggio essenziale, efficace, lontano dalla retorica. Perché fai quella faccia? Non sei d’accordo?

- No, sono con te al cento per cento. In effetti di recente con l’aiuto del prodigioso Facebook ho ritrovato una mia lontana cugina americana, che quasi non sapevo di avere, e ho potuto apprendere che parteciperà ad HALLOWEEENNNNNNNNN!!!!!!!!!!!! (scritto proprio così, con lo stesso numero di enne e di punti esclamativi). Era una notizia fondamentale che mai avrei potuto apprendere altrimenti.

- Vabbé, però i vecchi amici con cui ai bei tempi mangiavi pane e rivoluzione…

- Al di là del fatto che la rivoluzione mi spaventava pure da ragazzo, sì, un mio antico amico mi ha scritto che era contentissimo di ritrovarmi. Mi ha mollato una mezza dozzina di entusiastiche mail lunghe mezza riga e poi, quando dopo una sua sollecita richiesta reiterata in due o perfino tre messaggi, gli ho scritto dieci righe in cui sintetizzavo quasi poeticamente la mia vita dell’ultimo quarto di secolo… è sparito. Forse l’ha ucciso lo sforzo immane di leggere dieci righe tutte insieme.

venerdì 15 ottobre 2010

L’esercito dei mostri

In questo periodo rifletto spesso su come la vita dei nostri tempi sia strana e a volte bizzarra.

Uno schiaffo ti uccide, un pestaggio a sprangate ti fa (quasi) il solletico. Metropolitana di Roma, caso ormai arcinoto, dopo un litigio su una futile questione di precedenza un ragazzo romano e un’infermiera rumena vengono alle mani. Il ragazzo colpisce l’antagonista con un pugno loffio che sembra più una manata che un pugno (anche se l’avvocato della vittima dice che sembra un jab sinistro sferrato con la tecnica di Ray Sugar Robinson): l’infermiera crolla a terra e va in coma e ormai è data per spacciata. Torre del Greco, Napoli: un padre rimprovera due bambini che si sono impossessati del parco giochi impedendo ai coetanei di giocare. Per sua sfortuna i bambini rimproverati sono i figli di un camorrista denominato eloquentemente Tore ‘a Carogna, il quale organizza una fulminea spedizione punitiva per pareggiare il non ortodosso richiamo ai suoi pargoli. Sei nerboruti e violenti individui, tra cui il succitato Tore ‘a Carogna, piombano in un ristorante e massacrano il padre improvvido anche a colpi di casco da motociclista: risultato, il padre pestato va appena in ospedale senza aver subito a quanto si sa danni gravissimi.

sabato 9 ottobre 2010

Ottocento

E questi cappellini da donna, con il sottogola e i nastrini, buffi eppure affascinanti, come sono diversi dai nostri cappelli da donna. E questi uomini in redingote scura e cappello a tuba, tutti d’un pezzo e anche un po’ ridicoli quando dicono signore pure ai ragazzini, come sono diversi dai nostri uomini, che non dicono signore neppure a Dio e sono ridicoli, sì, ma diventano tutti d’un pezzo solo nella tomba. E queste vesti strette in vita, con le sottogonne voluminose e i guanti che arrivano al gomito, dove la vedi oggi una donna così ammesso che non si sposi? E queste case di campagna con i finestroni alti, i rampicanti abbarbicati sulla facciata e i viali con le foglie cadute, come sono diverse dalle nostre case di campagna con i finestroni alti, i rampicanti abbarbicati sulla facciata e i viali con le foglie cadute, anche se sono le stesse identiche case di due secoli fa. E queste passeggiate nei boschi silenziosi, quelli brumosi con gli arbusti spogli in cui cogli la presenza di qualcosa di magico e antico, qualcosa di grande che puoi definire spirito della natura o come diavolo vuoi, come sono diversi dai nostri boschi ben poco silenziosi in cui cogli la presenza solo di onde elettromagnetiche e impulsi satellitari. E questi colori che ti confondono, questo verde dei prati, questo adorabile blu cobalto di certe vesti, questo bianco abbagliante di certe cuffie femminili, questa sinfonia di colori autunnali sugli alberi, questo azzurro inquietante dei ruscelli e questo nero nero dei tabarri, questi gialli riflessi di sole, questo color tempestoso delle cime imbronciate, come sono diversi dai nostri freddi sedici milioni di colori da monitor lcd o cellulari touch screen.

lunedì 4 ottobre 2010

Un gatto, un cane e la fine del mondo

Un paio di sere fa tornavo a casa dopo aver comprato un pezzo di pane croccante in un forno aperto anche di sera (ci vado appena posso, il pane croccante di sera mi sembra più buono che di mattina). Improvvisamente sento un grido tra l’angosciato e l’adirato: “Vaffanculo, brutto stronzo!” E poi ancora Vaffanculo, Vaffanculo. Mi dico: staranno picchiando o rapinando qualcuno. Niente di tutto questo. Mi volto e per un attimo pare che il mondo si fermi. A pochi metri da me ci sono un cane e un gatto che si fronteggiano in silenzio. Il cane è uno di questi botoli antipatici tendente al peluche che ti ringhiano e abbaiano addosso appena ti hanno a tiro, e che cercano di azzannarti una gamba forti dell’appoggio dell’onnipresente padrone-guardia del corpo che ti porterebbe in tribunale  se mollassi una sacrosanta pedata al suo ammasso di pulci stronzo e vigliacchetto. Il cane è grande almeno il doppio del gatto, ma non abbaia aggressivo come fanno i cani quando incrociano i gatti grandi la metà di loro. Il felino non ha per niente paura, ha pelo e coda rizzati e si avvicina pian piano a questo cagnone che abbaia e ringhia a omaccioni giganteschi, ma che per una volta sembra aver compreso il valore filosofico del silenzio.