giovedì 20 giugno 2019

La bufala del calcio femminile


Da qualche giorno ci bombardano con questa boiata del calcio femminile. I giornali sono pieni di titoli sulla nazionale femminile di calcio impegnata nei mondiali. Le cronache non fanno che ripetere le imprese della suddetta squadra donnesca, in televisione si trasmettono le partite in prime serata con alti indici di ascolto. I belle e brave si sprecano. Belle? No, brave. Brave? Certo, ma anche belle. Insomma, pare che il calcio in gonnella, cioè in pantaloncini, debba quasi sostituire a breve quello classico praticato da giovanotti tatuati e palestrati. È veramente così o si tratta dell’ennesima bufala orchestrata dai mezzi di informazione, dall’estate che si preannuncia torrida e dal conformismo sociale, ora rafforzato anche da quella macchina massificatrice che è internet? È vera senza dubbio la seconda che ho detto. A nessuno, o a pochi, frega niente del calcio femminile e dopo questa breve parentesi modaiola le cose torneranno come sono sempre state.
Diciamo che ogni tanto i mezzi di informazione hanno bisogno di avviare una campagna, soprattutto d’estate, quando il sole picchia duro e la gente che bivacca sotto gli ombrelloni o si appresta a farlo reclama emozioni esotiche o eccentriche. Qualche tempo fa una di quelle emozioni era rappresentata nientepopodimeno che dalla vela. C’era la Coppa America e una nostra barca, Azzurra, otteneva qualche discreto e inatteso risultato. In poco tempo tutti i pantofolai e poltronai del Belpaese si trasformarono in esperti di vela che facevano le ore piccole per guardare in diretta le regate dall’Australia. Gente che non aveva mai visto il mare e che sarebbe affogata in un bicchiere d’acqua si mise a sproloquiare di spinnaker, bolina, strallo e skipper; di colpo tutti si videro nei panni di capitani ardimentosi di Conrad mentre solcano i perigliosi mari del Sud col viso indurito dalla salsedine e dai monsoni. Poi ovviamente la moda è passata e a nessuno è fregato più niente della vela. Molti, anzi, si sono chiesti quale stregoneria gli avesse fatto perdere il senno a favore di fesserie come il boma e la galloccia (ma poi qualcuno ha capito davvero che caspita è una galloccia?). Già, stregoneria, è questa la spiegazione. Ma una speciale forma di stregoneria che si chiama conformismo sociale, cioè la tendenza degli esseri umani, o almeno della maggior parte di essi, a uniformarsi alle mode, specie quando queste sono avviate da personaggi influenti o centri di potere che ci indicano il bello, il divertente o il giusto (altresì detto politicamente corretto). I centri di potere, non solo sportivi, quest’anno hanno sentenziato che andava di moda il calcio femminile e il bravo italiano medio, da buon gregario quale è, si è uniformato ai dettami e segue le partite in televisione e legge gli articoli o almeno i titoli che parlano di questo fenomeno.

Uno dice: scusa, non potresti sbagliarti? È vero, il calcio femminile finora non è stato molto seguito, ma le cose cambiano, la società evolve, ciò che ieri sembrava impossibile oggi spesso accade come se niente fosse. Forse anche il tuo ragionamento è appannato da qualche pregiudizio. La risposta è che no, non mi sbaglio. E dico perché. Il calcio femminile può essere seguito, per evidenti ragioni, solo da due gruppi di persone: le donne e gli uomini. Per quanto riguarda le donne, tranne le dovute eccezioni, esse hanno un interesse scarso o nullo per lo spettacolo di qualsiasi sport, soprattutto di quelli di squadra. Questo tipo di atteggiamento era conosciuto anche prima della nota canzone di Rita Pavone sulla partita di pallone (“la domenica mi lasci sempre sola per andare a vedere la partita di pallone”) e niente è cambiato nel frattempo. Probabilmente tale disinteresse femminile per lo spettacolo sportivo di squadra ha a che fare con meccanismi psicologici particolari, diversi da quelli maschili in tema di competizione sociale, di aggressività di gruppo e di facilità a immedesimarsi in situazioni di guerra simulata: tutti elementi che sono alla base delle tifoserie. Ciò che ci interessa è che le donne nella stragrande maggioranza non seguono gli spettacoli sportivi, se non per fare un po’ di casino in occasione dei mondiali di calcio o di eventi particolari. Ogni tanto si pensa che le cose debbano cambiare, ma in realtà tutto resta come prima.

Anche al secondo gruppo di persone, gli uomini, non interessa lo sport femminile, specie quello di squadra. Certo occasionalmente gli uomini possono vedere qualche singolo evento sportivo praticato da donne per sbirciare un po’ di gambe e qualche curva, bearsi quando qualche azione di gioco assomiglia alla lotta nel fango, e sentirsi molto intelligenti ed evoluti, quasi femministi, quando riflettono sul fatto che stanno guardando una partita di fanciulle quasi senza secondi fini. Ma presto quelle considerazioni sono sorpassate, e si torna alle cose che realmente danno emozioni e brividi sportivi. In proposito ricordo che alcuni decenni fa qualche volta si andava a vedere con gli amici le partite del calcio femminile. La motivazione che ci spingeva era una splendida giocatrice che militava nella squadra del mio quartiere: alta, avvenente, una vera valchiria bionda che faceva sfigurare fisicamente ogni altra avversaria sportiva. Tra di noi si sperava di sbirciare qualche fetta di gamba della valchiria, un ombelico all’aria se si era fortunati, forse un po’ di movimenti pettorali non ortodossi, ma in realtà ciò che si vedeva era pochissimo. Qualche volta si commentava anche in tono serio che in effetti la valchiria sapeva anche giocare a pallone, cosa che chissà perché sembrava assurda con il fisico che si ritrovava l’interessata. E poi? Poi la moda passò e nessuno degli amici di un tempo, a quanto ne so, ha più mostrato interesse per il calcio femminile. Anche forse perché l’invenzione di internet ha dato l’occasione di ammirare il corpo femminile in contesti più appaganti (a differenza di ciò che appare, l’ultima affermazione non contiene alcuna allusione sconcia).
In definitiva, forse è una realtà brutta da dire, ma non per questo meno vera, è tutto lo sport femminile che desta poco interesse negli spettatori, se non quando si collega allo sport maschile, come può succedere alle Olimpiadi o ai tornei del Grande Slam tennistico, quanto le tenniste giocano alternandosi ai colleghi maschi sugli stessi campi. Probabilmente il calcio femminile, per avere davvero successo, dovrebbe obbligare gli uomini a giocare i mondiali di calcio insieme o, meglio ancora, far approvare una qualche clausola di pari opportunità che obblighi qualunque squadra di calcio ad inserire nel loro organico almeno la metà di donne.

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