martedì 31 dicembre 2013

I pregiudizi spiegati con i carrozzini

Fase uno, i genitori maleducati. Prendo il treno locale per Napoli centro. Faccio fatica a entrare, perché vicino alle porte è situato un carrozzino con un neonato. Vicini, i due genitori parlano tranquilli, disinteressati del fatto che il loro carrozzino obbliga i passeggeri a fare i salti mortali per salire o scendere dal treno. Dietro c'è più spazio; in un primo tempo penso che i due siano situati lì perché devono scendere e muovere un carrozzino dal fondo di una carrozza affollata non è facile. Ma le fermate si susseguono, e i genitori con prole continuano a chiacchierare strafottenti. Mi dico che questa è la vita: dovrei farmi una litigata per far spostare i due, passando per un orco che se la prende con i bambini. Giudico meglio spostarmi alla carrozza successiva.

lunedì 23 dicembre 2013

L’immensità

61417_383892365035217_723716724_n1. La lotta

Il primo uomo aveva le mani serrate alla gola del suo avversario e cercava di strangolarlo con tutte le sue forze. Anche il secondo uomo teneva le mani strette alla gola dell'altro. Ma dopo un po' decise che una politica migliore per accoppare il suo antagonista fosse di afferrarlo per i capelli e sbattergli la testa contro una superficie dura lì vicino. Poiché una mano era sufficiente per l'azione, ritenne di usufruire dell'altra posizionando le dita ad artigli con cui cavare gli occhi che lo fissavano con odio. Il primo uomo aveva una discreta presa sulla gola, e premeva i pollici nella tenera carne del collo. Si impegnava con tutte le sue forze per spaccare la trachea, come mostravano il suo respiro a mantice e il filo di bava, di certo bava da sforzo sovrumano, che gli tracimava dall'angolo della bocca color del marmo congelato. Tuttavia i suoi sforzi di strozzare l'avversario erano ostacolati dalla concitazione della lotta, che portava i due corpi a rotolare su un pavimento duro e freddo e a cozzare in ogni sorta di spigoli e ostacoli che ti toglievano la concentrazione per fare quando andava fatto.

venerdì 13 dicembre 2013

Il popolo senza riscossa

popolo1La domanda rivolta in autobus da un uomo a un ragazzino: “Tuo padre è in galera o fuori?”. La domanda è fatta in napoletano e letteralmente suona “Pateto sta ainto o fora?” (è dentro o fuori?). L’uomo è un chiacchierone e si è appena presentato al ragazzino come uno zio che l’altro non sapeva di avere, lo zio Marittiello di San Giorgio. Ha chiesto al ragazzino se è figlio di un certo tipo, se abita in un certo luogo di un quartiere popolare napoletano e si informa come stanno alcuni suoi vicini di casa che afferma di conoscere. A dire la verità il suo piccolo interlocutore non ha dato alcuna risposta udibile, si limita a osservare l’altro con un sorriso scugnizzo e furbo, che è probabilmente la cosa migliore da fare quando non sai cosa dire. Ma il supposto zio interpreta l’atteggiamento come una conferma delle sue deduzioni. Ripete la domanda: il padre è dentro o fuori? Ancora nessuna risposta, mentre l’autobus cerca con difficoltà di allontanarsi dall’estrema periferia napoletana a favore del centro cittadino. In realtà la risposta non è molto importante, perché il genitore del ragazzino furbo potrebbe trovarsi con identiche possibilità sia in galera che fuori, è questo che suggerisce la sua espressione. La stessa espressione suggerisce inoltre che l’uomo ciarliero potrebbe essere indifferentemente un vero e sconosciuto zio di San Giorgio o uno sparaballe con tendenza alla pedofilia: e in definitiva al giovane passeggero nessuna delle due ipotesi sembra importare  un fico secco. Alla prima fermata il ragazzino e il suo sorriso scugnizzo scendono, mentre il supposto zio gli affida i suoi saluti per il padre, in prigione o fuori che sia.

venerdì 6 dicembre 2013

I miei investigatori preferiti

imageMentre sistemavo la mia ormai vasta collezione di ebook, mi è caduto l’occhio sui vecchi gialli che ho potuto recuperare nel web, basati in notevole parte sugli antichi Gialli Mondadori, una vera e propria istituzione in questo paese. Con un sorriso, mi sono ripassati sotto gli occhi gli investigatori del poliziesco classico e mi sono chiesto quali erano i miei preferiti. Ho cominciato quasi subito a fare una classifica, compito che mi sono accorto essere non troppo facile.

Primo posto: Toby Peters, di Stuart Kaminski. Toby Peters è un investigatore nato alla fine degli anni Settanta che ho amato a prima vista. Si muove a Los Angeles durante la seconda guerra mondiale e sembra uscito da un film nero spruzzato di commedia di Fritz Lang o Billy Wilder. In questi romanzi c’è tutto quello che adoravo all’epoca (e forse anche tuttora). Il personaggio: Toby è il classico tipo fa a botte con scagnozzi enormi e si infila in sparatorie con gangster, ma le botte che prende sono notevolmente più di quelle dà (sul tipo di Paul Newman giovane), per di più ha quasi sempre l’idea di affrontare una sparatoria disarmato, anche perché non ha simpatia per le armi da fuoco. Non ha soldi, e quando li fa li perde subito. Ha una macchina che cade a pezzi e come domicilio una stanza dello studio di un suo amico dentista. Divorziato e trattato dall’ex moglie, non senza motivo, da bambino irresponsabile che si caccia nei guai senza cavarne guadagni. Invita perennemente e a uscire Carmen, la prosperosa cassiera di un supermercato, sventolando biglietti per un incontro di lotta libera di cui lei è appassionata; ma Carmen per un motivo o per un altro rinuncia. La schiena a pezzi spesso lo obbliga a dormire sul pavimento. Se la passa male tranne che con le donne, che non di rado lo prendono sotto la loro ala protettrice forse solleticate nell’istinto materno o divertite dalla sua faccia da schiaffi.