domenica 13 marzo 2011

Giapponesi con le palle

Da loro: Viene il terremoto più forte di tutti in tempi in Giappone e se ne stanno composti. Osservano l’oscillare pericoloso dei palazzi quasi con misticismo zen. Se stanno seduti si alzano in piedi. Se stanno in piedi si siedono. Al massimo gli scappa un poffarbacco nella lingua del Sol Levante. Con un telefonino o qualche altra diavoleria elettronica delle loro parti, riprendono l’Alba del Giorno Dopo in cui stanno recitando loro malgrado: tanto, pensano, stiamo senza fare niente e se si deve morire è sempre meglio farlo somigliando a uomini e non a galline spaventate.

Da noi: Viene una scossetta di assestamento di enne alla meno due gradi Richter, lagne, grida di spavento in formato dolby surround, invocazioni al Cielo, gente che si sbraccia, gente che fugge dovunque travolgendo vecchi e bambini pur di salvarsi. Capannelli di strepitanti persone accampate in strada anche se non si vede un palazzo crollato nel raggio di chilometri, e men che meno morti o feriti gravi. Però è sempre meglio rimanersene in strada a lamentarsi in televisione della protezione civile che non ha previsto il terremoto o di questo governo di ladri che ancora non gli ha portato la colazione a letto in un hotel di prima classe.
Da loro: il terremoto più potente di tutti i tempi scuote il parlamento giapponese e i deputati, con più flemma di Mr Phileas Fogg al ritorno dal giro del mondo in 80 giorni, osservano i lampadari fare la gimkana e i muri ballare la samba. Alcuni commessi avvertono di tenersi alla larga dalle finestre e i parlamentari eseguono muovendosi come se fossero in fila alla galleria Pitti. Come fa rilevare un giornale, tra il primo ministro Naoto Kan presente in parlamento e il sisma che scuote la terra, il più sorpreso e spaventato tra i due sembra il secondo.
Da noi: Scossetta di assestamento: alla camera dei deputati c’è un fuggi fuggi generale con i commessi che più che avvertire di tenersi lontano dalle finestre si buttano dalle stesse per avere salva la vita. Alcuni onorevoli strillano che baratteranno il loro voto in parlamento per un salvataggio in extremis, rinunciando persino al promesso posto di sottosegretario all’Intrallazzazione Pubblica. Otto deputati, equamente divisi tra maggioranza e opposizione, muoiono schiacciati dalla calca urlante e isterica che cerca scampo intasando le uscite.
Da loro: Le televisioni di mezzo mondo danno la caccia ai sopravvissuti implorando racconti di sangue e arena, in cui possibilmente si citino i quattro cavalieri dell’Apocalisse. Gli inviati speciali sono disposti a pagare a peso d’oro un resoconto, anche taroccato, di un atto di eroismo da mandare in onda in prime time ora della costa atlantica. Ma trovano solo alcuni schivi interlocutori che non mettono insieme due parole in croce e che soprattutto non accettano in alcun modo di passare per eroi. Un signore sopravvissuto allo tsunami di Miyagi, dove hanno perso la vita 10000 persone, si rifiuta di rilasciare interviste, anche se è stato visto salvare la vita a 12 persone, tra cui cinque bambini. “Mi confondete con qualcun altro”, dice anche se sul corpo ha ancora le ferite procuratesi con il suo eroismo.
Da noi: Le televisioni non hanno bisogno di cercare eroi perché si presenta davanti ai loro microfoni una moltitudine che millanta di aver salvato molte più persone di quelle che abitano nei territori interessati dalla scossetta. Un tizio con la faccia da cialtrone giura ai microfoni dei tiggì tre e cinque che ha salvato due vecchie signore intrappolate sotto le macerie, anche se è stato salvato dal suo cane dopo che la paura isterica lo aveva spinto a ficcarsi in un armadio pieno di scope. Il propalatore di palle eroiche viene proposto in diretta per un’onoreficenza appena inferiore alla Victoria Cross; mentre al coraggioso cane salvatore non viene concesso nemmeno un bau su una televisione locale. D’altronde il cane non sa sparare palle in prima serata e non sa neppure protestare contro la protezione civile che non ha saputo prevedere un terremoto imprevedibile.
Da loro: Nessuna lagna da nessuno. Nessun piagnisteo dai sopravvissuti. Nessuna implorazione di sussidi di Stato. Nessun tentativo di gonfiare le proprie perdite in vista delle sovvenzioni pubbliche, nessun piove (terremoteggia) governo ladro, nessuna sceneggiata in mondovisione. Nessuna rivendicazione a farsi servire a domicilio la pizza rucola e funghi porcini, poco sale e solo mozzarella di bufala, perché il terremoto gli ha fatto la bua. Al massimo qualche pudica manifestazione di gioia o solidarietà tra i sopravvissuti. Due donne in un centro di sfollati si toccano la nuca felici di ritrovarsi ancora in vita. Pudore. Fierezza. Orgoglio. La volontà di tenere fede ai loro principi anche in quella circostanza estrema: mai lasciarsi andare a carnevalate in pubblico, qualunque cosa sia successa. Mai perdere il decoro.
Da noi: l’esatto opposto. Piove governo ladro. Metti gli sfollati in campi di accoglienza con i comfort lecitamente auspicabili in un’emergenza e si lamentano. In alberghi di prima classe requisiti per lo scopo e si lamentano. Gli dai le case nuove e si lamentano. Si fanno rubare i soldi per la ricostruzione dalla criminalità organizzata che loro stesso foraggiano con il loro comportamento connivente e si lamentano.

23 commenti:

  1. Per chi vive di spirito,che vuoi che sia l'apocalisse..

    ciao Francesco,ti trovo bene

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  2. La tua schiena, venere, è sempre benvenuta su questo blog. Grazie carissima :-)

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  3. Caro Francesco,
    Ci sono molte ragioni per rispettare i Giapponesi senza dubbio, un popolo fiero, riservato e con un altissimo senso spirituale che permette loro di affrontare la vita lontano dalle passioni degli uomini comuni ma non sono d'accordo che quelle sono le differenze tra gli Italiani ed i Giapponesi.
    Ci sono qualità che gli italiani possiedono che i Giapponesi non riescono neanche ad immaginare. Dopotutto questo nostro popolo diffamato, maltrattato, derubato e svilito è quello che ha dato i natali a Dante, Leopardi, Leonardo da Vinci, Raffaello, Bellini, Verdi, Botticelli, Bertolucci, Visconti, Michelangelo, Galileo, Gucci, Armani, Garibaldi, Volta, Archimede, Enrico Fermi, Marconi, Colombo e moltissimi altri... che hanno creato non solo per gli italiani ma per il piacere e per il progresso del mondo intero... Nessun altro paese al mondo può vantare una lista di uomini e donne importanti per il mondo intero quanto il nostro...

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  4. Cara Enrica,
    prima di tutto posso chiederti che c'entrano Gucci e Armani in mezzo alla carrellata di uomini illustri che citi? Di questo passo inseriremo nel novero dei grandi anche Gianni Morandi e il mago Casanova, quello famoso perché sbaglia i trucchi in televisione (a proposito, in Giappone avranno pure loro un mago diventato famoso per la sua incapacità? Non lo so, ma ne dubito).
    Uomini illustri, si è detto. Ne abbiamo avuti in passato. Ma abbiamo avuto anche illustri correnti di pensiero che facevano "Franza o Spagna purché se magna". Quali credi che sia l'elemento che ci rappresenta meglio attualmente, la Divina Commedia o il "Franza o Spagna"? La Grecia aveva Milziade, Aristotele e Leonida: dove li vedi adesso?
    Tempo fa Baglioni cantava "Viva l'Inghilterra, ma perché non sono nato qua?”. Io potrei dire lo stesso del Giappone. Popolo fierissimo, sempre sotto le righe, che fa nell’ombra. E soprattutto con questo tesoro ormai estinto sul pianeta: il pudore. Il pudore che ti spinge a essere fiero. Il pudore che ti obbliga al decoro. Il pudore che ti spinge al profilo basso e ad avversare la retorica che purtroppo avvelena la nostra società. Mentre scrivevo queste righe mi facevo una domanda. Ma in Giappone avranno pure loro un programma da svergognati tipo il Grande Fratello o l’Isola dei famosi? Ancora una volta, non lo so, ma ne dubito.
    I giapponesi, il popolo più fiero del mondo. Nella seconda guerra mondiale fecero sudare l’anima all’America, un paese trenta volte più grande e con risorse immensamente superiori. Ci vollero due bombe atomiche per piegarli, anche se erano alla fame da mesi. Noi avevamo il re che scappava da Roma dopo aver voltato gabbana e loro avevano il codice del bushido.
    Noi abbiamo avuto tre grandi terremoti negli ultimi anni. Quello del Friuli in cui la gente fece e pedalò in silenzio, quello dell’Irpinia con lamentazioni, ruberie, piagnistei, malversazioni che giungono fino ai nostri giorni, quello dell’Abruzzo con la popolazione che più che a fare (con le dovute e sempre meritevoli eccezioni) era propensa ad aspettarsi la pappa pronta dall’alto (addirittura ci fu un magistrato somaro che mise sotto accusa la protezione civile perché non aveva previsto il terremoto: zero in scienze naturali).

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  5. Condivido il post e il rispetto per il popolo giapponese.
    Tempo fa vidi un documentario sulla migliore educazione che tale popolo riserva per la classe privilegiate, quelle che possono permetterselo:
    Asilo
    i bambini appena portati nei locali dell'asilo vengono spogliati, lasciati in mutande (nei loro freddi inverni) e scalzi gli fanno fare un paio di kilometri :-) ( e loro, i bambini stanno sorridendo , non piangono), tornati nei locali, loro i bambini, preparano i tavoli per imparare a scrivere e leggere il giapponese (lingua assai difficile da scrivere e leggere), terminto preparano i tavoli per il pranzo, sparecchiano... (non ricordo se lavassero anche i piatti....) e riprendono...
    Per questo tipo di asilo i giapponesi fanno la fila.... e spendono
    E dalla loro educazione che si hanno le differenze di comportamento......
    Così loro crescono "uomini" e "donne" noi....
    cosa cresciamo noi?
    Comunque un pensiero di solidarietà con il cuore a questo coraggioso popolo

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  6. Fiore, vorrei vederlo pure io questo asilo giapponese. Qui se guardi un bambino storto a scuola ti becchi una denuncia per stalking, molestie o abuso di potere. Ah, vederlo finalmente un bambino che sembra un bambino! Un bambino che pensa io sono piccolo e lui è un grande, e un grande sa molte cose più di un piccolo, un grande è un grande e io devo ancora pedalare un sacco per trattarlo da pari a pari!

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  7. Messaggio per Fiore: ho ritrovato e pubblicato il commento che ti era sparito da "Ecco un uomo". Era finito chissà perché nella casella dello spam e io non la controllo quasi mai. Speriamo che non succeda più :-)

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  8. Perdona il ritardo con cui rispondo.
    Mi chiedi cosa c'entrano Armani e Gucci con gli altri nomi che ho citato. Ritengo che la moda sia una forma d'arte e questi due stilisti non solo sono italiani internazionalmente conosciuti per il loro lavoro, ma sono stati copiati e stra copiati nei decenni passati. Il Giappone è uno dei paesi dove la moda italiana viene maggiormente esportata.
    Di illustri italiani non ce ne sono stati solo in passato ma ci sono ancora e molti sono sparsi per il mondo, così come pezzi della nostra cultura, opere dei nostri architetti, opere dei nostri scienziati e dei nostri ingegneri.
    Certo il nostro passato include anche Mussolini o Cerletti che ha inventato la macchina per l'elettroshock, o il bandito Giuliano.
    Non si può generalizzare ma si può fare un bilancio del bene e del male.
    E sì, il popolo giapponese è un popolo fiero e riservato, capace di metabolizzare il dolore. La loro tradizione culturale e spirituale è notevole e di certo più antica delle tradizioni culturali europee o cristiane. Ma questo non li rende infallibili. Durante la seconda guerra mondiale questo paese era alleato con i nazisti e non era solo un'alleanza politica. Mentre in Germania operava il tristemente noto Mengele, in Giappone c'era Ishii Shiro che svolgeva esperimenti nel campo 731 forse ancora peggiori di quelli di Mengele.
    Non ce l'ho con i giapponesi in generale, non è mia abitudine generalizzare, ma è fuor di dubbio che un paese ad alto rischio sismico, dove una tragedia come quella appena accaduta non solo era prevedibile ma annunciata, ci sono stati 5000 morti per il terremoto e maremoto ed hanno avuto il coraggio di costruire 52 centrali nucleari mettendo a rischio non solo la loro popolazione ma il mondo intero.
    Ed è vero che sono stati molto previdenti, ma non allo scopo di salvare vite ma assicurando beni e persone finanziariamente, un accorgimento che permetterà loro di ricostruire le loro città e che sta causando un maremoto sulla finanza internazionale, che porterà ulteriore crisi finanziaria in tutto il mondo... Non dovremmo fermarci alle apparenze...
    E per quanto riguarda i bambini che vengono mandati all'asilo, spogliati e messi a camminare nel freddo... io chiamo questi metodi tortura.

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  9. Bene, enrica, ci confrontiamo schiettamente come è costume di questo blog. E quindi passo alle mie riflessioni, schiette e leali come le tue.
    Per me un sarto è un sarto. Se riesce a fare molti soldi con la sua attività, è un sarto che ha fatto molti soldi e io lo ammiro e persino lo invidio per questo, ma non lo metto certo nell'olimpo dei grandi accanto a Dante e Mazzini, gente con le superpalle, per usare un termine in tono con questo post. Oltre ai sarti ammiro pure i salumieri; e se esce fuori un salumiere italiano che fa soldi a palate e crea catene di salumerie italiane in tutto il mondo ancora una volta ammiro e invidio un così valoroso salumiere nostrano, ma se possibile evito di equipararlo a Leopardi, a Giotto da Bondone o a Folgore da San Gimignano, anche se una volta ho mangiato un suo panino con la mortadella Suprema trancio scelto che mi ha estasiato.
    I giapponesi hanno fatto brutte cose nella seconda guerra mondiale e allora? Chi è senza peccato alzi la mano. Gli americani hanno causato il genocidio dei fieri indiani d'America, e fatte altre cosucce in Vietnam, solo per tenerci sul facile. Noi, come ricordi, abbiamo avuto Mussolini e massacrato i libici con i gas, i russi hanno sterminato diverse decine di milioni di persone tra connazionali e popoli soggetti, gli inglesi erano i peggiori furfanti colonialisti che si siano mai visti, i francesi ne hanno fatte di cotte e di crude l'altro ieri in Algeria... insomma ci siamo capiti.
    Infine, vorrei vedere noi (si parla a livello puramente letterario) alle prese con un terremoto come quello che ha investito il Giappone e vorrei (si parla sempre a livello puramente letterario) confrontare come si comportano le due popolazioni.
    Sull'educazione dei bambini giapponesi non so molto, non credo che come regola li mandino a camminare a piedi nudi nel parco con il freddo... però posso dirti che una volta vidi un bambino giapponese, e posso dirti che somigliava a un vero bambino, di quelli che pensano io sono un bambino e quelli sono dei grandi e un bambino non è la stessa cosa di un grande e non dovrebbe trattarlo da pari a pari.
    E' solo una mia illazione, ma escludo che i giapponesi abbiano degli adolescenti con la faccia da viziato come quella di tale Jonathan, il ragazzino stronzetto scappato di casa con la ragazzina Maria (finalmente una ragazzina con un nome umano che non suoni come Yara o Samantha o Eluana o Jessica: questo fatto me lo vado ad annotare nella mia agenda personale). Escludo che chiamino un bambino Jonathan invece che Toshiro. Escludo che abbiano padri cretini che vanno a piangere in televisione per implorare lo stronzetto Jonathan di tornare a casetta ora che ha dilapidato la paghetta (come minimo diverse centinaia di euro, somma con cui, tanto per dire, in Senegal ci camperebbero per mesi famiglie intere). Escludo infine che nel Sol Levante ci siano televisioni che si prostituiscano a intervistare padri mollaccioni che si sono persi i figli dopo che li hanno incautamente denominati Jonathan. Un caro saluto a te e ti auguro una splendida giornata.
    Que viva Maria!

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  10. La differenza principale fra i giapponesi, nel loro insieme, e noi italiani(?!) nel nostro insieme è che un blogger giapponese molto difficilmente parlerebbe come fai tu dei suoi connazionali. Conosco alcuni sarti, non sono esattamente come Gucci e Armani e non dipende solo dai soldi.

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  11. Caro Capitano,
    certo Gucci e Armani sono solo dei sarti, Bernini era solo un muratore e Giotto un imbianchino... dipende sempre da che punto di vista li guardi.
    Quello che stavo cercando di dire nel mio commento originale è che il confronto tra i due popoli, santificando i giapponesi e demonizzando gli italiani non è corretto. Entrambi i popoli dovrebbero essere elogiati per ciò per cui lo meritano e criticati per ciò che lo merita.
    Agli italiani piace molto criticare l'Italia e così accade che se c'è una frana in Sicilia a causa di inusuali quantità di pioggia diamo addosso a chi ha costruito in aree a rischio mentre se muoiono 5 mila giapponesi in una zona ad altissimo rischio sismico dove hanno pure costruito centrali nucleari li lodiamo perché affrontano stoicamente il dolore...
    Che ti devo dire... a me non sembra logico...

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  12. e.r. ed Enrica, vi rispondo stasera dato che sto per uscire di casa.

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  13. Cari e.r. ed enrica, vi rispondo insieme, numerando le risposte per essere più chiari e anche per divertirci un po', perché dicono che essere troppo seri fa male alla salute.

    A) Per non dico intenderci, ma comunicare, dovremo avere almeno in comune un alfabeto delle cose basilari. Il mio alfabeto dice che un sarto è un sarto: se fa soldi gli dico bravo, se diventa famoso gli dico bene, se fa le sfilate di moda a Parigi Parigi che bella città gli dico sette più, se mi propongono di metterlo tra i personaggi illustri accanto a Dante e Mazzini dico: siete mica impazziti?
    A1) Personalmente trovo vomitevoli le sfilate di alta moda, comici gli stilisti, disgustose le modelle anoressiche, ridicolissimo il 99 per cento delle sottane che vedo sfilare in passarella, antipatici e scemi quasi tutti quelli che presenziano alle sfilate di moda. Però sono pure una persona tollerante e aperta a visioni del mondo diverse: quindi se a qualcuno piacciono quel mondo e i loro prodotti io dico fate pure. Però mi rifiuterò sempre di mettere Dolce & Gabbana accanto a Garibaldi e Carlo Pisacane, a meno che il duo (ma anche il solo Dolce o il solo Gabbana) non ammazzino a mani nude sette massacratori talebani, cinque serbi-croati autori di genocidi e tre boss assassini del cartello di Medellin.
    B) a proposito di costruire in luoghi soggetti alla furia della natura, io abito proprio a poca distanza dal Vesuvio, vulcano per cui si ipotizza un’eruzione distruttiva prima o poi. Ci sarà da divertirsi (parlo sempre da un punto di vista puramente letterario) quando il Vesuvio si sveglierà e ci si chiederà: chi ha ho costruito tutte queste case intorno a una bomba a tempo?
    C) ovviamente ci sono anche degli italiani a posto e seri, ma chissà perché non se ne trova mai notizia nei telegiornali o nei luoghi deputati a illustrare il carattere dei nostri connazionali.
    C1) Vengo dall’aver visto l’ennesima sceneggiata televisiva del padre somaro di Jonathan, il quale in pieno telegiornale ha proclamato che non bisognerebbe confondere internet con la realtà. In effetti forse voleva dire che non bisognerebbe confondere i padri veri con quelli da operetta che appestano una nazione piangendo in tivvù, mentre il rampollo stronzetto si fa fuori la sua paghetta e pure quella della fidanzatina Thelmina & Louisina a Crispy McBacon e panini triplo strato.
    D) Vorrei produrre un mio modesto contributo sui fatti di un terremoto di cui sono stato testimone, quello famoso dell’Irpinia del 1980. Vorrei essere stato coraggioso e flemmatico come un giapponese, purtroppo la verità è che io, anche allora ero a Napoli, non mi accorsi proprio del terremoto. Stavo giocando a flipper nel bar e notai che avevo un piccolo mal di testa che mi rendeva difficile la concentrazione. Comunque finii la partita e uscii fuori. Sentii la gente che gridava in ogni dove. Mi dissi: che strano, vuoi vedere che ha vinto il Napoli? Ma poi mi accorsi che la gente gridava al terremoto e c’erano non poche scene isteriche, come se fosse successo l’Apocalisse.
    D1) Be’, decisi subito, se la gente gridava doveva essere successo qualcosa di spaventoso nelle vicinanze. Forse erano crollati dei palazzi del circondario, anche se a me pareva di vederli tutti in piedi. Forse erano morte o si erano ferite delle persone intorno a me, anche se a me non pareva di vedere niente del genere. Un po’ mi vergognai della mia aridità d’animo, c’era una catastrofe intorno a me e io non riuscivo a provare emozioni...
    D2) Eppure che strana, quella domenica di novembre non mi pareva di vedere a terra nemmeno un cornicione. Allora perché la gente gridava?

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  14. Se metto i trattini come capoverso è lo stesso delle lettere? Spero di si.
    - I sarti sono quelli che tagliano stoffe e cuciono vestiti, gli stilisti progettano abiti, studiano accessori, "fanno" la moda e creano tendenze. Non sono esattamente sovrapponibili ad un sarto e in alcuni casi raggiungono i lidi dell'arte intesa in senso più ampio.
    - le sfilate di moda non sono tutte uguali ma le modelle hanno sempre le gambe troppo magre e i seni troppo piccoli. Alcuni abiti mi piacciono moltissimo altri no: Dolce e Gabbana non sono i miei tipi come uomini(?) e come stilisti. Del mondo della moda non me ne è mai fregato granchè ma vedere una bella donna ben vestita mi fa sempre un certo effetto. L'anoressia lasciamola stare ci vorrebbe una serie di post ma il problema di connessione con il mondo dell'alta moda esiste e si dovrebbe parlarne più spesso e in termini netti.
    - Poi mi spieghi che c'entrano D&G con Peppino e Carletto; vabbè lo hai detto perchè ti piace scherzare e fai bene, ma la storia è un'altra cosa ne converrai e certi salti temporali vanno fatti con misura ( cartello di Medelin, talebani...etc etc)
    - Io abito a Catania e il mio vulcano è più grosso del tuo (tiè) però più pacioso. Ogni tannto fa un rutto e spazza via qualche ettaro di campagna fertilisima, l'aereoporto chiude per qualche ora e la gente fa la fila in autostrada per vedere di notte le lingue di fuoco che scendono lungo i fianchi della montagna. Il 1669 sembra lontano ma so anch'io che un giorno ci sarà da divertirsi...tu a Napoli sei messo peggio di me ma nemmno io scherzo.
    - Non era Celentano che cantava " le persone serie le han mandate in ferie"? Sui Blog per esempio sono quasi scomparse tranne me, te e i nostri amati commentatori.quindi bisogna proteggerli, allevarli, dare loro visibilità in rete, non rompergli i cabbasisi, e rispettrane i contenuti anche se sono lontani dai nostri. Previa reciprocità!
    - Vedo che la storia del padre di jonathan ti appassiona...a me meno. I padri che siamo nascono dai ragazzi che eravamo e da salti generazionali enormi ( disorso da settemila post). Comunque negare fenomeni come FB non serve, meglio studiarli, entrarci e semmai distruggerli dall'interno. I ragazzi li abbiamo lascitai soli, è la società scolastica e generazionale che li educa, non più noi ( altri settemila post) prima dovremmo avere qualcosa da dire che non siano le solite lamentationes ancien regime poi potremmo parlarci.
    - Io ho visto il terremoto del 68 nella valle del Belice e quello della notte di S. Lucia nella Sicilia orientale nel 1990. Vinco io. Ma tu sei un cinico senza cuore: se stavi ad Avellino e ti cascava davanti casa tua col nonno sotto e magari i figli che facevi? Ti sedevi e compostamente, alla giapponese, aspettavi in silenzio i soccorsi (?)e magari raccontavi alla tv che certo eri molto addolorato? Sei tu che non avevi capito: AVEVA VINTO IL NAPOLI.
    Noto che per certe cose siamo simili però: scriviamo risposte che sembrano post, o post che sembrano commenti, o commenti che sembrano acute riflessioni, o pensieri contorti che somigliano a incubi, o minchiatone col botto spacciate per illuminazioni trascendentali...
    Meglio ciao.

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  15. e.r., ho già detto tutto quello che dovevo dire nel commento precedente. Il padre di Jonathan io lo proporrei per tre anni di lavori forzati nella colonia penale della Guyana, esattamente nel posto che fu di Papillon, perché ritengo che rappresenti la faccia peggiore dell'Italia.
    Non ho molto afferrato questa tua affermazione di ciò che avrei fatto se fossi stato ad Avellino, (anche a Napoli la scossa si sentì forte anche se io non la avvertii). Presumo che avrei fatto così: se mi fossi preso un tetto in testa sarei morto e se non me lo fossi preso avrei cercato di assomigliare a un giapponese, anche se non so se ci sarei riuscito.

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  16. Ma... ho letto bene? (parlo dei commenti); il popolo italiano e quello giapponese? Ma perchè, esiste un "popolo" italiano? A me francamente non sembra. Forse, e dico forse, lo eravamo ai tempi dell'antica Roma, ma oggi? Sono centocinquant'anni che ci sforziamo di esserlo senza riuscirci minimamente. Che ne pensate di quei "rappresentanti del popolo" di Milano che sono usciti dall'aula per non intonare l'inno nazionale?(Inno che io, mi perdoni Benigni, continuo a ritenere brutto e pomposo, ma quello è, e ce lo dobbiamo tenere). Ma quale "popolo"! siamo un insieme di persone estremamente individualiste che coesistono e vanno d'accordo solo fin quando ne possono trarre un vantaggio personale. C'è stato un certo Massimo d'Azeglio che disse. "Il primo bisogno d'Italia è che si formino Italiani dotati d'alti e forti caratteri. E pure troppo si va ogni giorno più verso il polo opposto: pur troppo s'è fatta l'Italia, ma non si fanno gl'Italiani". Da allora qualche annetto è passato, ma la stessa cosa si può tranquillamente dire anche oggi.

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  17. Mi sono trattenuta sinora ma il concetto che volevo esprimere l'ha egregiamente esposto Sergio.
    In questi giorni qui, ma ritengo anche altrove, è iniziata la corsa alle bandiere da esporre suppongo alle finestre. Beata ipocrisia. Sai che dico? Ora espongo la bandiera dei quattro mori:))

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  18. In fondo mio malgrado condivido la posizione di Sergio e di Cleide. Ho già scritto il post ma sto male...insomma un ideale più alto è prorprio fuori dalla nostra portata? E poi quelli che sono morti ( e sono tantissimi) in questi 150 anni dove li mettiamo in un'ottica di palese secessione? Non mi pare una domanda da poco.

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  19. Questo blog mi ha appena inghiottito un commento a cui mi ero affezionato. Facevo una disamina sulle ragioni della mancanza di spirito nazionale che facevo risalire addirittura al nostro sistema elettorale proporzionale (rimasto tale anche col premio di maggioranza attuale). Mi chiedevo perché dopo un secolo tondo tondo in cui la sinistra aveva sbeffeggiato, deriso e criticato tutto ciò che avesse a che fare con inno nazionale, bandiera e spirito per così dire patriottico ora voglia festeggiare l’Unità di Italia, l’italianità, la bandiera e la grandezza italiana (lo si è notato, tra l’altro a Sanremo con la canzone di Tricarico “La bandiera” e soprattutto con il monologo superpatriottico di Benigni); e mi chiedevo perché dopo lo stesso lasso di tempo la destra, non soltanto la Lega, apprezzasse molto meno la bandiera, lo spirito nazionale e il patriottismo. E la stessa cosa che è successa in altre situazioni: la sinistra tradizionalmente garantista è diventata giustizialista, la destra ha fatto il contrario, la destra tradizionalmente centralista è diventata federalista e la sinistra ha fatto il contrario, la destra tradizionalmente morigerata in tema sessuale è diventata ultraliberale e la sinistra si è fatta moralista, la sinistra diventa interventista quando al governo americano ci sono Clinton o Obama e pacifista quando ci sono Bush padre o figlio e viceversa per la destra. E si potrebbe continuare.

    Probabilmente le cose in Italia andrebbero meglio se si non giudicasse ogni cosa, persona o comportamento a seconda dell’appartenenza politica. Non molto tempo fa ci fu un italiano coraggioso. Si potrebbe dire persino con linguaggio informale un italiano con le palle. Di certo uno che non ha avuto paura di morire. Si chiamava Fabrizio Quattrocchi, quello che disse ai (non certo coraggiosi) terroristi iracheni che lo giustiziarono a sangue freddo: “Ora vi faccio vedere come muore un italiano”. Forse si trattò di una frase retorica. Forse lo stesso Quattrocchi non era una cima d’uomo e non aveva al suo attivo molte buone letture, forse era andato in Iraq per guadagnare soldi e non per altruismo, forse aveva idee politiche confuse, sorpassate e non molto evolute, forse se lo incontravi in treno te ne tenevi alla larga perché era noioso e magari antipatico, forse aveva scambiato la sua ultima ora per l’ultima scena di un retorico film hollywoodiano… Ma Cristo santo, una volta tanto abbiamo un italiano coraggioso che affronta a testa alta la morte, uno che non ha paura quando la paura ti mangia l’anima. E non sappiamo fare altro che criticarlo, annientarne il ricordo, stroncarne il coraggio. Abbiamo demolito il ricordo di un italiano forse con tanti difetti, ma coraggioso quando non ti basta il coraggio, e abbiamo celebrato in televisione i tanti papà di bamboccioni alla butta la pasta, mamma, che sto arrivando: è una nostra scelta, però non lamentiamocene.

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  20. CASSANDRO

    Post interessante post con interessanti commenti. Quindi, complimenti sbandierati (nello stile italiano, con qualche pacca sulle spalle) e complimenti appena accennati (nello stile giapponese con le mani giunte sotto il mento e relativo inchino), anche per il continuo riferimento ai sarti e ai rappresentanti del mondo del sol levante, legati nel mio immaginario all’imperatore d’oriente (per cui mi torna alla memoria la favola de “I vestiti dell’imperatore” ed al sospetto che all’epoca i due furbi sarti siano stati due italiani . . . e non specifico di che regione)

    Certamente siamo due popoli diversi per diversa millenaria cultura alle spalle. Massimamente individualisti gli italiani, un popolo che eleva, quando “viene una scossetta di assestamento di enne alla meno due gradi Richter, lagne, grida di spavento in formato dolby surround . . . fugge dovunque travolgendo vecchi e bambini pur di salvarsi”, e massimamente “comunitari” i giapponesi, definito giustamente da Enrica “un popolo fiero, riservato e con un altissimo senso spirituale che permette loro di affrontare la vita lontano dalle passioni degli uomini comuni”.

    Secondo me, è’ questo il punto: per noi ci siamo noi e poi il mondo – lo insegna pure la Bibbia “ abbia l’uomo la signoria sulla terra, sopra i pesci del mare e sopra gli uccelli del cielo, sopra le erbe e gli alberi che fanno frutto” – per i giapponesi esiste il mondo di cui gli uomini sono parte in modo eguale e con pari dignità a tutto il resto.

    Ricordi, cap, la lieve breve poesia

    “Alla corda del pozzo
    si è avvolto un convolvolo.
    Andrò a chiedere l’acqua alla vicina”,

    la quale, per gentilezza e lirismo non ha nulla da invidiare ai soavi versi “Ricordati di me che son la Pia” di Dante, o “Passa la bella donna e par che dorma” del Tasso. Anche i giapponesi sanno scrivere.

    Chissà che pure noi non tendiamo a diventare come loro, e considerarci col tempo, fra anni anni ed anni, parte integrante ed indissolubile della natura.

    Forse lo stiamo in parte facendo con l’utilizzo (concetto azzardato?) del blog, in quanto cominciamo ad aprirci sempre più agli altri, ed a farli entrare sempre più nei nostri pensieri dal momento che entriamo di continuo nei loro.


    OCCIDENTE ORIENTE E I BLOG

    Tanti anni di cultura occidentale
    ci han fatto troppo individualisti:
    conoscere se stessi non è male,
    ma poiché viviamo anche misti

    ad altri uomini e cose noi dobbiamo
    percepire anche questi . . .il fratello,
    il cielo, il vento, l’albero e il ramo,
    la terra e il mare che a volte sfracello

    portano e morte, e che il Giappone,
    esempio, hanno distrutto in un istante.
    E qui sereni -- ah, che lezione
    ci hanno dato! -- i suoi abitanti

    sono rimasti in quanto con “il tutto”
    li fa identificare lor cultura:
    ognun di loro e insieme e pianta e frutto,
    e tutti in identica misura.

    Pian piano questo modo di pensare
    pur dentro noi si riflette, eh sì,
    che con i blog stiamo a raccontare
    ciò che nei diari di un dì

    scrivevamo in segreto. E’ questo un modo
    per sentire gli altri in armonia,
    conoscerli un po’ meglio, ed il nodo
    dell’indifferenza spazzar via.


    E si utilizza pur all’anonimato,
    perché ognuno è pure chi è stato,
    chi è, e chi ancora non è nato.

    (Cassandro)

    In ogni caso, sempre, ovunque e comunque "Viva L'Italia!"

    il

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  21. Cassandro, dico con te "Viva l'Italia!". Non siamo un cattivo popolo. Siamo solo in una fase in cui necessitiamo (moltissimo) di esempi positivi.
    Ne abbiamo avuti di eccellenti in passato. In particolare abbiamo avuto un uomo fatto di pura roccia, roccia anche nell'animo, un uomo integerrimo che non aveva niente da invidiare neppure al più severo samurai nipponico: e mi riferisco a Giuseppe Mazzini, la cui storia tutti dovrebbero conoscere.
    Ora mi vado a vedere un film in tema con la piega che stanno prendendo i commenti e con la festa di domani, "Noi credevamo" di Mario Martone, la storia di tre patrioti del Risorgimento. Spero che sia un bel film che ci mostri ciò che eravamo e che un giorno potremmo tornare a essere. Un saluto agli amici del blog.

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  22. Caro Mio Capitano, non possiamo paragonare i due popoli (se di popolo italiano si può parlare come ho letto da qualcuno) due modi di essere, due culture estremamente diverse. L'oriente per noi occidentali è estremamente incomprensibile. Comunque è ammirabile il comportamento di quel popolo, se ne rimane benevolmente impressionabili!
    Il problema comune mi pare sia questa estrema e dannosa tendenza a voler tagliare i costi in tutti i campi ed in tutti i modi e quindi anche alle cose necessarie, mi pare di aver sentito che la centrale danneggiata dal terremoto doveva essere spenta da tempo e che stavano spremendo in modo irragionevole! Ecco questa "pazzia" nei tagli che si sta diffondendo in tutto il mondo è veramente la cosa comune che crea più danni di quello che appare nell'immediato! Oramai le cose che riguardano la manutenzioni degli impianti di qualsiasi tipo stanno diventando delle opzioni alle quali si può anche fare a meno. Il terremoto certamente ha complicato le cose però di fatto anche i giapponesi si sono lasciati prendere dai tagli delle spese anche quelle essenziali.
    Di questo nessuno ne parla e penso che nel giro di pochi anni anche nel nostro paese se si continuerà così ci saranno dei danni paragonabili ad un enorme terremoto!

    Un caro saluto.
    berardo

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  23. Ho visto il film di Mario Martone "Noi credevamo" sui patrioti risorgimentali. Purtroppo era noioso, prolisso, lento, retorico e recitato come una recita alla scuola. Dopo mezz'ora ho smesso di vederlo e ho pensato che Mario Martone non avesse la più pallida idea di come fare un film vero che ti prende e non un freddo esercizio di estetica risorgimentale.

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