venerdì 6 dicembre 2013

I miei investigatori preferiti

imageMentre sistemavo la mia ormai vasta collezione di ebook, mi è caduto l’occhio sui vecchi gialli che ho potuto recuperare nel web, basati in notevole parte sugli antichi Gialli Mondadori, una vera e propria istituzione in questo paese. Con un sorriso, mi sono ripassati sotto gli occhi gli investigatori del poliziesco classico e mi sono chiesto quali erano i miei preferiti. Ho cominciato quasi subito a fare una classifica, compito che mi sono accorto essere non troppo facile.

Primo posto: Toby Peters, di Stuart Kaminski. Toby Peters è un investigatore nato alla fine degli anni Settanta che ho amato a prima vista. Si muove a Los Angeles durante la seconda guerra mondiale e sembra uscito da un film nero spruzzato di commedia di Fritz Lang o Billy Wilder. In questi romanzi c’è tutto quello che adoravo all’epoca (e forse anche tuttora). Il personaggio: Toby è il classico tipo fa a botte con scagnozzi enormi e si infila in sparatorie con gangster, ma le botte che prende sono notevolmente più di quelle dà (sul tipo di Paul Newman giovane), per di più ha quasi sempre l’idea di affrontare una sparatoria disarmato, anche perché non ha simpatia per le armi da fuoco. Non ha soldi, e quando li fa li perde subito. Ha una macchina che cade a pezzi e come domicilio una stanza dello studio di un suo amico dentista. Divorziato e trattato dall’ex moglie, non senza motivo, da bambino irresponsabile che si caccia nei guai senza cavarne guadagni. Invita perennemente e a uscire Carmen, la prosperosa cassiera di un supermercato, sventolando biglietti per un incontro di lotta libera di cui lei è appassionata; ma Carmen per un motivo o per un altro rinuncia. La schiena a pezzi spesso lo obbliga a dormire sul pavimento. Se la passa male tranne che con le donne, che non di rado lo prendono sotto la loro ala protettrice forse solleticate nell’istinto materno o divertite dalla sua faccia da schiaffi.

Mi piaceva molto anche l’ambientazione noir degli anni Quaranta di queste storie, in cui tutti gli uomini sembravano vestiti come Huphrey Bogart e le donne si dimostravano svelte di lingua come Bette Davis. Inoltre Kaminsky conosce a menadito quell’epoca e dà continuamente informazioni su personaggi e programmi radiofonici, sulla tessera annonaria per i cibi, sulla cronaca quotidiana e politica. La guerra è trattata come un evento lontano, spesso basato su gossip più che su battaglie, ma è sempre presente come sottofondo di ogni azione. Fin qui Toby Peters mi sarebbe piaciuto, ma fino a un certo punto. L’elemento che me lo ha fatto amare è che l’investigatore ha come clienti quasi sempre star del vecchio cinema, quello in bianco e nero, quello che mi faceva sognare da ragazzo. John Wayne e Gary Cooper, Mae West e Bela Lugosi, Peter Lorre, Buster Keaton, Judy Garland eccetera. Il meglio del meglio a mio avviso Peters lo otteneva quando era assunto da ex divi del muto ora male in arnese come Buster Keaton, Lugosi o Peter Lorre. Naturalmente aveva a che fare anche con altre personalità d’epoca, come Hemingway o Faulkner, Salvador Dalì, il generale MacArthur o il pugile Joe Louis, ma io lo preferivo a contatto con le stelle del cinema. Ricordo ancora quando andavo per bancarelle dell’usato e sotto cumuli di cartacce, fumetti dozzinali e giornalacci pescavo un vecchio giallo Mondadori con in copertina Clark Gable o Hitchcock: mi sembrava di aver appena trovato un piccolo tesoro sotto il fango, ed è quello che penso ancora.

Secondo posto, ispettore Pitt di Anne Perry. Ho detto ispettore Pitt, ma in realtà avrei dovuto dire Pitt e sua moglie Charlotte, perché Charlotte in questi romanzi è spesso quella che ci mette il pepe. L’ispettore Pitt lavora in epoca vittoriana e a dire il vero non è che sia molto interessante come personaggio: è un uomo tutto d’un pezzo, orgoglioso, spesso taciturno, suscettibile e ovviamente bravo nel suo lavoro. I punti di forza dei romanzi della Perry sono due a mio avviso. L’affascinante ambientazione vittoriana di Londra, molto realistica, che mette a confronto senza infingimenti la bella vita dei nobili e ricchi con le brutture inaudite dei ghetti londinesi, della sporcizia e delle abitazioni malsane dei quartieri popolari. Qui lo splendore dell’alta società, carrozze, magioni principesche, balli, sprechi, gioventù viziata e dorata, arroganza del censo; lì bassifondi in cui potrebbe sguazzare, e in effetti sguazza, Jack lo Squartatore, prostituzione anche minorile, povertà, malattie da ambienti insalubri, fogne a cielo aperto nei vicoli, alcolismo, abbrutimento da fabbrica, mendicanti e tutti gli straordinari sforzi delle classi disagiate londinesi per conservare dignità e tirare avanti.

L’elemento che fa da sfondo alle avventure di Pitt è la differenza di censo. I nobili sono una classe a parte, con cui non puoi comunicare. Un muro enorme li divide dal resto della popolazione. Trattano spesso l’orgoglioso Pitt dall’alto in basso, lo obbligano a usare l’entrata di servizio, rifiutano di rispondere alle domande di un quasi servitore come un ispettore di polizia, generando ovviamente la sua rabbia. In queste circostanze è fondamentale l’aiuto di Charlotte, la moglie di Pitt, il secondo punto di forza di queste storie. Charlotte è un’altra fonte di disagio esistenziale per Pitt, perché essendo di famiglia altolocata (la sorella ha sposato un conte e lei stessa avrebbe dovuto seguire quel destino) gli ricorda continuamente la sua povertà di natali. A dire la verità, gliela ricordano pure i numerosi parenti di Charlotte, tutti ovviamente contrari al matrimonio con lo spiantato poliziotto nemmeno paragonabile a un buon maggiordomo. In ogni caso Charlotte è di estrema utilità nelle indagini del marito, che riguardano spesso omicidi nell’alta società; usa le sue conoscenze per interrogare mogli e fidanzate dei sospettati o sospettate anch’esse, può fare domande in salotti privati, avvicinare pezzi grossi e usare la sorella contessa come preziosa fonte di informazione sulle fortune e disgrazie della nobiltà e sugli eventuali moventi di delitti che queste possono generare. Aggiunge una nota di Jane Austen alla cupa nebbia che avvolge posti che si chiamano Cater Street, Paragon Walk o Bluegate Fields. Alla fine Pitt e Charlotte risolvono gli omicidi e il lettore finisce il romanzo con la consapevolezza che è meglio sposare un bravo e onesto ispettore che ti ama che un fesso e codardo nobile che ti tratta a gelidi pesci in faccia.

Ne avrei ancora da dire sugli investigatori letterari che preferisco, ma poiché il tempo è finito ne parlerò un'altra volta.

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