Spesso ci si imbatte nell’eterna domanda: ti piacerebbe tornare indietro nel tempo? Chissà perché quella domanda quasi sempre si riferisce a un’epoca adolescenzial liceale, probabilmente interpretata da tutti come un’età di svago, in cui si diverte senza le angosce esistenziali della maturità, senza dover combattere per trovare un lavoro o conservarlo, senza le responsabilità familiari o magari le preoccupazioni della salute. Un’epoca di latte e miele in cui si è abbastanza giovani e irresponsabili per divertirsi sul serio e in cui, nello stesso tempo, si è abbastanza cresciuti per spassarsela come gli adulti, cioè innamorandosi o facendo sesso, ubriacandosi o vedendosi come eroi che cambieranno il mondo con il loro idealismo (idealismo soprattutto a parole).
Io ho sempre trovato questa domanda stupida. Se tornassi nel passato, farei le stesse cose che ho fatto, sarebbe come vedere una replica, magari piuttosto scadente, della tua vita: io sarei come ero e il mondo sarebbe come era, perché mai dovrebbe accadere qualcosa di diverso? Perché dovresti conquistare la ragazza che non ti filava, vincere la partita che non hai vinto, risultare più interessante o figlio di buona donna di come eri? Se non cambi nessun elemento dell’equazione della vita, l’incognita x continuerà ad avere lo stesso valore di venti o trent’anni fa.