giovedì 18 febbraio 2010

Il boxeur e la ballerina

Ero adolescente e andavo pazzo per il cinema (il cinema mi piace ancora solo che non vado più a vederlo nelle sale). Era il periodo della Contestazione, io sognavo un po’ di diventare un grande rivoluzionario e un po’ mi vedevo nei panni dell’Uomo Ragno che salva la bella Gwen da qualche supercriminale alla Octopus (non c’erano ancora Spider-man e Mary Jane). Quando inclinavo verso il rivoluzionario, leggevo Paese Sera o La repubblica. Spesso preferivo Paese Sera, non da ultimo per le recensioni cinematografiche di Callisto Cosulich, il per me indimenticabile curatore e presentatore del ciclo di film su Billy Wilder nella Rai riformata. Cosulich era un critico vecchio stampo alla Claudio G. Fava, quelli con il calzino rigorosamente scuro fuoriuscente dalla gamba accavallata in poltrona che ti torturavano con dieci minuti di chiacchiere incomprensibili prima di farti finalmente occhieggiare sotto la gonna di Marilyn Monroe in bianco e nero. Di solito era serioso e palloso come i suoi colleghi di attività; però era uno innamorato del racconto cinematografico anche quando assumeva connotazioni di romanzo popolare.

In quanto aspirante (capo) rivoluzionario andavo al cinema d’essay ogni lunedì, preferibilmente dopo aver letto un articolo positivo di Callisto Cosulich su Paese Sera. Nella mia veste di Uomo Ragno salvatore di donzelle, tuttavia, cercavo di indirizzarmi sui titoli più avventurosi o romantici. Uno di questi lunedì Cosulich scrisse molto bene di un film che non aveva avuto un grande riscontro di pubblico, Il Boxeur e la ballerina.

Erano due film in uno, come accadeva per gli spettacoli del cinema antico, di cui la pellicola voleva ricreare le atmosfere. Ogni film durava un tempo. Il primo film parlava di boxe: non ricordo molto, solo che c’era un pugile che voleva sfondare, che ne prende tante, ma che a un passo dalla sconfitta sul ring capovolge l’esito del match a causa dell’amore di una fanciulla, opportunamente comparsa a bordo ring a rivitalizzare le energie scemanti. Nel secondo spettacolo c’era un briosa ballerina degli anni Venti o Trenta (ma  pure il boxeur era di quegli anni) che ballava (benissimo, vincendo credo una qualche gara della vita) con un ballerino particolarmente alto. Mi è rimasto proprio impresso questo partner alto. La ballerina sembrava ancora più graziosa accanto allo spilungone. Tutti e due i film avevano l’happy end, proprio perché si ispiravano al vecchio cinema per così dire d’appendice di cui si è detto. Cosulich, estasiato, citava Charlie Chaplin o esempi di grande letteratura popolare come I miserabili.

Decisi in un batter d’occhio di non perdermi quel film: nella prima storia avrei potuto immedesimarmi nel boxeur che vince dopo essere stato a un passo dalla disfatta e nella seconda avrei stretto tra le braccia l’affascinante ballerina che avevo visto in una foto sul giornale. Prendo il tram e raggiungo il cinema d’essay, pagando il biglietto superscontato. La sala è poco frequentata, chi diavolo potrebbe andare a cinema il lunedì pomeriggio in un posto scordato da Dio? Bene, scelgo il posto migliore, centrale, né troppo vicino né troppo lontano, mi sistemo al meglio, si spengono le luci: via, l’avventura può iniziare. Il film ti prende subito, in due secondi già tengo per il boxeur e sento fischiare nelle orecchie il tema musicale di Rocky. A un tratto però c’è un imprevisto. Qualcuno rumoreggia nella sala. Sarebbe più esatto dire che qualcuno ride, o meglio si sganascia dalle risate. Niente paura, mi dico, un disgraziato ha avuto un attacco di ridarella, gli passerà. In effetti gli passa, ma poi la risata torna a echeggiare nelle tenebre cinematografiche. Ogni volta più lunga e sardonica che mai. Il problema, oltre al fastidio sonoro, era che il film non era comico, quindi ti facevi delle domande.

In qualche modo si arriva alla fine del primo tempo, naturalmente con la risata fantasma che non ti ha fatto godere nemmeno un po’ dei cazzotti che il boxeur appioppa al rivale. Si accendono le luci. Sorpresa: l’allegrone non è un teppistello maleducato dirottato chissà come in quel cinema d’essay. Ma un signore il giacca e farfallino, e perfino in panciotto, che sembra addirittura più intellettuale del tuo professore anticonformista di filosofia. L’intellettuale in farfallino aveva in mano la stessa mia copia di  Paese Sera e leggeva, così notai, lo stesso articolo di Callisto Cosulich che mi aveva condotto lì. Leggendo l’articolo continuava a ridere pure nell’intervallo e ogni tanto scuoteva la testa come se trovasse assurdi gli apprezzamenti che il critico faceva al film, che a occhio e croce non suscitava la sua stima incondizionata. Naturalmente era del tutto fuori questione che un ragazzino come me intimasse di stare zitto a quel po’ po’ di professorone intellettuale. Forse mi avrebbe ucciso con una delle sue risate letali. Il cinema quasi deserto faceva intendere che nessun altro lo avrebbe fatto al mio posto.

Per alcuni lunghi minuti sperai che il disturbatore abbandonasse la sala, dato che il film riscuoteva un così scarso consenso da parte sua. Non lo fece. Se ne restò per tutto l’intervallo a rumoreggiare e scuotere il testone leggendo l’articolo di Cosulich. E se ne restò per tutto il secondo tempo a sganasciarsi dalle risate. Forse è per questo che non ricordo nemmeno una scena della storia della ballerina.

17 commenti:

  1. Questo post mi fa tornare con la mente indietro nel tempo. Quando si andava al cinema e le sale erano talmente piene che qualcuno sceglieva anche di vedere il film in piedi. Quando si vedeva lo stesso film anche nella programmazione successiva. Ora mi pare che al cinema vadano solo i bambini e chi non ha dimestichezza con internet. Eppure ricordo quel periodo con nostalgia. Che emozione quando si spegnevano le luci in sala e iniziava la proiezione. Io restavo lì sino all'ultimo titolo di coda.:)

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  2. Cleide, vero, altri tempi. il cinema era un'avventura, un sogno, mica come ora. Vera l'emozione profonda che ti prendeva allo spegnersi delle luci.
    Anche i critici televisivi erano utili. Ti tediavano a morte prima del film in modo da fartelo godere di più quando cominciava.

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  3. Mi sono ripromesso di andarlo a guardare:-)

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  4. Non fosse che non è delle tue parti, direi che quel po pò di intellettuale sarebbe potuto essere Mughini. In ogni caso disapprovo qualsiasi tpo di critica beffarda, non mi piacciono i ghigni che al pari delle smorfie sono segno di "pocchezza" verbale. A questo punto in quel cinema, avrei preferito uno Sgarbi che bestemmia ad alta voce che non un simile personaggio.

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  5. baronerosso, non credo tu possa guardarlo. Certo non a cinema, dato che è un film che avrà più di un quarto di secolo e ritengo sia introvabile pure in dvd. Grazie per aver letto interamente il post come attesta il tuo commento.
    gians, Sì, aveva qualcosa alla Mughini, non ricordo molto di lui, solo questa risata sprezzante. Non ricordo nemmeno se abbia riso tantissimo durante il film. So che però mi faceva vergognare perché a me il film piaceva.

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  6. CASSANDRO

    Pienamente d’accordo, Cap. con la tua considerazione “Il cinema era un'avventura, un sogno, mica come ora. Vera l'emozione profonda che ti prendeva allo spegnersi delle luci”. Da aggiungere soltanto che era un’avventura che ti toccava l’anima: si seguiva il film in silenzio, senza l'antipatico cric croc delle patatine, e si usciva sempre un poco diversi da come eravamo entrati (Lo stesso mi capitava, pur essendo giovanissimo, quando uscivo da un teatro dove era stata recitata una qualunque opera con regia di Strehler).

    E complimenti anche a chi tuttora resta fino all’ultimo titolo di coda. Il regista dà spesso il meglio di se stesso in quei titoli e nella musica che l’accompagna (oggi mi capita di sentirmi “L’ultimo uomo sulla terra” -- rubo il tuo logo, Capitano -- a vedere lo scorrere delle scritte mentre gli inservienti, a luci accese, ripuliscono la sala dagli enormi contenitori dei pop corn e dai bicchieri di coca cola e fanta . . . in attesa della carica dei nuovi arrivi: che fossimo tornati all’”Avanti un altro” dei vecchi medici della mutua?

    E che dire dei tempi in cui, specialmente d’estate nelle arene venivano proiettati “2 films 2”? . . . e si entrava alle otto di sera e si usciva a mezzanotte, dopo avere divorato almeno due mottarelli!

    Oggi il cinema è molto cambiato, essendo cambiato il luogo di proiezione: alludo specialmente alle multisale o a quelle distraenti cittadelle, dove il cinema è solo uno dei tanti posti di ritrovo.

    A me capita a volte di frequentare queste, ubicate in genere alla periferia della città, specialmente per la comodità del parcheggio e perché nel complesso mi diverte e mi interessa venire a contatto con tanti giovani di estrazioni diversissime che danno vita ad una galleria di personaggi, con dialoghi degni del miglior teatro dialettale.

    Che sotto sotto mi servisse questa frequentazione anche per bilanciare qualche precedente sensazione? Ciò in quanto ritengo che in ogni uomo c’è spesso un altalenare di . . . . . . . .


    DEPRESSIONE E INVIDIA

    Da sentimenti strani son percorso,
    non sempre positivi, ahimè,
    che variano, e son sempre più orso
    in base a chi incontro, e cioè:

    vado al concerto e, tac, sbatto qui
    in vecchi che più vecchi non si può,
    preludio, ovvio, a ciò che sarò,
    e quindi: depressione lì per lì.

    Allora vado a cinema e vi trovo
    giovani splendenti come io
    un tempo fui e, tac, dentro mi scovo
    invidia atroce, ahimè! . . . Il tempo mio

    è quello grigio in mezzo, quello di
    chi lotta, ma purtroppo non riesce,
    ad essere qualcuno, e vive qui,
    siccome ombra, né carne né pesce!


    Dato che indietro non posso tornare,
    e avanti non ci voglio proprio andare,

    torno a sentirmi barca in mezzo al mare,
    che non sa più per dove navigare.

    Che fosse la salvezza naufragare?

    (Cassandro)

    a

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  7. Cassandro carissimo, grazie come al solito per le tue riflessioni. Ci sarebbe da dirne molte sul tuo commento, ma voglio soffermarmi su un solo aspetto: i titoli di coda. I titoli di coda che nessuno guarda più. La fuga e e il disinteresse all'oscuramento dello schermo attesta la barbarie del mondo contemporaneo, o per meglio dire la morte del cinema come Sogno con la esse maiuscola. Io restavo pietrificato sulla sedia quando scendevano sullo schermo i titoli di coda, e continuavo a fantasticare ascoltando la colonna sonora. Era quasi quello il meglio del film: hai vissuto un avventura straordinaria in prima persona, hai sconfitto avversari malefici, sei sopravvissuto all'indicibile, hai conquistato una donna da favola e hai ancora sulle labbra il sapore del suo bacio finale... mi spieghi come può un qualsiasi mortale alzarsi dalla poltrona e scattare verso l'uscita pensando a mille altre cose?
    No, Se tu hai vissuto un Sogno non puoi alzarti da quella poltrona. Non puoi alzarti perché non ce la fai. E non puoi farlo perché vuoi prolungare ancora il Sogno, ancora per qualche minuto, ancora per il tempo che scorrono quelle parole sullo schermo e che la colonna sonora ti coccoli ancora per un po'. Alzarti dalla poltrona prima della parola The End, così mi pareva a volte, era un po' come tradire il film che avevi visto.
    Un saluto agli amici.

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  8. "Il boxeur e la ballerina". Non potevano tradurlo "Il pugile e la ballerina"? Già il titolo è troppo difficile. Buon per lui che ride, infatti non mi sarebbe stato antipatico per quello, ma perché tutta 'sta fatica di leggere un lungo articolo per ridere (immagino che in ogni istante stesse ridendo della scena di mezz'ora prima), che sforzo intellettuale, poteva vedere Fantozzi così la risata era istantanea. Per non parlare di quelli che all'uscita del cinema ti fanno la recensione a voce: ma che hanno preso appunti? C'è chi come me non ha difficoltà a spegnere (o tenere spento) il cervello al cinema, altre persone farebbero meglio a prendersi un litro di camomilla prima, rallentare il loro cervello iperattivo, non fare al cinema gli straordinari per il loro lavoro di opinionisti. Siamo noi che paghiamo il cinema, non viceversa.
    Tu il cinema te lo sai gustare, lo si vede dal fatto che neanche ti ricordi quanto rideva...

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  9. Olà, Emiliano, guarda chi si rivede :-)
    Qualche piccola precisazione. "Il pugile e la ballerina" è in realtà un altro film, italiano, di due anni fa. Ho letto un po' la trama, ma non mi ispirava.
    Il titolo originale di questo film, "il Boxeur e la ballerina", è "Movie movie" (allude credo al fatto che ci sono due film in uno come ho cercato di dire nel post). Il titolo italiano mi pare molto più efficace come in altre occasioni. Si provi a paragonare l'originale "Liberazione" (così l'ho tradotto) con "Un tranquillo week-end di paura", "Jeremiah Johnson" con "Corvo rosso non avrai il mio scalpo", "La società dei poeti morti (o estinti)" con "L'attimo fuggente" eccetera.

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  10. bel post, di amore per il cinema.

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  11. Ma, lo sai che leggendo i post, non so perchè mi è venuta in mente un'altra cosa....
    Ho un vero amore per la radio e per la lettura piuttosto che per il cinema... qualche anno fa, uno speaker che apprezzavo, parlò così tanto bene di un libro che lo comprai curiosissima di leggerlo.....
    Che schifezza! il libro intendo... e mi venne da ridere dopo qualche pagina.
    Forse il signore, rideva per come si sentiva :
    Uno stupido! magari per vedere il film dopo la recensione aveva litigato con la sua signora e aveva mancato ad un appuntamento...
    Però lo sai cosa ho pensato, in un lampo di intuizione... che tu non lo hai riconosciuto, ma quello era Cosulich! Che andò a vedere il film dopo che aver scritto la critica :-)
    Io nel mio periodo di contestazione leggevo come la bibbia l' Espresso e panorama, il primo fa il copia e incolla da allora :-).
    Ho cambiato piattaforma.

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  12. Fiore carissima, mi è piaciuto il tuo lampo di intuizione, poteva essere davvero Cosulich quello che rideva.
    Tutti noi cambiamo piattaforma col tempo, mica possiamo rimanere quelli dei sedici anni. :-)

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  13. In verità ti dico che mi piace stare comoda sul mio divanozzo e godermi i film in santa pace al contrario di mia figlia che preferisce il cinema.
    Poi ti dico che mi è arrivato il tuo libro e che per svariati motivi non l'ho ancora aperto :-(

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  14. lux carissima, il divanozzo ha i suoi pregi, ma pure il cinema.
    Leggi pure con calma il mio romanzo, quando sei serena. Un augurio a te e alla tua famiglia, spero che stiate tutti bene.

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  15. E' una vita che non vado al cinema,l'ultima volta (ora ci va con le amiche)per accompagnare Giulia a vedere un film d'animazione in una multisala dove nessuno fuma (fortunatamente) più,e dove si trova il più grande esercito dei divoratori di mega confezioni di popcorn! Il cinema che ricordo è quello dove si poteva entrare anche a spettacolo iniziato,e trovare un posto nell'oscurità poteva essere un vero problema.Platea o galleria l'unica scelta. Grande, affascinante e colorato,si perchè con la tv che trasmetteva ancora in bianco e nero,al cinema i colori mi sembrava che dominassero la scena! A proposito dei titoli di coda...molto spesso i film sono portatori di colonne sonore incredibili ed io aspettavo(e tutt'ora aspetto) proprio quei titoli per scoprire gli autori di quelle musiche e aver così la possibilità di cercarle e riascoltarle...una volta attraverso lp o musicassette,adesso con cd o you tube!
    Ciao mio Capitano,buona giornata:)

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  16. Abbiamo un elemento in comune: amiamo il cinema ma non andiamo più nelle sale cinematografiche. Forse per mer è più comodo vedere i film su sky, in poltrona...
    Ciao a presto.

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  17. elle, ogni tanto riaffiora qualche brandello di ricordo sopito cinematografico. Vero che si entrava a film iniziato e si cercava nel buio il posto a sedere. Io che cercavo di trovarmi nel cinema a inizio del film mi sentivo un tipo un po' sull'originale.
    Paolo Borrello, il cinema su sky si vede benissimo, mi è capitato di sbirciarlo una volta. Mia nipote tuttavia dice che è roba per chi ha, non per il proletariato come noi. Così dice lei, immagino che si sarà informata.
    Un saluto agli amici del blog.

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