giovedì 28 febbraio 2008

Felicità, stai lontana da me


La ricerca della felicità sembra essere il principale fine esistenziale dell'essere umano. Tutti gli individui appaiono bramosi di procacciarsi brandelli di felicità o di appagamento duraturo, che siano essi determinati dall'amore, dalla ricchezza, dal potere, dalla fama o da altri fattori. Alcuni personaggi bizzarri si sottopongono persino a complessi procedimenti di autosuggestione - inquadrati in filosofie più o meno orientali, anch'esse bizzarre - per convincersi che sono già felici con ciò che hanno o che non hanno (il che sembra un modo per autoconvincerti che ti chiami Bartolomeo e non Ciccio Formaggio). Dovunque si disquisisce se la strada più fruttuosa per giungere all'appagamento interiore sia l'Avere o l'Essere, o persino il Sembrare, che qualche volta può risultare una strategia comportamentale più adeguata, giacché come già ricordava Machiavelli "Ognuno vede quel che tu pari, non quel che tu se'". Cosa mi conviene fare per stare bene e ostentare al mondo la mia felicità? si domandano la romantica adolescente sui banchi di scuola e il maturo gaudente che quella adolescente concupisce dalla cattedra di professore. Mi conviene innamorarmi? Certo, l'amore è sempre una scelta conveniente in tema di autogratificazione. Mi conviene studiare, giocare a pallone, essere conformista, imparare a nascondere gli assi nella manica o, magari, scrivere un romanzo?

In questa folle, scomposta corsa universale verso l'autogratificazione, nessuno pare mai domandarsi: ma la felicità è una buona cosa? E' giusto, opportuno, desiderabile che io o un'altra persona siamo soddisfatti e appagati?

La risposta è probabilmente no. La felicità non è per niente una buona cosa, soprattutto osservando questa condizione psicologica da una prospettiva speciale. Potrebbe anzi essere la peggiore iattura per l'umanità. Il piacere e la gioia prolungati potrebbero persino risultare una specie di crimine da cercare in tutti i modi di combattere e di contenere entro i minimi livelli compatibili con l'organizzazione sociale. Anzi, è esattamente ciò che ha fatto l'evoluzione. Ha innalzato precise barriere intorno alla possibilità dell'essere umano di godere e gioire, perché ogni volta che qualcuno gioisce troppo l'umanità registra un piccolo smacco. La felicità, alla fin fine, potrebbe essere una specie di cancro, cioè una malattia nefasta, ma necessaria al ricambio generazionale e quindi mentale della società.

A presto con altre riflessioni su questo tema.

mercoledì 27 febbraio 2008

E spara, cretino!


Scena finale del film. Il Buono e il Cattivo sono uno di fronte all'altro. Il Buono ha la canna della pistola puntata sulla testaccia bacata del Cattivo, del tutto disarmato. Il Buono è insanguinato, zoppica e ha la faccia gonfia a causa dei pestaggi carogneschi degli scagnozzi del Cattivo. Il Cattivo sghignazza. Dice che il Buono non avrà mai il coraggio di sparare. Lui li conosce i perdenti. Per premere quel grilletto ci vogliono gli attributi e lo stupido lì davanti non ce li ha, glielo si legge negli occhi. Il Buono esita.

Tu spettatore segui la scena. E dai, pensi, premi quel grilletto, ammazza quel figlio di buona donna. Ormai lo sanno pure i bambini con il lecca lecca che se concedi un processo al Cattivo, che tra l'altro è un pezzo grosso pieno di compari ricchi e potenti, quello esce fuori di galera in due minuti. E spara! Non c'è da dimostrare più niente. Tutti noi spettatori del film abbiamo visto con che iena hai a che fare. Ha le mani sporche di sangue a ettolitri, ha fatto piangere migliaia di famiglie, è peggio di Al Capone. Spara. Non mi dirai che se hai Adolf Hitler davanti alla canna della pistola te ne stai a sfogliare la margherita Tocco Caino, Non Tocco Caino? Gli fai un buco in testa e basta. Per piacere, ammazzalo, è l'ultimo favore che ti chiedo, lo giuro.

La scena sopra descritta deve essersi verificata sul grande schermo per un numero di volte superiore alle stelle visibili in cielo. Per tutto il cinema classico si considerava sleale che il personaggio positivo giustiziasse il suo antagonista disarmato, anche se era un assassino di massa. Si era trovata questa soluzione. Il Buono, diciamo Gary Cooper, punta la pistola sul Cattivo, diciamo Edward J. Robinson, questi lo irride più o meno come descritto sopra (dimostrando ancor più di non meritarsi quartiere per la sua stupidaggine). Il Buono, ripassatosi mentalmente il Manuale del perfetto eroe da film, rinuncia ad ammazzare un uomo indifeso. Si volta per andarsene. Il Cattivo approfitta dell'occasione per procurarsi un'arma e ucciderlo a tradimento. Il Buono si volta e lo fredda. La strada è stata lunga e tortuosa, ma alla fine siamo tutti contenti.

Lo scenario suddetto si è riproposto quasi senza variazioni fino agli anni Sessanta. Ora, nel nuovo millennio si sperava che qualcosa fosse cambiato. Tralasciando il Sessantotto, le cadute di Muri di Berlino e di Torri Gemelle, le rivoluzioni di internet e del blog, in televisione i dottori si chiamano House e non più Kilder, no? Al cinema gli scassinatori di banche si godono ai tropici il frutto delle loro sudatissime rapine, come prima non accadeva, vero? Sarà finita pure questa scemenza del Buono che non può piazzare una sacrosanta palla nella capoccia del Cattivissimo disarmato?

Ebbene no. Ieri ho visto Cemento Armato. Giorgio Faletti, nella parte del cattivo, violenta la fidanzata, uccide la madre (anche il padre) e un amico di un ragazzo che gli ha rotto lo specchietto retrovisore dell'auto. Quest'ultimo, dopo esser sopravvissuto chissà come a molti tentativi di omicidio, ha finalmente Faletti davanti alla pistola carica. Faletti fa i salti mortali per farsi uccidere, dicendo le cose più stupide e arroganti che possa dire un Cattivo con la canna della pistola quasi in bocca (escludo che Edward J. Robinson abbia detto cose tanto sciocche in uno qualsiasi dei suoi film). Naturalmente il ragazzo non spara. Solo dopo l'arrivo della polizia e solo dopo che il suo antagonista canta vittoria, il ragazzo si decide a trascinare il suo avversario in un balzo dal ponte, morendo con lui. Incazzatura bestiale, la mia. Dico, non era meglio premere quello stramaledetto grilletto un paio di minuti prima? Detesto vedere film in cui i personaggi si comportano in modo stupido. E spara, cretino!

lunedì 25 febbraio 2008

Io scrivo tu scrivi, intervista semiseria


Ma che me stai ancora a ‘ntervistà? E bastaaahhh.

Dai, non fare così. Qui si fanno intervistare tutti ai quattro punti cardinali. In ogni caso c’è sempre da risolvere quella faccenda del perché si scrive. Cosa significa per te mettere i tuoi pensieri sulla carta o sul monitor? È una specie di autoterapia, un’urgenza, un modo di esistere? Scrivendo esorcizzi forse il dolore e la solitudine esistenziali?

Ma si può sapere che mazza staje a dì? Sei impazzito?

Scusa, cercavo solo di imitare il tono dell’intervistatore che fa le domande importanti agli scrittori importanti seduto in poltrona con l’intellettuale gamba accavallata. Io facevo solo…

Facevi blabla e blabla. Ecco cosa facevi, a trombone che non sei altro.

Va bene, ho caricato un pizzico qualche tono enfatico, ma se non ti dai arie intellettualoidi nessuno ti prende sul serio. Siamo ancora il paese erede dei pomposi caballeros madrileni che latineggiavano a sproposito in ogni situazione. E ora vuoi rispondere alla mia domanda?

Sul perché si scrive? Naturalmente perché in un angolino della mente di chi scrive c’è abbarbicato, anche se lo si nega, il pensiero di avere successo e consenso, possibilmente di guadagnare. Scrivendo si migliora o si pensa di migliorare il proprio status sociale. Ad esempio alla domanda: che cosa fai nella vita? puoi rispondere: faccio il galoppino all’ufficio postale, però ho pubblicato un romanzo. Puoi anche buttare lì, anzi ti consiglio senz’altro di farlo, che il tuo romanzo non ha avuto il successo che meritava, anche se a tuo avviso è meglio di certi best seller cialtroni che si vedono in giro.

Si vabbé, accettiamo pure che uno scriva per autogratificarsi. Ma potrebbe fare pure altre cento cose per ottenere quel risultato. Fare il cantante, l’attore, l’artista pazzo, il calciatore, che ne so, spupazzarsi le alemanne annoiate sulle spiagge di Rimini, fare il signorotto politico alla Mastella. Perché scrivere?

Ma perché è facile! Scrivere è l’azione più facile del mondo. Ti serve solo una penna e un pezzo di carta, o un computer scalcinato, e già ti puoi definire un piccolo romanziere. Inoltre puoi sempre recitare la parte del genio incompreso. Anche se i tuoi lavori non riscuotono l’interesse che ritieni adeguato, puoi sempre dare la colpa a questo mondo mercantilistico dominato da banditi avidi e ignoranti (scusa che tra l’altro ha l’attenuante di essere spesso vera).

Mi hai fatto riflettere. Essere considerato scrittore è meglio che spacciarsi per cantante o emulo di Totti; inoltre temo che non sia tanto facile ingroppar… cioè socializzare con le alemanne di Rimini e Riccione, me manca er fisico e pure la faccia di bronzo. Sai che ti dico? Quasi quasi butto giù pure io il mio bravo romanzo. Ho proprio una bella storia sulla mia tormentata esistenza che non aspetta altro che vedere luce.

Auguri. Però non fare come me. Se un domani ti intervistano, non dire che scrivi perché non riesci a ingropparti le nibelunghe.

Certo che no. Dirò che lo faccio per autoterapia, per lenire il mio bisogno di comunicare, per soddisfare la mia anima poetica. Perché io ho davvero un’anima poetica, sai?

Sì, la sento quando parla dal tuo didietro dopo che ti sei ingozzato di pappardelle alla puttanesca.

venerdì 22 febbraio 2008

Un eroe in cerca di autore


Sono un eroe. Uno di quelli veri, di quelli di una volta. Rischio la mia vita per voi se mi pare giusto. Credo in molte cose che fanno rima con libertà. Mi indigno quando mi devo indignare e piango per gli ultimi, i disperati, i calpestati. Non pensiate di trovarvi di fronte a un noioso moralista da antico regime. So ridere e giocare, posso essere il più allegro compagnone da osteria, so pure alzare il gomito quando c'è da spassarsela. Cosa voglio? Voglio quello che vogliono tutti. Vivere. Fatemi vivere, signori sceneggiatori e scrittori. Mettetemi in un film o in un romanzo. Fatemi saltare da un grattacielo aggrappato a una corda per salvare un bambino. Fatemi strappare la mia amata alla morte dopo una sparatoria all'ultimo sangue con una banda di gangster o pistoleri. Fatemi amare una donna. Perché so come si fa. E so esserle fedele. Per tutta la vita, se necessario.

Sono pronto ad aspettare il treno di mezzogiorno per affrontare i cattivi che vengono a uccidermi, anche da solo, anche soltanto per una questione di onore... Onore, merce di altri tempi. Datemi una parte. Mettetemi a mollo nell'Atlantico dove affonda il Titanic, speditemi a Casablanca a cantare la Marsigliese ai nazisti e a farla suonare ancora a Sam. Fatemi fare qualcosa, signori sceneggiatori e scrittori. Lo so, sono tempi difficili per gli eroi. Nessuno li vuole. La gente si mette a ridere quando vede uno così stupido da rischiare la vita per un mondo ammattito dominato da pedofili, mafiosi, multinazionali, fanatismi di ogni specie. Affrontare la morte per gli altri? Che assurdità, dice la gente. Gli eroi sono buoni solo per finire su You Tube, dove fanno sghignazzare gli scostumati ragazzini d'oggi anche più delle videocarognate del bullismo giovanile.

Però io posso cambiare. Voi potete cambiarmi. Mettetemi pure qualche vizio per rendermi più simpatico. O come si dice oggi per rendermi più moderno. Ad esempio procuratemi problemi con la droga, fatemi bere forte o fare il guardone, fatemi avere gli incubi di notte. Fatemi persino divorziare da Mary Jane come accade a Spider-man o morire, almeno all'apparenza, come Capitan America, toglietemi ogni soldo dalle tasche, datemi un figlio con una malattia rara o una comunissima frustrazione, fatemi corrompere dal denaro o tradire la mia donna. Ma non calcate troppo la mano. Lo so che la tendenza della moderna fiction - Dio mio, che orrenda parola - è di capire il Cattivo, di scusarlo, vezzeggiarlo persino a causa del triste destino che lo ha reso così arido nei sentimenti. E' dagli sciagurati anni Settanta che si cerca di svilire gli eroi per renderli, così si dice, più umani. Ma lasciate sempre che ci sia una differenza tra me i cattivi della storia. Non fate che le complessità psicologiche siano così cavillose che alla fine del romanzo o del film non si sa per chi tenere. Non rendetemi mai come quell'ubriacone di Sean Penn. Ci sono i buoni e i cattivi. E' sempre stato così dal'inizio del mondo. E' come se ci fosse una invisibile linea di demarcazione. Io sono dalla parte dei giusti. Di quelli che sfidano la morte. Sono uno dei Trecento, sono Ettore che va alla morte, Robin Hood e Salvo D'Acquisto. Forse sono un rottame di un mondo che non esiste più. Però sono fatto così e non voglio cambiare.

Se vi serve un eroe, uno di quelli di una volta, signori sceneggiatori e scrittori, io sono qui. Fatemi vivere in una storia sulla carta o sul grande schermo. Non ho paura, io. Forse la paura l'avete voi. Forse è tutto questo mondo impazzito che ha paura degli eroi come me.

domenica 17 febbraio 2008

L'isola dei famosi tra un secolo


Cari amici telespetattori del 2106, diamo inizio alle selezioni per la prima edizione del programma tridimensionale "L'isola dei famosi". Come qualcuno di voi ricorderà, "L'isola dei famosi" era un programma televisivo dell'inizio del secolo scorso in cui si invitavano babbei di qualche notorietà (vallette di telequiz, figli illegittimi di cantanti decadenti, signorine buonasera dell'epoca di Mike Bongiorno, attorucoli scartati ai provini di "Un posto al sole") a sopravvivere su un'isola procurandosi da sé i mezzi di sussistenza e un tetto e un giaciglio. Gli pseudosopravviventi strombazzavano ai quattro venti la difficoltà della loro prova, ma alla fin fine si trattava di un campeggio persino più comodo. Potevi tornatene a casetta da mammina appena avevi la bua al pancino. Equipe di medici e tecnici armati di attrezzature fantascientifiche erano pronti a intervenire a ogni tuo sbadiglio. E se per caso dalle tue parti arrivava non diciamo un uragano tropicale, ma quattro gocce d'acqua un po' più insistenti del solito, ti parcheggiavi beatin beatetto in un albergo a cinque stelle ingozzandoti di caviale e champagne a braccetto di Cecchi Paone e delle sue ciance infinite, del rampollo dei Pooh o del tristissimo calciatore ex trombatore di veline. La gente guardava con avidità le tue imprese coglionesche sull'isola, con share televisivi di tutto rispetto. E per di più dopo aver completato la tua vacanza ai tropici, potevi andartene in pellegrinaggio nei più patinati talk show televisivi spacciandoti per un eroe sopravvissuto all'inclemenza della natura solo grazie a questo grande cuore ardimentoso, in anteprima mondiale offerto all'ammirazione dei telespettatori, rigorosamente in diretta.

Questo, come si diceva, accadeva nel passato. Per la prossima edizione dell'"Isola dei famosi", abbiamo conservato intatta la filosofia del vecchio reality show, cioè quella di sopravvivere in un luogo non agevole, ma di apportarvi qualche piccola modifica resa possibile dalle mirabilie scientifiche di questo ventiduesimo secolo. Come sapete di recente è stato trovato un modo per viaggiare nel tempo. Si tratta di una scoperta da finire di testare, ma che ha già dato interessanti risultati. Con la nostra macchina del tempo, manderemo nel passato i vincitori delle selezioni televisive. Esattamente un milione di anni indietro. All'epoca dei primi ominidi. Come nell'antico reality show, i partecipanti saranno accompagnati da telecamere che mostreranno le loro peripezie alla platea televisiva mondiale. Anche qui i protagonisti dello show dovranno sopravvivere basandosi unicamente sulle loro forze e capacità. Ci sarà, è chiaro, qualche piccola differenza. Nel nostro programma mancheranno squadre di medici e specialisti capaci di curarti non appena dici Ahi, Mannaggia o Porca Paletta, non ci saranno alberghi a cinque stelle quando piove a causa del governo ladro, anche perché sarebbe difficile trasferirli un milione di anni nel passato. In questo nuovo campeggio, potrai prendere tutta la tintarella che vuoi, anche più di quella di Al Bano rimasta incompleta a causa delle esternazioni della Lecciso. Ma dovrai vedertela con spietate fiere primordiali, mastodonti, mammut, virus sconosciuti, periodi glaciali, cataclismi primigeni, gambe rotte senza radiografie, mal di denti senza analgesici, e pidocchi, sporcizia, buio di fuori e di dentro. Ah, un ultimo particolare. La macchina del tempo di recente invenzione non funziona ancora bene, come abbiamo già accennato. C'è la concreta possibilità che non possiate tornare indietro nella nostra epoca. Ma in quel caso non ci sarebbe troppo da dispiacersi. Tutti noi dello staff pensiamo che i deficienti pettegoli che si presenteranno alle selezioni non dovranno soffrire a lungo prima di finire sgranocchiati nelle fauci di una tigre dai denti a sciabola.

giovedì 14 febbraio 2008

Il terzo occhio delle donne


Le donne ci sono superiori, lo dicono dappertutto, quindi deve essere vero. Le donne hanno qualità e capacità che noi non ci sogneremmo mai di avere. Anche questo dicono dappertutto e anche questo perciò deve essere ed è assolutamente vero. In realtà è la stessa vita di tutti i giorni che ci dimostra queste affermazioni. Le donne fanno molte cose meglio di noi, ragionano, ascoltano, parlano, ma soprattutto vedono come noi non potremmo mai fare. L'ultima questione è facilmente spiegabile. Mentre noi comuni mortali di sesso maschile abbiamo solo due occhi, le più belle creature generate da Dio ne hanno almeno tre e talvolta quattro. Non è molto agevole accorgersi del terzo o del quarto occhio femminile perché è celato come quello di certi alieni della fantascienza. Però con la giusta dose di perspicacia e prontezza di spirito si possono fare miracoli.

Uno dei metodi per accorgersi del terzo (o del quarto) occhio femminile è di accompagnarsi con una tipica esponente donzellesca per una strada centrale della tua città. Dopo un po' ti accorgi che la tua conversazione è meno efficace di quanto credevi, anche se fai i salti mortali per vivificarla con battute a effetto o citazioni pseudointellettuali. La tua compagna di passeggiata ti guarda, ti ascolta, parla persino più di te, ma qualcosa nella sua condotta ti fa sospettare che una parte della sua attenzione sia rivolta altrove. Ti dici che è colpa tua. Sei troppo moscio. Avresti dovuto mettere qualcosa sotto i denti prima di uscire di casa, magari stai accusando un calo di zuccheri. Ti dai qualche pizzicotto metaforico o reale su pancia e chiappe e quindi sciorini il meglio della tua parlantina con l'altro sesso. Accenni alla tua esistenza travagliata, fai riferimenti ironici ma educati alle tue ex, il cui numero rimpolpi nell'occasione, produci riflessioni filosofiche sull'essere che è meglio dell'avere e infine pennelli una disamina sull'ultima crisi politica che ti sembra più ficcante e originale dell'ultimo articolo di fondo apparso sul Corriere della sera.

Però non succede niente. Hai sprecato le tue migliori cartucce e la gentile donzella al tuo fianco ostenta sempre quell'aria svagata. Ti guarda, ma è come se guardasse altrove. Ti ascolta, ma è come se la sua attenzione fosse rivolta da tutt'altra parte. E' come se avesse un terzo occhio da qualche parte. A un tratto hai una rivelazione sovrannaturale. Le vetrine! La tua compagna di passeggiata guarda tutte le vetrine delle boutique e persino le bancarelle cinesi con articoli di marca contraffatti a meraviglia. Possibile? Ecco, fai una prova. Racconti la tua migliore barzelletta sull'italiano, l'americano, il francese eccetera e ti accorgi che la tua interlocutrice con il suo terzo occhio concupisce una camicetta con un indicibile fiocco rosa vomiting in offerta a trentanove e nove. Parli delle odissee ospedaliere del tuo vicino di casa, operato per sbaglio alla cistifellea, e ti accorgi che il terzo occhio esamina avido una giacca sciancrata firmata Laura Fancaziotti offerta con i saldi al quaranta per cento del suo costo reale. Senza tralasciare ovviamente il reggiseno ultraccessoriato esposto da un bancarellaro con gli occhi a mandorla poco più in là, che sembra meglio di un Playtex serie Oro e costa meno di un viaggio in metropolitana. Ecco torna tutto. Quando la tua compagna si ferma all'improvviso sul marciapiede, non è per ascoltare meglio il rocambolesco racconto della tua vita, ma è solo per guatare, con la sua solita visione laterale degna del senso radar dell'Incredibile Devil, un top tempestato di ghirigori argentati sotto la scritta REGALO.

Sulle prime pensi che il nefasto interesse della tua partner sia dovuto a qualche sua emergenza vestimentaria. Magari il bel completo giacca-jeans Global & Mes che indossa passeggiando con te è il solo abito decente rimastole e ha assoluto bisogno di rimpinguare il guardaroba vuoto. Allora ti decidi a troncare la conversazione e spingi la tua interlocutrice a dare uno sguardo alle vetrine per comprare eventualmente qualcosa. Non l'avessi mai fatto. In un attimo ti ritrovi con le mani gonfie di pacchi e pacchetti come il fattorino che segue Julia Roberts/Pretty Woman nel suo shopping pazzo. E farai pure un'altra e più importante scoperta. Anche quando la donzella al tuo fianco avrà comprato abbastanza gonne, jeans con toppe e ricami, giacche casual, borse firmate o finto-firmate, sciarpe assurde che non vorrebbe nemmeno un cane, scarpe ammazzapiedi pagate un obbrobrio, pigiami più vistosi dell'Union Jack... ebbene anche dopo aver razziato un bottino sufficiente ad abbigliare l'intero corpo di ballo delle Bluebell fuori dalle scene, anche in quel caso il terzo occhio femminile non smetterà di esaminare bancarelle o vetrine di negozi in cerca dell'ultima offertissima vestimentaria a cui non si può rinunciare.

domenica 10 febbraio 2008

Gli occhi dell'amore


La bambina guarda la goccia d'acqua che scorre sul vetro della sua stanzetta. Fuori piove. Le stille inclinate d'acqua si tuffano in pozzanghere illuminate dai lampioni creando effetti suggestivi. Il crepitio della pioggia è come una musica che ti spinge a fantasticare. Lo stesso fanno i fischi del vento e i coni di luce delle auto che sulla strada laggiù rischiarano scrosci d'acqua come riflettori di teatro. Cosa farò da grande? si domanda la bambina. Che lavoro farò, come mi vestirò, classico o sportivo, metterò perline anni Cinquanta o piercing, quali persone frequenterò e, soprattutto, conoscerò pure io quella cosa di cui si parla dovunque, nei film o nei talk show televisivi? Conoscerò l'amore, quello vero, quello che ti stringe qui dentro, quella cosa che rende ragazze e signore così svagate e allegre, che dipinge i loro visi del colore della pesca matura? E gli occhi! si dice la bambina guardando la goccia d'acqua che scivola sul vetro inglobando altre stille sul suo cammino, ora rallentando e ora accelerando. Avrò pure io gli occhi luminosi che hanno le ragazze più grandi quando parlottano sottovoce del loro lui con le amiche, mezzo invidiose e mezzo ammirate? Voglio avere pure io quegli occhi. Devono essere grandi e lucidi, con le pupille dilatate, e voglio che magari splendano nell'oscurità come quelli dei gatti. Quanto tempo dovrò aspettare? La ragazza della porta accanto ha solo quattordici anni e ha già gli occhi giusti. Quando ti guarda si illumina tutta. Voglio pure io gli occhi dell'amore!

La goccia di pioggia ormai ha completato la sua discesa sul vetro della finestra, ma ce ne saranno altre. "A che stai pensando, cara?" domanda una voce dalla cucina.

"A quando sarò grande, mamma", risponde la bambina alitando sul vetro. Nella porzione di vetro appannato, disegna col dito un paio di occhi mentre sorride.

mercoledì 6 febbraio 2008

Volo sull'invidia della gente


Volo, non ci credo nemmeno io, ma sto volando, senza veicoli o motori, volo a braccia tese sopra il mondo come un uccello. Posso andare in alto e picchiare in basso, posso deviare di qui e di là con un semplice spostamento delle braccia o delle gambe. E' incredibile la sensazione di libertà che provo librandomi nell'aria. Rido e rido, e canto come un ubriaco. Non ci sono uomini quassù o di sicuro mi prenderebbero per pazzo. Naturalmente si chiederebbero pure se siano più pazzi loro a vedere un tizio che vola come se fosse un supereroe dei fumetti.

All'inizio ho avuto paura, non sapevo come controllare la direzione del mio spostamento in aria, perdevo quota, ero spaventato, ho evitato per un pelo di schiantarmi contro un grattacielo che mi si è parato all'improvviso davanti. Poi ho capito come controllare questa mia straordinaria capacità. Ho imparato a volare, a virare, persino a fare capriole come un novello Peter Pan. Magari più tardi cercherò anch'io una seconda stella a destra.

Ho giocato per un po' a sorvolare i paesaggi metropolitani, ma poi mi sono spostato fuori dalla città, dove il mondo è più libero e dove sono più libero io. Sotto di me scorrono le cime delle foreste di abeti rossi e pini montani. Ecco laggiù lo sciabordio delle acque di un lago da cartolina, ecco distese e distese d'erba che sorvolo sentendomi parte del mondo come mai mi è successo finora. E' fresco quassù, ma non fa freddo, il vento d'alta quota ti porta odori fragranti che certo nessun essere umano ha mai sentito prima. Posso fare tutto. Cabrare a folle velocità verso il mondo là sotto e poi virare verso l'alto come nessun aereo potrebbe mai fare, e posso sforacchiare le nuvole, tuffarmi nei nembi o accodarmi a uno stormo di oche migratrici.

Sotto di me c'è un piccolo aereo da turismo. Procede a velocità limitata. Picchio in basso e mi metto in rotta di collisione con il barbaro invasore del cielo. Procedo senza paura verso il muso dell'aereo. Ecco che vedo il pilota in viso. E' spaventato. Ha la faccia di un piccolo imprenditore della pasta con l'hobby del brivido in cielo. Ora glielo do io un bel brivido! Viro all'ultimo momento quando il pilota ha già chiuso gli occhi per prepararsi all'impatto. Ci sarà da ridere quando racconterà in giro dell'uomo volante che stava per schiantarsi sul suo velivolo. Ma forse il reuccio dei tortellini e della pasta all'uovo è abbastanza intelligente da tenere la bocca chiusa e sembrare sano di mente. Sotto di me pianure senza fine, praterie placide e orizzonti lontani. Dio mio, che profumo di libertà c'è quassù!

Un momento, che succede? Mi sento di colpo impacciato. Ho come le vertigini, c'è qualcosa che non va, mi prende la nausea. Non riesco più a controllare la direzione del volo. E c'è di peggio. Perdo quota come una mongolfiera bucata. Cerco di concentrarmi per riprendere la mia gioiosa traversata del cielo. Niente. Più mi agito e più in fretta precipito. Annaspo nell'aria come se volessi aggrapparmi al cielo che mi rigetta. Più ho paura e peggio caracollo nel vuoto. Muovo le gambe, smanaccio le braccia, provo persino a darmi slancio con la schiena verso l'alto. Tutto inutile. Precipito come un novello Icaro. Non riesco a capire quale sia stato il mio peccato di superbia, forse quello di essere stato felice come nessuna formica umana è mai stata. Ormai sono un corpo morto. Vedo avvicinarsi a tutta velocità il suolo. C'è una larga autostrada a quattro corsie più in là, ma io mi andrò a sfracellare su un suolo desertico che ospita cactus e cani della prateria. Vorrei gridare, magari sentirò meno dolore nell'impatto imminente, ma all'ultimo faccio un tentativo disperato, mi do lo slancio con la schiena e inverto la direzione di caduta. Non precipito più. Risalgo verso il cielo e la felicità. Sono vivo. E sono felice.

E volo, volo, volo libero, volo libero, libero. Libero.

venerdì 1 febbraio 2008

Evoluzione 2.0 versione beta


- E' arrivato? - si informò la prima entità. Non parlava, al pari del suo interlocutore, perché non possedeva apparati di vocalizzazione e la sua forma di comunicazione era oltre la trasmissione del pensiero. In realtà non aveva bisogno di trasferire alcun pensiero o significato, così come l'essere superiore a cui si rivolgeva non aveva bisogno di riceverne.
- Sta entrando ora nell'atmosfera del pianeta - comunicò la seconda entità. - Tutto procede secondo i tempi stimati quando abbiamo deviato l'asteroide dalla sua orbita per portarlo in una traiettoria di collisione con il terzo pianeta del sistema astrale.
- Le dimensioni sono quelle giuste.
- Sì. I nostri modelli di previsione indicano che massa e velocità dell'asteroide sono esattamente quelle necessarie per provocare un'estinzione di massa, seppure limitata. L'impatto causerà vari cataclismi tra cui la creazione di una nube di polveri nell'atmosfera che intercetterà la radiazione solare impedendo la fotosintesi vegetale. Gli effetti letali sulla catena alimentare saranno immediati.
- Saranno annientati tutti i grandi rettili che saranno conosciuti in futuro come dinosauri.
- Già, ormai l'evoluzione della vita sul terzo pianeta del sistema stellare era giunta a un punto morto. I dinosauri non avevano le potenzialità per evolversi ulteriormente verso la vita intelligente e con la loro presenza sul pianeta impedivano di farlo pure ai più sofisticati animali a sangue caldo che un giorno saranno chiamati mammiferi.
- Che previsione fanno i nostri modelli di previsione sulla nascita di vita intelligente?
- Oh, ritengono che sarà quasi fulminea. Quando il pianeta azzurro avrà compiuto 65 milioni di rivoluzioni intorno al suo sole, apparirà un essere bipede dotato di posizione eretta che creerà una civiltà tecnologica.
- Probabilmente lì dovremmo intervenire di nuovo per correggere le storture di quella civiltà.
- Così dicono i nostri algoritmi di anticipazione evolutiva.
- E ora?
- Be', ci sarebbe quest'altro pianeta nel punto opposto dell'universo. Vedi? Dispone della massa adeguata, riceve l'opportuna dose di radiazioni e orbita alla giusta distanza dalla stella. Ha considerevoli quantità di liquidi in superficie e atmosfera utile. Ha tutto ciò che serve affinché la materia si aggreghi in strutture complesse che conducano alla vita e all'intelligenza. Però...
- Però?
- Però la stella attorno a cui ruota questo mondo entrerà presto in una fase di instabilità, esploderà distruggendo l'equilibrio chimico di quel pianeta.
- Capisco. Sarà utile una pioggia di meteoriti che scarichino un po' di amminoacidi sul pianeta della stella morente.
- E' solo il primo passo. Se riusciremo ad accelerare il processo evolutivo a sufficienza, la futura civiltà tecnologica di quel pianeta troverà il modo di emigrare prima che la stella esploda.