martedì 28 agosto 2007

Vecchia scuola francese salvaci dalle brutture moderne

Siamo alle solite. Meglio la letteratura di oggi o quella di una volta, il cinema di oggi o quello dei tempi andati, le canzoni moderne o le melodie di qualche anno fa?

E’ sempre difficile rispondere a simili quesiti, anche quando crediamo di avere una risposta certa. Io mi limito a osservare che mi annoio spesso nell’ascoltare la musica moderna, specie quando si tratta di sciropparmi qualche banale e pacchiano video tratto da Mtv o da canali analoghi, facente leva sulla riproposizione ossessiva delle cosce – per carità, ben fatte – di Christina Aguileira o Beyoncé. E mi limito a osservare che alcuni movimenti musicali del passato, come ad esempio quello degli chansonnier francesi degli anni Sessanta e precedenti, conservano la loro forza di attrazione a distanza di decenni.

E ora largo alla pattuglia di chansonnier francesi qui citati. Eccoli in sequenza. Qui sotto Edith Piaf “Non, je ne regrette rien”. Jacques Brel “Ne me quitte pas”. Yves Montand “Les feuilles mortes”. MIrelle Mathieu che canta la Marsigliese. Nella colonna laterale Charles Trenet “La mer” e Gilbert Becaud “Nathalie”.


P.S. Mi è stato fatto notare che i molti video appesantiscono l'apertura della pagina. Quindi ho deciso di caricarne due per volta, alternandoli. Così ne posso mettere pure di più. State in campana per non perdervi gli chansonnier d'Oltralpe! :-)

lunedì 27 agosto 2007

L'uomo invisibile e Carogna-man


Cosa c'è di peggio che dirigervi col cuore grato verso un vostro conoscente, fargli il vostro miglior sorriso, aprire la vostra anima a lui e infine allungargli la vostra mano come pegno di eterna amicizia... e scoprire poi che la carogna vi lascia agonizzare con la mano sospesa in aria senza sognarsi di stringerla nemmeno col dito mignolo?
Di recente mi è capitata una cosa simile. Ero per strada quando incrocio un mio vecchio conoscente. Lui mi guarda e io lo guardo. Io lo guardo e lui ricambia lo sguardo come se volesse salutarmi anche se quella fosse la sua ultima azione in questa vita. Per un po' resisto alla tentazione, perché il tipo che ho incontrato in passato non era molto espansivo con il sottoscritto. Ma lui continua a fissarmi, vuole proprio salutarmi, lo dice ogni cellula del suo corpo, vuole scambiare un segno di amicizia con me. Forse è solo frenato dal tempo trascorso e aspetta che io faccia il primo passo per poi ricambiare grato la mia cortesia. Tra l’altro lo vedo che rallenta, forse vuole addirittura rievocare i bei tempi con me. Non posso evitarlo ora, mi sembrerebbe di accoltellarlo a tradimento. Mettiamo una pietra sopra il passato, mi dico, e cominciamo da oggi il nuovo corso esistenziale che farà di me una persona migliore, più aperta e meno musona.
Alla fine non reggo più alla situazione e gli faccio il mio miglior sorriso, sbracciandomi per salutarlo come se fosse il mio fratello preferito e... questo figlio di buona donna continua a fissarmi e non si sogna di ricambiare il saluto. Mi guarda come se fossi invisibile. Proprio non esisto, non sono composto di materia. Ma mi ha perfettamente visto, dato che un altro po’ gli andavo a sbattere contro. Me lo sentivo che mi tirava qualche fregatura, per questo esitavo a salutarlo.
Rimango fulminato in mezzo alla strada con un’espressione da ebete. Più o meno come un portiere che ha preso un gol carogna all’ultimo secondo dei tempi supplementari. Ci sono rimasto talmente male, davanti a questo caino ti fa rimanere con dieci mani sospese in aria, che dopo qualche metro mi sono voltato e gli ho gridato: “Ma che sei morto?”. Ho ripetuto il concetto in un tono sufficientemente alto da poter essere udito da uno stormo di oche migratrici… La carogna ha mostrato di avermi perfettamente inteso, perché quando la mia esclamazione lo ha raggiunto ha rallentato in modo palese prima di riprendere il cammino con l’andatura precedente.
Ci devi essere portato a tirare certi colpi bassi. Come fa, certa gente, a guardarti in viso senza tradire la minima emozione? Come fa a impedire agli occhi di emanare un lampo che dice “Io ti conosco”, come fa a bloccare sul nascere il ciao automatico che qualsiasi bocca vorrebbe pronunciare identificando una figura conosciuta? Io non riuscirei mai a conservare un tale autocontrollo, anche se si trattasse di fare uno sgarbo al mio peggior nemico. Non potrei mai far rimanere uno con la mano sospesa in aria. Devi averci ‘o core ‘nfame, per riuscirci.

mercoledì 22 agosto 2007

Marciamo insieme verso il progresso


Sera, mi preparo un piatto con polipo e fagiolini all'insalata e accendo il televisore per farmi compagnia mentre mangio. Sono le otto e venti, quindi stimo che il telegiornale abbia già esaurito le notizie più inquietanti e negative, diciamo quelle sui pedofili in azione, sulle proposte di evirazioni e castrazioni varie e sui bombardamenti a tappeto di villaggi in cui si celebrano matrimoni tra poveri cristi. A occhio e croce la mia cena sarà accompagnata da qualche dritta di gossip da spiaggia e magari dalle ultime disavventure di Valentino Rossi con il fisco italiano. Niente di più sbagliato.

La prima notizia che ascolto lontano dagli aggiornamenti di cronaca nera, guerra e dirottamenti aerei parla di poker. In modo inquietante, però. C’è un professore di Harvard, una specie di genio cattedratico che afferma che il poker è un gioco meraviglioso che sviluppa le doti imprenditoriali e fortifica lo spirito manageriale delle persone. Penso a una bufala, ma il genio di Harvard è serio. Tutti dovrebbero giocare a poker e chi non lo ha fatto probabilmente ha accumulato gravi ritardi nel campo dell’audacia esistenziale, della capacità di osare. Forse quelli che non giocano a poker, oltre a non saper far soldi, non sono nemmeno capaci di trovarsi la ragazza, si intuisce tra le righe. Smetto di mangiare perché all’improvviso il polipo mi sembra della stessa consistenza e digeribilità della gomma. Scusate, mi dico, ma il poker non era un gioco nefasto? Non era la rovina delle famiglie e delle persone? Non ci hanno sempre messo in guardia dal finire con le pezze al culo dopo una nottata in compagnia di poker d’assi e full di re? Non si era sempre detto che il poker era un gioco adatto a polli e a bari, di quelli che nei fumetti di Tex Willer dopo aver perso l’asso dalla manica estraevano l’immancabile Derringer? Non si era sempre detto che giocare a soldi con le carte era il peggior vizio che un uomo potesse avere e che i virtuosi erano quelli che si tenevano alla larga da bluff e rilanci folli? Pare che ci siamo sbagliati tutti e che, forse, essere un buon baro a poker sia una delle più degne e onorevoli attività dell’essere umano, almeno così dice il capoccione di Harvard.

Bah, penso a una delle solite esagerazioni giornalistiche, tanto più che dopo il cambio di direttore al tiggì 5 probabilmente si fa a gara a chi le spara più grosse tra i vari notiziari nazionali. Tuttavia la notizia seguente è ancora più preoccupante di quella dei bari modelli di virtù. C’è una tizia francese, una tale Corinne Maier, che ha scritto un libro in cui si dice più o meno che si dovrebbero buttare tutti i bambini a mare o meglio ancora nel gabinetto. Definisce i bambini “parassiti”, palle al piede, piccoli nani odiosi, mostriciattoli rompicoglioni che non sarebbero mai dovuti nascere.
Uno dice, in effetti è vero che alcuni pargoli moderni non sembrano campioni di buone maniere e non sempre ispirano simpatia immediata, ma quali sarebbero le gravi colpe di questo giovane gruppo umano per la Maier? Prima di tutto i tuoi bambini ti costringono a fare la lavatrice ogni giorno quando tu avresti voglia di mollare tutto e di partire per le pampas argentine per spupazzarti il più fico dei gauchos ivi residenti. In secondo luogo sei costretta a portarli a Disney World perché ti rompono le scatole con i loro piagnistei, invece di farti organizzare una vacanza più acconcia (diciamo tra i Dervisci del Sudan o all’ombra delle cavigliere del Katakali.) Ecco inoltre alcuni tra gli altri spiccioli inconvenienti dovuti ai figli. Il parto è una tortura, smetterete di divertirvi, perderete gli amici, dovrete imparare un linguaggio da idioti per comunicare con quegli idioti dei vostri figli, i figli uccideranno il vostro desiderio sessuale e la vita di coppia, costano, vi deluderanno, vi distruggeranno la carriera, uccideranno i vostri sogni, senza pensare che il mondo è già pieno di mostriciattoli umani, vogliamo per caso trasformare la terra in un enorme Muppet Show?... infine i figli vi portano in tribunale senza pensarci due volte. Ah, la Maier ha due figli che non so come prenderanno le sue invettive sulla loro classe sociale, magari si consoleranno con i proventi del bestseller della gentile mammina.

A questo punto ormai il boccone di polipo che tento inutilmente di inghiottire da minuti è diventato duro come un pezzo di bambù. Ne ho abbastanza di teorie balorde sul poker e su mamme coccodrille che vomitano sui figli. Spengo il televisore, butto il polipo nella spazzatura e mi preparo un bel panino rustico con salame paesano e melanzane sott’olio fatte con la ricetta della nonna.

sabato 18 agosto 2007

Pazzi al luna park

Suona la campanella, parte l’autoscontro. Sono euforico, rido. Manovro un po’ la macchinetta per abituarmi ai comandi. Cleide è un po’ più in là che gongola come una pazza, anche se ha a che fare con una scatenata sedicenne che la sperona mica male. Io rido forse persino più di lei. Cerco di manovrare la vettura nella calca per giungerle in soccorso, dato che la sedicenne sembra una tipa tosta ed è spalleggiata da un altro paio di bravacci adolescenti che non vanno tanto per le leggere. No, nessuno riuscirà a scalfire un capello della mia dama finché resterà un alito di respiro nel petto del Capitano. La strada per arrivare a Cleide però è bloccata da un manipolo di cinesi che ci danno dentro di brutto nell’autoscontro. Evito il primo con una doppia sterzata, ma il secondo mi incorna in un fianco a tutta velocità, dandosi pure lo slancio con il corpo caso mai non mi avesse devastato a sufficienza. Rido più che mai, mi rifaccio alla meglio su un paio di giovincelli e un signore maturo e accarezzo pure l’idea di rendere la pariglia al cinese speronatore. Ma quello è già lontano. E poi devo accorrere in aiuto della mia donna. Magari a quell’ora staranno facendo polpette di lei. Forse le orde del Sol Levante si saranno coalizzate con i teppistelli nostrani per accanirsi sulle sue misere spoglie. Scruto tutta la pista dell’autoscontro incurante di quelli che approfittano della mia distrazione per suonarmele da ogni lato. Cleide non c’è, non la vedo. Mi tengo ai margini delle zuffe pronto a intervenire lancia in resta dove vedessi una donzella bisognosa di un cavaliere. Oh, Cleide, dammi un segno! Improvvisamente la mia vetturetta è scossa da un urto terribile che mi fa sussultare da Nord a Sud. Il ginocchio destro sbatte sul volante, vedo le stelle. Penso a un proditorio attacco del perfido cinese, magari coadiuvato dall’amazzone sedicenne in cerca di nuove vittime. Non è per niente così. Dietro di me, Cleide se la sghignazza alla grande. Mentre io mi arrovellavo per salvarla dai pericoli di questo infido luna-park magari facendole scudo con il mio corpo, lei, sistemati la peste adolescente e i complici, mi è piombata alle spalle tamponandomi come un treno a tutta velocità. Ridiamo tutti e due come ragazzini. E poi ci lanciamo nel campo di battaglia dell’autoscontro per prenderle e per suonarle.

“Dici che quel cavalluccio mi sosterrebbe?” dico a Cleide in una pausa delle nostre epiche lotte nell’autoscontro (a Napoli questa specialità da luna park va sotto il ben più evocativo nome di “macchine tozza tozza”).
“Non mi dirai che alla tua età vorresti salire su un cavalluccio della giostra?” mi punzecchia lei.
“Che c’entra, si parla tanto per parlare. Vedo che i cavallucci della giostra hanno l’impalcatura di metallo. Secondo me ci potrei stare benissimo su uno di quegli affari.”
“C’è un destriero libero tra quel poppante con il lecca lecca e quella marmocchia con i boccoli. Perché non provi a salirci, così ti faccio una foto che pubblico sul mio blog.”
“Sei sempre la solita rompiscatole. Non vedo cosa ci sia di male. A tutti dovrebbe essere data la possibilità di salire sulla giostra dei cavallucci almeno una volta nella vita.”
“Sì, all’età giusta.”
“La mia età è giustissima.”
“Parli dell'età mentale?"

Sono andato alle giostre con Cleide. Siamo stati sui trenini, sul disco volante, nel castello delle illusioni e in altri posti, ma il meglio del meglio sono state le incursioni nell’autoscontro. Ho avuto la nausea andando in certe carognesche tazze rotanti. Ma quando hai la donna adatta al fianco non puoi che riprenderti in fretta. Non mi divertivo così da anni, forse da decenni.

martedì 7 agosto 2007

Uomini e donne sono uguali?

Ci sono alcune cose che mi danno fastidio. Una delle peggiori è un certo tipo di banalità che si sente ripetere in ogni cantuccio di questo mondo globalizzato principalmente nel conformismo. E’ il famoso pensiero del politicamente corretto, che consiste nel far echeggiare un concetto in ogni dove finché esso non sembri vero per la potenza delle sue ripetizioni. Una delle banalità del politicamente corretto consiste nell’affermare che gli uomini e le donne sono uguali. Fanno tutto allo stesso modo. Vedono il mondo nella stessa maniera. Hanno gli stessi desideri e soprattutto gli stessi comportamenti sessuali. Grossomodo, dice questa teoria, se gli uomini pisciano (licenza poetica) in piedi, anche le donne lo fanno o dovrebbero farlo. Mi dà fastidio udire queste stupidaggini anche quando escono dalla bocca di adolescenti saputelli che non sanno fare nemmeno di conto. Ma mi dà fastidio ancora di più quando ne sento parlare da persone di una certa età, che dovrebbero comunque aver osservato un po’ di mondo. Gli uomini e le donne non sono uguali. Gli uomini e le donne sono diversi soprattutto nel modo di percepire il sesso. Dato che dovrebbe essere una cosa nota a tutti e dato che scrivo pure di notte, mi limito a citare due episodi, anzi ne basterà uno.

Il primo episodio riguarda un post scritto da una blogger di Tiscali, una di queste universitarie disinibite che giocano a mostrarsi spregiudicate adottando uno stile alla Sex and the City o alla Desperate Housewives. L’universitaria disinibita raccontava di un gioco che faceva con le amiche, spregiudicate e goliarde quanto lei, bevendo cocktail alcolici in un bar. Le ragazze dovevano guardare a turno i maschi presentatisi nel bar e quindi dichiarare quanti cocktail avrebbero dovuto ingollare per fare sesso con lui. Il concetto era che se nel bar capitava un maschio sovrumano, un Rodolfo Valentino irresistibile, si sarebbe fatto sesso con lui anche senza bere alcolici, quindi senza pagare penalità. Mentre se i nuovi avventori erano maschi normali i cocktail avrebbero dovuto essere numerosi (il numero massimo era dieci). La blogger disinibita, dichiarò che pur essendo entrati nel bar un paio di fustacci avrebbe dovuto trangugiare almeno due drink a base di gin per concedersi loro (giustificava i drink con il fatto di essere innamorata di un giovanotto di cui avrà decantato le lodi in almeno trecento post consecutivi). Nel caso di un anziano non troppo avvenente, pare che le fanciulle dichiarassero di dover ingollare un barilotto intero di gin. Ebbene, leggendo quel post mi chiesi quali sarebbero state le risposte a ruoli sessuali invertiti. Probabilmente un maschio avrebbe fatto sesso con tutte le donne entrate in quel bar senza bere un solo goccio di liquore. Siamo dunque uguali? Non mi pare.

sabato 4 agosto 2007

Amore vuole amore


In questo post si è sostenuto che, per complicate ragioni evolutive, la donna ha inventato quel sentimento straordinario e unico chiamato amore (unico perché non ha un corrispettivo nel regno animale, così come non hanno un corrispettivo la lunga gestazione e le impegnative cure parentali collegate all'essere umano). In queste righe si cercherà di avanzare una tesi ancora più ardita. E cioè che la donna con le sue “invenzioni” sessual-sentimentali ha obbligato l’uomo a innamorarsi a sua volta. Ovvero lo ha costretto ad amare per avere amore. Come è noto, per alcuni il processo evolutivo maschile verso l’arte di innamorarsi non si è concluso con un pieno e compiuto successo. :-)
E' opportuno il riepilogo di alcune astuzie e strategie riproduttive femminili. Prima di tutto c’è l’astuzia di rendere l’estro nascosto (ciò comporta che il maschio umano sia l’unico essere vivente terrestre che ignora il periodo in cui le femmine sono fertili). Numero due, la donna, e anche questo è un record nel regno animale, è l’unico soggetto femminile a essere fertile tutto l’anno e non solo in una circoscritta stagione degli amori. Numero tre, la donna ha bisogno di innamorarsi per accoppiarsi: ciò in condizioni per così dire normali, anche se non avremo il tempo di definire cosa sia la normalità in questo post (forse però è qualcosa di diverso dalle domande regine della chat: "Anni?", "Da dove?", "Single?"). Questa necessità implica che il partner sarà scelto con criteri selettivi e che, inoltre, dovrà passare un certo periodo di tempo prima che la donna ritenga maturo il momento del congiungimento fisico.

Come hanno influenzato, queste innovazioni riproduttive femminili, il comportamento biologico della controparte maschile (cioè quello influenzato dall’eredità genetica e non dall’apprendimento)? Analizziamo prima il caso del maschio umano poligamo classico. Il poligamo di vecchia scuola vorrebbe trovare una femmina fertile, inseminarla e squagliarsela in cerca di un’altra femmina e poi di un’altra ancora. Però questo non è un atteggiamento riproduttivo vantaggioso. Il nostro farfallone preistorico non sa quale sia una femmina fertile. Potrebbe fecondarne una o più senza averne nessun vantaggio riproduttivo, quindi senza generare prole. Potrebbe sparare per così dire un mucchio di cartucce a vuoto. Inoltre anche nel caso che qualcuno dei suoi numerosi tentativi vada a buon fine, la sua tendenza ad allontanarsi dalla compagna ridurrà sensibilmente le possibilità di sopravvivenza della sua prole, a causa dei motivi che si è cercato di dire nel post precedente su questo tema. Poiché i guai non vengono mai da soli, il nostro casanova opportunista avrà pure i suoi bravi problemi a trovare una femmina disposta a farsi inseminare da lui. L’amore vuole amore, e se non sai amare con sufficiente intensità e persistenza sarà difficile che una donna ti faccia accoppiare con lei (si parla sempre delle succitate e purtroppo non meglio precisate condizioni di normalità). Resterebbe sempre la possibilità dell’atto sessuale coercitivo; ma pur essendo frequente in ogni epoca umana, lo stupro è sempre stato un’attività minoritaria nell’ambito dei rapporti sessuali, per motivi che esulano da questo post.

L’uomo farfallone totale dunque evidenzia più di un problema a interagire con la donna moderna qui analizzata. Tuttavia, a causa dei cambiamenti evolutivi propri di ogni specie vivente, potrebbe essere apparso, qualche milione di anni fa o poco dopo, un maschio umano un po’ diverso da quello sopra tratteggiato. Diciamo che è un signore un po’ più civile, capace di corrispondere la donna nel sentimento inventato da lei, o meglio dai suoi geni. Quest’uomo nuovo potrebbe essere capace di innamorarsi a sua volta. Quali potrebbero essere le conseguenze di questa sua capacità di provare un sentimento più coinvolgente e per certi versi rivoluzionario? Per iniziare, la capacità di innamorarsi è la chiave per superare le prudenze della donna in materia sessuale. Amore porta amore. La donna dei primordi percepisce un uomo innamorato più o meno come un individuo più affidabile, disposto a restare con lei, ad aiutarla con la famiglia e i figli. Chi fa battere il proprio cuore probabilmente è visto come una persona seria con cui si può creare qualcosa di buono, a differenza dell'altro soggetto. In secondo luogo un uomo innamorato può restare accanto alla sua partner, proprio a causa della forza del suo sentimento, molto più a lungo di uno che svolazza di fiore in fiore. Può sorvegliarla, evitare che si accoppi con altri maschi. E trattenendosi con lei sarà ragionevolmente sicuro di riuscire a fecondarla in uno dei suoi imprevedibili periodi fertili. L’amore e il legame che ne conseguirà dureranno abbastanza affinché la nuova coppia possa allevare i propri figli con sufficiente successo.

Da qualunque modo si guardi la faccenda, si deve decidere che l’uomo capace di innamorarsi è favorito rispetto al bruto copulatore opportunista. L’amore è un carattere vantaggioso per la specie umana. E vantaggioso in biologia evolutiva significa procreare una prole numerosa e in buona salute che diffonda alle nuove generazioni il carattere favorevole ereditato dai genitori. L’uomo nuovo avrà molti figli che tramanderanno geneticamente ai posteri, anch’essi in buona misura numerosi e sani, la sua capacità di innamorarsi.
In altre parole è verissimo quanto diceva Carlo Verdone in una delle sue macchiette televisive: “L’amore vince!”. L’amore è stato un carattere evolutivamente vincente, per questo è ancora presente, più forte che mai, ai nostri giorni, persino in internet e nei nostri blog.

Bisogna precisare in chiusura che il traghettamento del maschio umano verso l'amore e il rapporto esclusivo di coppia non si è ancora concluso. L'uomo per certi versi è rimasto in mezzo al guado delle strategie sentimental-sessuali: vede a uguale distanza la riva della poligamia pura e la riva dell'amore. Ah, mi sono reso conto di aver dato per scontato qualcosa che forse non è scontato per tutti. E cioè che i nostri comportamenti sessuali attuali sono determinati in massima parte dai nostri condizionamenti genetici, vecchi di milioni di anni. A mio modo di vedere la cultura non ha fatto che rivestire di belle parole e lustrini intellettuali quegli antichi istinti, ma non li ha affatto cambiati, né ha modificato nel profondo il modo diverso in cui uomini e donne si rapportano al sesso.