Prima stazione: il trombettista. Piazza Garibaldi, Napoli: c’è un trombettista che suona non lontano dalla statua dell’Eroe dei Due Mondi. Un musicista di strada, sui quaranta, sfatto, all’apparenza povero e, sempre all’apparenza, sconfitto dalla vita. E’ accompagnato da due colleghi alla chitarra e alle percussioni malridotti almeno quanto lui. Eppure tutti e tre ridono: sono vivi, c’è il sole e stanno suonando, non gli manca niente per essere felici. Il trombettista fa un assolo utilizzando una sola nota stridente, al massimo due, ripetuta in modo ossessivo e con intervalli diversi, è una forza della natura. Lo guardo negli occhi e mi pare di vedere in lui il ragazzino che sognava tanti anni prima, sei forte, non ti arrendere mai, e non farti infinocchiare da quelli che ti dicono che avresti dovuto fare un’altra vita, guardati mentre suoni quest’unica nota in questo paesaggio unico che sono le strade di Napoli, sei grande, mi fai quasi piangere tanto sei grande, la vita non ti ha sconfitto e non credere a chi ti dice il contrario.
Seconda stazione: puttane, neri, cinesi ed io. Faccio qualche passo e arrivo a Porta Nolana.
Ci sono tre puttane africane, due parlano tra di loro in un idioma incomprensibile, con un tono tranquillo da massaie che raccontano l’ultima della suocera o del ragazzino che ne ha combinato un’altra a scuola, quella che non parla mi fa l’occhiolino. Più avanti, un negozio cinese di scarpe. Ho adocchiato un modello a buon prezzo, ma il negozio è stretto e un nero africano e un biondo forse ucraino occupano lo spazio che mi interessa. Il cinese gestore del negozio, spalleggiato dalla moglie o presunta tale dalla cassa, spia come un falco le mosse del nero e dell’ucraino pronto a bloccarli se gli viene l’idea di fregargli la merce senza pagare. Esco, il nero e l’ucraino la buttano per le lunghe e non ho nessuna voglia di guardare le scarpe con il cinese pronto a menarti alla Bruce Lee se ti scappa un gesto non ortodosso.
Terza stazione: la ragazza cannone. Piazza Dante, diversi adolescenti chiacchierano. Noto una ragazza grassa, ma ancora abbastanza giovane per poter indossare pantaloni aderenti senza sembrare ridicola. E’ gonfia dappertutto, tette, pancia, fianchi, cosce, ma il suo corpo ancora deve afflosciarsi. E’ accompagnata da un ragazzo alto e secco con l’aria da bravo giovanotto senza troppa immaginazione. Mi dico che la ragazza abbondante ha fatto appena in tempo a trovarsi il moroso: tra un paio di anni sarebbe stata troppo obesa anche per accalappiare un ragazzo casa e chiesa di quelli secchi e alti che spesso si accompagnano alle ragazze troppo grasse, e le sposano e gli stanno accanto anche quando sono diventate mongolfiere. Penso che capiterà così anche in quel caso. Il ragazzo secco e tranquillo e la ragazza grassa si sposeranno e staranno insieme a lungo, anzi per sempre, finché uno dei due non morirà, e curiosamente penso che sarà il ragazzo magro a morire per primo, anche se sembra in perfetta forma, nemmeno un filo di grasso, probabilmente non ha e non avrà vizi, non fuma, non beve, niente eccessi. Perché penso così? Boh, ma è così che penso.
Quarta stazione: il pazzo, naturalmente. Il pazzo lo vedo al Rettifilo, altresì detto corso Umberto. Nonostante il caldo è vestito con un giaccone pesante che cade a pezzi; un paio di pantaloni sudici sono mantenuti in bilico sull’orlo del culo da un miracolo gravitazionale. Non guarda nessuno e tutti i passanti fanno a gara per scostarsi da lui. Chi va nella sua direzione e ha un passo che lo porterebbe a raggiungerlo decide che è il caso di fermarsi a guardare una vetrina, ma non perché il pazzo gli faccia schifo o paura, intendiamoci, e che mica siamo snob razzisti, noi vediamo Santoro e Fazio, siamo quelli bravi, ma avremo o no il diritto di guardare le vetrine quando ci pare e piace? Il pazzo ovviamente sbraita come un pazzo. Urla a tutta voce parole incomprensibili che potrebbero essere pure straniere, eppure è italiano. Non so come lo so, ma lo so. Lo seguo. Ormai ho capito: i suoi sfoghi verbali seguono un ciclo. Sbotta da indemoniato contro il mondo senza guardare nessuno, si calma per una trentina di metri e via con un altro scoppio di ira o forse di impotenza. La gente si scosta come se dovesse prendersi il batterio killer tedesco del cetriolo se passa a meno di tre metri dall’esaltato. Io continuo ad avvicinarmi al pazzo. Non credo sia un portatore da batterio killer, inoltre non mi pare di rientrare nel novero di persone che fanno incazzare i pazzi metropolitani con la loro aria da fessi e pasciuti consumisti benpensanti. Comunque quando lo avrò raggiunto si vedrà se ho ragione.
Quinta stazione: un vecchio con una busta di plastica attende la morte. Un vecchio alla stazione della Circumvesuviana. Mi chiede se quello in cui sono seduto è il treno per San Giorgio a Cremano. Confermo che lo è. Il vecchio si siede vicino a me anche se il treno è completamente vuoto. Ha una busta di plastica in mano con degli effetti personali dentro, panni vecchi, forse abiti, chissà, roba che mette malinconia. Non sembra un barbone, solo un vecchio che ha lavorato da manovale tutta la vita per pochi soldi e che ora aspetta di morire. Io penso che morirà un giorno con in mano una busta di plastica come quella che porta e nessuno si ricorderà di lui, forse solo una figlia che lo va a trovare di tanto in tanto, non tanto spesso e sempre con l’aria colpevole. In effetti il vecchio mi racconta che ha una figlia e dice che ha lavorato in Inghilterra per anni, lì sì che le cose vanno bene, dice, ah, lui prima non era mai sceso così in basso da dover prendere i mezzi pubblici, aveva una macchina, lui, e la guidava da Dio, lui, poi ha avuto qualche incidente, si trovava a sbagliare strada, si trovava in un posto e non sapeva come ci era arrivato, ha dovuto mollare il volante, così la figlia, quella che verrà al suo funerale con l’aria colpevole di quando lo va a trovare a casa di tanto in tanto, gli aveva detto: papà, visto che tu la macchina non la usi e devi pagare lo stesso assicurazione e spese, perché non la dai a me? E così aveva fatto, il vecchio. Aveva dato la macchina alla figlia e ora era costretto a prendere mezzi pubblici che non capiva e mai avrebbe capito. Vorrei dirgli: non morire per strada con quella busta di plastica piena di panni vecchi che odorano di lavori malpagati e morte, ti prego, fammi questo favore.
Meno male che ti sei fermato alla quinta stazione della Via Crucis partenopea. Sono stata assalita dall''angoscia. Santo cielo Francè:)
RispondiEliminaLa strada è la strada, non sempre è il posto per spettacoli rassicuranti.
RispondiEliminaC'è anche dell'altro per la strada. Sempre che gli occhi e l'animo siano predisposti a coglierlo :)
RispondiEliminaHo guardato attentamente, credimi, e non ho visto neppure un partecipante del Grande Fratello o delle trasmissioni della De Filippi. Se li avessi visti, quello sì che sarebbe stato uno spettacolo angosciante :-)
RispondiEliminaDevi sempre estremizzare.:)
RispondiEliminaCASSANDRO
RispondiEliminaGiusto. Come dice Cleide “C'è anche dell'altro per la strada. Sempre che gli occhi e l'animo siano predisposti a coglierlo”.
In tono quindi con tale invito e con i vari personaggi della tua “Via crucis partenopea”, descritti in maniera assolutamente magistrale, se mi consenti passerei ad una
sesta stazione, nella quale si contempla la inconsueta presenza di . . . . . . .
D U E M E N D I C A N T I
Non è più tutto macilento, no,
con la sua bella barba da profeta
ed il bastone, dove tra un po’
si appoggerà per mendicare. Lieta
sta lei accanto a lui e non più storta,
piagnucolante e testa qua e là
con tremolio, discinta, quasi morta,
e biascicando “Ho fame, carità!”.
Or sono sui gradini della chiesa
a chiacchierare assai tranquillamente:
è presto ancora per stare in attesa
dei turisti e miserevolmente
chiedere l’elemosina. Per ora
chiacchierano e ridono fra loro,
per poi ricominciare quasi in coro,
e ognun per sé: “Pietà . . . Un soldo, Signora!”
Non lo so più se sono mendicanti,
lavoratori in proprio o lestofanti.
(Cassandro)
il
Scusate... è stato poetico!
RispondiEliminaMa laui sta parlando di Napoli, e quella ce la fanno vedere tutti i giorni ai tg, e invece di quella dei tg ci ha raccontato sentimenti
Carissimi Cassandro e Fiore, la strada è ciò che ho rappresentato nel post o altro, magari un "altro" più divertente e leggero? E' chiaro che ho fatto delle scelte sui personaggi da rappresentare, i quali però sono esattamente come li ho raffigurati, almeno nella mia percezione. Si muovono anche altri personaggi nelle strade cittadine, è chiaro. Per esempio ieri ho visto due bone (vorrei che ci fosse un altro modo di descriverle ma le due signore che ho visto io erano proprio bone, abbigliate in vestiti quasi inesistenti e tacco dodici, che camminavano come ubriache sculettando a manca e a destra (forse era solo colpa dei tacchi folli su cui si muovevano: come si vede c'è qualcosa di folle o di pazzo in un tutti). Se le avessi viste prima le avrei di certo inserite nel mio post, perché a pensarci bene il loro atteggiamento non era meno disperato di quello dei tipi che ho descritto.
RispondiEliminaIn ogni modo la strada è la strada già da prima di Fellini: cioè un luogo un po' pazzo, un po' disperato, un po' triste, un po' eccessivo. Probabilmente la strada è il posto in cui l'essere umano è più se stesso.
Un saluto agli amici.
Mio Capitano è la realtà di una umanità varia che nella sua folle organizzazione crea emarginazione e disumanizzazione. Non tutti riescono ad inserirsi in questo disegno di sviluppo dove per poter contare devi avere il pelo sullo stomaco e farsi largo sgomitando senza stare a vedere poi cosa succede. Una umanità a volte lacerata ed incolpevole alla quale però abbiamo fatto l'abitudine e quasi non ci fa più nessun effetto. Solo persone sensibili come te riescono a cogliere questi particolari. Nelle nostre città sempre più chiuse in se stesse non si hanno più gli occhi dello spirito che può farci vedere oltre, può farci percepire la sofferenza e l'emarginazione. Sarà sempre più dura perché la dimensione di sviluppo sempre più competitivo creerà ancora più emarginazione. Riprendere le redini della propria vita e ricominciare a guardarsi intorno, a guardare questa varia umanità che ci circonda ognuno con i propri dolori ed i propri bisogni e parteciparli per quanto riusciamo e ne siamo capaci.
RispondiEliminaDifficile ma forse possibile!
Ciao.
berardo
Anonimo ha detto...la realtà descritta da de andrè in modo magistrale nelle sue canzoni, la società parallela di cui pochi si occupano e male, sono le persone migliori proprio perchè ne vivono ai margini e non ne assorbono i veleni. Ogni tanto mi chiedo che fine ha fatto il pazzo lucidissimo con cui mi sono intrattenuta una notte alla stazione di Milano su una panchina e che mi ha spiegato il mondo spostando monetine sul sedile. Poi le stazioni sono piene di persone che girano con la propria casa raccolta tutta dentro una busta di plastica, macerie umane che a nessuno passa per la mente di ricostruire e che la società usa e sventola come un monito a chi non si comporta bene, non rispetta le regole. Bellissimo il tuo scritto.
RispondiEliminaole /.) by schizzigocceecapricci.tiscaliblog
Saluto agli amici Berardo e Sally Brown. Sarebbe piaciuto pure a me parlare con il pazzo di sallybrown che spiegava il mondo spostando monetine sul sedile.
RispondiEliminaDato che ho ricevuto le rimostranze di Cleide su qualche atmosfera angosciante del post, ecco che diluisco il tutto con un paio di notizie di gossip (le quali, come sempre accade in questi casi) potrebbero essere perfino più angoscianti della mia personale via Crucis.
Prima notizia chiacchieratissima, George Clooney ed Elisabetta Canalis si sono lasciati con un comunicato stampa dopo due anni. Fioriscono le interpretazioni del fatto: il fidanzamento era finto, solo un fatto mediatico, probabilmente regolato da un contratto dettagliatissimo con obbligo assoluto alla riservatezza. Se anche il fidanzamento Canalis-Clooney fosse stato finto,che vantaggio ne avrebbero avuto entrambi? Il vantaggio della Canalis è evidente, su quello di Clooney fioriscono ancora una volta le ipotesi. La più gettonata è che Clooney sia gay in segreto, ogni tanto avrebbe bisogno di rinvigorire la sua immaggine virile (soprattutto per questioni di ruoli cinematografici) accompagnandosi a una bellezza tipo la Canalis vincolata da un contratto con obbligo alla riservatezza. A fine carriera, come Rock Hudson, dice questa teoria, Clooney annuncerebbe la sua omosessualità.
La seconda notizia riguarda il chiacchieratissimo (dalle donne o da alcune donne) manifesto del partito Democratico sulla prossima festa dell'Unità a Roma. Il manifesto rappresenta una gonnna sollevata da un soffio miracoloso di vento che mostra due gambe da spettacolo. Lo slogan è: "Cambia il vento". Se lo slogan è riferito politicamente a Berlusconi, egli potrebbe opportunamente obiettare: mi pare sempre lo stesso vento che piace a me.
Inutile dire che il manifesto del PD ha scatenato le proteste di femministe, donne militanti, circoli femminili e pare sia atteso un passo di Rosy Bindi per farlo ritirare. Peccato, il manifesto non era male ed era pure spiritoso, ammesso che uno sia disposto a ridere.
E finisco con un Olé alla Sally Brown.
Caro Capitano per la notizia di Clooney e la Canalis (era pure carino la sigla C+C)ho sentito il grande capo Estiqaatsi che mi ha elargito parole sagge!!
RispondiEliminaCiao.
berardo
Bera', mi viene da dire No Martini no party, chissà se c'entra con la questione :-)
RispondiElimina"noi vediamo Santoro e Fazio,SIAMO QUELLI BRAVI",del tuo post è la frase che ritengo la più incisiva,perchè spesso quando camminiamo per strada e c'imbattiamo in questi personaggi, o non li vediamo per niente tanto siamo presi dai pensieri o abbiamo la presunzione di sentirci migliori,o quantomeno su un gradino più elevato,appartenenti a un mondo diverso quando invece siamo tutti sulla stessa linea nella stessa strada e ciascuno di noi se osservato attentamente ha una storia da raccontare,anche se il lieto fine non sempre come è assicurato!
RispondiEliminaCiao,buon fine settimana.
Elle carissima dici il vero, ciascuno di noi ha una storia da raccontare. A me delle volte sembra di intuirle, quelle storie, guardando una persona muoversi e agire. La parte brutta è quando quelle storie mi sembrano tutte uguali, ma fortunatamente non mi capita di pensarlo sempre.
RispondiEliminaIl fine settimana si preannuncia caldo, oggi si schiatta in quel di Napoli, sembra agosto e invece non è nemmeno luglio. Un abbraccio a te.
La strada (o una parte di essa) l'abbiamo vista nel post. Ecco invece la NON STRADA, riferita al matrimonio di ieri del ministro Mara Carfagna (ex valletta di Rai 2 come si ricorderà), svoltosi al castello di Toirreinpietra a Capri, testimone di nozze Berlusconi. Il seguente brano è tratto dal Corriere della Sera e si riferisce all'abito della sposa-ministro:
RispondiElimina"L'abito nuziale della sposa è stato disegnato da Pinella Passaro, sarta salernitana che disegnò il vestito per il matrimonio della madre. È un abito bianco in pregiato mikado in seta con un lunghissimo velo di tulle in seta ricamato lungo i bordi, con un pizzo di Bruges, fatto arrivare appositamente dal Belgio. Abbondante, ma non troppo, lo strascico di circa un metro e mezzo. Il vestito, che lascia spalle e parte della schiena scoperte, è adornato con un lungo velo trasparente di tre metri appoggiato sul capo e dal classico buquet di roselline bianche. Total blu, invece, per lo sposo e i testimoni. Abito lungo color porpora per la Gelmini, mentre la Meloni ha scelto per l'occasione un vestito corto color turchese."