
Primo anno di liceo. Ho 14 anni, forse nemmeno. Quell’anno sento parlare di cose nuove e rivoluzionarie, che sembrano avere il potere di sconvolgere la società e terremotare le tue conoscenze. Una di queste cose rivoluzionarie di cui si fa un gran parlare è un film. Si chiama L’esorcista ed è uscito in America già da diversi mesi provocando, si dice, sconquassi peggiori di una squadra di dirottatori su Cuba. L’esorcista ha fatto svenire caterve di persone nelle sale americane, in qualche caso non le solite vecchine baciapile, ma vigorosissimi omaccioni. Alcuni sventurati caduti in deliquio a causa dell’incontro ravvicinato con il Maligno non si sono ripresi più, si dice ancora. Qualcuno giura che le famiglie delle vittime dell’Esorcista abbiano intentato causa alla casa produttrice del film e tutti si dicono certi che vinceranno il processo a occhi chiusi. Del fenomeno Esorcista ha parlato pure il presidente americano Nixon, ma pare che in questo momento abbia altre e più grosse gatte da pelare.
Il film è ormai nelle sale italiane, ma ancora in prima visione, dunque in posti inaccessibili alle tue tasche. Inoltre è vietato ai minori di diciotto anni. E’ un problema, perché nei cinema di prima visione non farebbero mai entrare un quattordicenne come te, anche se ben piantato. Il discorso tuttavia potrebbe cambiare dal giorno alla notte quando la pellicola più spaventosa di tutti i tempi approderà nelle terze visioni di periferia, dove, lo sanno pure le pietre, darebbero libero accesso anche a un moccioso col lecca lecca a un film di Salvatore Samperi purché sganci la materia prima necessaria.
L’attesa è alimentata da voci incontrollate provenienti da ogni dove. Prima di tutto c’è il solito compagno di classe che giura sulla tomba della madre, ancora viva e vegeta, che lui L’esorcista l’ha già visto in prima visione. Ha sgraffignato un biglietto gratuito a quel faccendiere di suo padre e… ha visto l’inconcepibile. La classe al completo si riunisce accanto all’ammirato spettatore dell’orrore allo stato puro, anche se più di uno nutre dubbi sulle sue sparate. Cominciano le ragazze. E’ davvero un film così spaventoso? Di più, non andatelo a vedere se volete dormire la notte. E la scena del vomito verde o della testa che ruota sul collo? Tutto vero al cento per cento. Anche la pipì addosso? Ci potete giurare, ma questo è niente, c’è ben altro. Qui le fanciulle abbandonano il campo disgustate, ma i boys restano accampati sul posto avidi di particolari sul sangue sul crocifisso usato come fallo dalla ragazzina terribile. Seguono altre spiegazioni, ora più inclinanti sul filosofico che sullo scabroso, come l’accenno a un certo medaglione che compare alla fine del film il cui significato simbolico pare essenziale per comprendere la storia. O come le lodi alla colonna sonora, “Tubular bells” di Mike Oldfield, l’unico punto in cui gli ascoltatori si sentono alla pari con chi parla perché hanno sentito quel pezzo musicale alla Hit Parade radiofonica di Lelio Luttazzi.
Passa il tempo. Le voci sul film continuano a peggiorare. Si sprecano le battute sugli analisti che dovrai arricchire per superare i traumi psicologici successivi alla visione dell’Esorcista. Poi viene l’evento sconvolgente, quello che ti fa chiedere se valga la pena di rischiare la tua sanità mentale per vedere un film sia pure sulla bocca di tutti. Tuo fratello più grande, un essere impavido capace di attaccare briga con brutti ceffi grossi il doppio di lui… si comporta d’un tratto in modo inspiegabile. La sera precedente non riusciva a prendere sonno, lui che di solito mette la testa sul cuscino e saluta il mondo. Non solo non dormiva, ma sembrava aver paura di qualcosa. Sì, che strano. Per una volta ha rinunciato a trattarti da postlattante o a darsi arie da grand’uomo che ascolta i Led Zeppelin ed è a un passo dal combattere la Rivoluzione sulle barricate. Il giorno dopo vieni a sapere, da tua madre, che tuo fratello ha visto L’esorcista . Ci è andato con la sua comitiva di balordi soprattutto per fare casino e disturbare la visione agli altri. Ma una volta sedutosi nelle prime file del cinema quasi pieno, a lui e agli amici balordi è passata ogni voglia di ridere. Tua madre non lo dice, ma pare proprio la storia di quelli che andarono per suonare e furono suonati.
E’ venuto il momento ormai più temuto che atteso. L’esorcista, il più agghiacciante film di tutti i tempi è arrivato al cinema del tuo quartiere. Hai paura di andarci, ma ormai è una prova di coraggio a cui non puoi rinunciare se vuoi continuare a chiamarti uomo. I problemi come al solito non vengono mai da soli. Tutti i tuoi non molti amici giurano che hanno già visto il film o che hanno da fare. Prendi la risoluzione finale. Vai al cinema da solo. Sembra pura temerarietà, ma potresti avere un vantaggio su tuo fratello e gli altri sinistrati dal film. Hai già sentito parlare di quella storia in lungo e in largo, questo forse ti aiuterà ad avere meno paura.
Le sei di sera. Do i soldi alla cassiera del cinema. Quella afferra la grana e non si sogna nemmeno di dirmi che non ho l’età per entrare. Il cinema è pieno. Confusione da non dire, una baraonda. Fumo di sigaretta a gogò. Aria attraversata da ogni genere di battuta triviale. Ottimo, si dice un certo ragazzino che ancora non ha smesso di tremare. Quello è l’ambiente adatto per non farti sentire paura. Via le luci, inizia il film. La cosa brutta è che a un tratto nessuno parla più. Per fortuna quando la scena si sposta in dall’Iraq alla casa americana dell’attrice Chris MacNeil il frastuono aumenta. Aumentano pure imprecazioni in dialetto e risate scomposte. Bene così, mi dico, tutta quella caciara è pura manna dal cielo. La baraonda è molto benaccetta sia nella scena dei topi in soffitta, sia in quella della scritta “help me” incisa sulla pelle della sventurata dodicenne Regan, sia soprattutto in quella dei mobili che si spostano da soli nella camera o, infine, nella parte dell’indemoniata che vomita oscenità infilandosi il crocefisso proprio lì dove aveva detto il compagno di classe fanfarone.
Rido anch’io con gli altri. Sono contento perché finora non si è verificato l’atteso tracollo psichico. Reggo bene l’interrogatorio sotto ipnosi dell’indemoniata e riesco perfino a sentirmi un piccolo eroe nella famigerata fase del vomito. Ma al momento dell’esorcismo l’atmosfera si fa tetra. Nessuno ride più. Poche le voci in sala e molto il fumo di sigaretta che ti aggredisce ogni poro epidermico scortato dalle bestemmie immonde del demonio. Sconfitto Karras con un trucco psicologico, il Maligno uccide padre Merrin. Qui ho paura. Che alla fine vinca il Male? mi chiedo nel silenzio irreale della sala. Niente affatto. Karras – ribattezzato “il prete giovane” a furor di popolo - torna nella stanza dell’invasata. Quando il demonio lascia il corpo della giovane Regan per entrare nel suo, si getta dalla finestra uccidendo se stesso, ma sconfiggendo il Male.
Il film è finito. Partono colonna sonora e titoli di coda. E’ tempo di andare. Ho ancora i capelli elettrizzati per le ultime scene e c’è un brivido gelido che non ne vuole sapere di lasciare la mia schiena. Eppure sono contento. Ho visto il peggiore incubo a due dimensioni di tutti i tempi, l’ho visto andando a cinema da solo e ho ancora la forza di camminare per le strade scure del mio quartiere. Non sono impazzito, anche se la prova delle prove, lo so, verrà stanotte, nel mio letto buio. In ogni modo so già che, magari con qualche difficoltà maggiore del solito, dormirò. Lo so.
Fuori dal cinema vorrei quasi fischiettare: forse oggi sono diventato un uomo.
Il film è ormai nelle sale italiane, ma ancora in prima visione, dunque in posti inaccessibili alle tue tasche. Inoltre è vietato ai minori di diciotto anni. E’ un problema, perché nei cinema di prima visione non farebbero mai entrare un quattordicenne come te, anche se ben piantato. Il discorso tuttavia potrebbe cambiare dal giorno alla notte quando la pellicola più spaventosa di tutti i tempi approderà nelle terze visioni di periferia, dove, lo sanno pure le pietre, darebbero libero accesso anche a un moccioso col lecca lecca a un film di Salvatore Samperi purché sganci la materia prima necessaria.
L’attesa è alimentata da voci incontrollate provenienti da ogni dove. Prima di tutto c’è il solito compagno di classe che giura sulla tomba della madre, ancora viva e vegeta, che lui L’esorcista l’ha già visto in prima visione. Ha sgraffignato un biglietto gratuito a quel faccendiere di suo padre e… ha visto l’inconcepibile. La classe al completo si riunisce accanto all’ammirato spettatore dell’orrore allo stato puro, anche se più di uno nutre dubbi sulle sue sparate. Cominciano le ragazze. E’ davvero un film così spaventoso? Di più, non andatelo a vedere se volete dormire la notte. E la scena del vomito verde o della testa che ruota sul collo? Tutto vero al cento per cento. Anche la pipì addosso? Ci potete giurare, ma questo è niente, c’è ben altro. Qui le fanciulle abbandonano il campo disgustate, ma i boys restano accampati sul posto avidi di particolari sul sangue sul crocifisso usato come fallo dalla ragazzina terribile. Seguono altre spiegazioni, ora più inclinanti sul filosofico che sullo scabroso, come l’accenno a un certo medaglione che compare alla fine del film il cui significato simbolico pare essenziale per comprendere la storia. O come le lodi alla colonna sonora, “Tubular bells” di Mike Oldfield, l’unico punto in cui gli ascoltatori si sentono alla pari con chi parla perché hanno sentito quel pezzo musicale alla Hit Parade radiofonica di Lelio Luttazzi.
Passa il tempo. Le voci sul film continuano a peggiorare. Si sprecano le battute sugli analisti che dovrai arricchire per superare i traumi psicologici successivi alla visione dell’Esorcista. Poi viene l’evento sconvolgente, quello che ti fa chiedere se valga la pena di rischiare la tua sanità mentale per vedere un film sia pure sulla bocca di tutti. Tuo fratello più grande, un essere impavido capace di attaccare briga con brutti ceffi grossi il doppio di lui… si comporta d’un tratto in modo inspiegabile. La sera precedente non riusciva a prendere sonno, lui che di solito mette la testa sul cuscino e saluta il mondo. Non solo non dormiva, ma sembrava aver paura di qualcosa. Sì, che strano. Per una volta ha rinunciato a trattarti da postlattante o a darsi arie da grand’uomo che ascolta i Led Zeppelin ed è a un passo dal combattere la Rivoluzione sulle barricate. Il giorno dopo vieni a sapere, da tua madre, che tuo fratello ha visto L’esorcista . Ci è andato con la sua comitiva di balordi soprattutto per fare casino e disturbare la visione agli altri. Ma una volta sedutosi nelle prime file del cinema quasi pieno, a lui e agli amici balordi è passata ogni voglia di ridere. Tua madre non lo dice, ma pare proprio la storia di quelli che andarono per suonare e furono suonati.
E’ venuto il momento ormai più temuto che atteso. L’esorcista, il più agghiacciante film di tutti i tempi è arrivato al cinema del tuo quartiere. Hai paura di andarci, ma ormai è una prova di coraggio a cui non puoi rinunciare se vuoi continuare a chiamarti uomo. I problemi come al solito non vengono mai da soli. Tutti i tuoi non molti amici giurano che hanno già visto il film o che hanno da fare. Prendi la risoluzione finale. Vai al cinema da solo. Sembra pura temerarietà, ma potresti avere un vantaggio su tuo fratello e gli altri sinistrati dal film. Hai già sentito parlare di quella storia in lungo e in largo, questo forse ti aiuterà ad avere meno paura.
Le sei di sera. Do i soldi alla cassiera del cinema. Quella afferra la grana e non si sogna nemmeno di dirmi che non ho l’età per entrare. Il cinema è pieno. Confusione da non dire, una baraonda. Fumo di sigaretta a gogò. Aria attraversata da ogni genere di battuta triviale. Ottimo, si dice un certo ragazzino che ancora non ha smesso di tremare. Quello è l’ambiente adatto per non farti sentire paura. Via le luci, inizia il film. La cosa brutta è che a un tratto nessuno parla più. Per fortuna quando la scena si sposta in dall’Iraq alla casa americana dell’attrice Chris MacNeil il frastuono aumenta. Aumentano pure imprecazioni in dialetto e risate scomposte. Bene così, mi dico, tutta quella caciara è pura manna dal cielo. La baraonda è molto benaccetta sia nella scena dei topi in soffitta, sia in quella della scritta “help me” incisa sulla pelle della sventurata dodicenne Regan, sia soprattutto in quella dei mobili che si spostano da soli nella camera o, infine, nella parte dell’indemoniata che vomita oscenità infilandosi il crocefisso proprio lì dove aveva detto il compagno di classe fanfarone.
Rido anch’io con gli altri. Sono contento perché finora non si è verificato l’atteso tracollo psichico. Reggo bene l’interrogatorio sotto ipnosi dell’indemoniata e riesco perfino a sentirmi un piccolo eroe nella famigerata fase del vomito. Ma al momento dell’esorcismo l’atmosfera si fa tetra. Nessuno ride più. Poche le voci in sala e molto il fumo di sigaretta che ti aggredisce ogni poro epidermico scortato dalle bestemmie immonde del demonio. Sconfitto Karras con un trucco psicologico, il Maligno uccide padre Merrin. Qui ho paura. Che alla fine vinca il Male? mi chiedo nel silenzio irreale della sala. Niente affatto. Karras – ribattezzato “il prete giovane” a furor di popolo - torna nella stanza dell’invasata. Quando il demonio lascia il corpo della giovane Regan per entrare nel suo, si getta dalla finestra uccidendo se stesso, ma sconfiggendo il Male.
Il film è finito. Partono colonna sonora e titoli di coda. E’ tempo di andare. Ho ancora i capelli elettrizzati per le ultime scene e c’è un brivido gelido che non ne vuole sapere di lasciare la mia schiena. Eppure sono contento. Ho visto il peggiore incubo a due dimensioni di tutti i tempi, l’ho visto andando a cinema da solo e ho ancora la forza di camminare per le strade scure del mio quartiere. Non sono impazzito, anche se la prova delle prove, lo so, verrà stanotte, nel mio letto buio. In ogni modo so già che, magari con qualche difficoltà maggiore del solito, dormirò. Lo so.
Fuori dal cinema vorrei quasi fischiettare: forse oggi sono diventato un uomo.