Alla comparsa dell’ufficiale delle SS, barcollo per il campo di concentramento abbandonato, sballottato dal vento gelido di questo gelido gennaio di fine guerra. La SS cavalca una motocicletta e non mi ha ancora visto, ma lo farà tra breve. Non posso nascondermi da nessuna parte, non c’è scampo all’inevitabile.
Il campo di concentramento è stato evacuato alcuni giorni fa a causa dell’offensiva tambureggiante dei russi che respinge su tutta la linea l’esercito nazista quasi in rotta. Solo alcuni malati dati per spacciati, tra cui io, che mi sono preso la scarlattina, sono rimasti nell’infermeria. Eravamo sicuri che ci avrebbero eliminati tutti quando il grosso degli aguzzini e degli internati capaci di camminare avessero abbandonato il campo. Ma non è accaduto, di certo a causa di qualche disguido burocratico. Probabilmente noi sopravvissuti siamo qui perché qualcuno, nella confusione della fuga, si è scordato di timbrare uno dei meticolosi documenti cari agli imbrattacarte di Heydrich e Eichmann.
Ecco, i pochi fantasmi macilenti capaci si trascinarsi fuori dall’infermeria in cerca di cibo si sono nascosti nelle baracche ancora fumanti per l’ultimo bombardamento russo. C’è riuscito pure un ebreo greco di Salonicco malato di dissenteria che dorme nella mia stessa stanza. Sia io che il greco pensavamo che sarei morto dopo di lui, ma ci sbagliavamo entrambi. Per me è finita.
La carogna nazista mi ha visto. Dirige la motocicletta verso di me e la ferma davanti alla coperta sfilacciata sotto la quale tremano di freddo molte ossa e poca carne. La SS mi fissa con azzurri occhi carichi di odio. Del mare di invettive che mi grida nella sua stridente lingua gutturale capisco poco, d’altronde c’è poco da capire. C'è un ebreo che dovrebbe essere morto e che invece si aggira per il campo contro ogni proibizione. Che il campo sia stato abbandonato e che la guerra nazista sia persa, conta poco.
Conosco l’uomo in divisa. Era uno del lager. Conosco pure il suo nome, ma niente qui e ora ha meno importanza di un nome. Un giorno l’ho visto sparare alla nuca, senza battere ciglio, a un disgraziato ungherese che non riusciva più a tenersi in piedi, un sarto dalle mille risorse meno una, ma ora ha detto addio alla sua aria sfrontata dei giorni migliori, ora sembra solo un soldato sbandato. Forse ha perso il contatto con la sua unità e ancora più probabilmente ha smarrito la fede nell’immancabile vittoria del Terzo Reich e nell’invincibilità del suo amato Fuher. Ha la divisa fuori posto, il cappotto imbrattato di fango e la barba sfatta sotto due occhi spiritati. Il suo mondo è crollato e la sua evidente paura lo rende solo più pericoloso. Estrae la pistola e me la punta in faccia, mentre continua a strepitare nella sua orribile lingua.
Il sacco con le patate congelate prese nella cucina del campo, mi accorgo, mi è caduto su un cumulo di neve sporca di nero che sembra sangue. Il vento freddo fa sbattere porte e finestre sfondate delle baracche, le lamiere dei tetti mandano stridori acuti, gli echi di lontani boati mostrano che l’artiglieria russa continua la sua opera di demolizione del nemico in fuga. E’ curioso, dalle lontane ciminiere dei locali della vergogna continua a uscire fumo, anche se stavolta si tratta di fumo dovuto a bombe di Stalin e non a carne incenerita.
Mi stringo addosso la coperta, non ha senso soffrire il freddo anche se vedi quasi già la pallottola che sta per giustiziarti. Sento la neve penetrare nella scarpe sfondate appartenute a un malato di difterite morto la sera prima. Ora la canna della pistola è quasi appoggiata alla mia fronte, ma ancora non spara. L’ufficiale delle SS continua a parlare, cioè a sbraitare contro di me. Forse vorrebbe che mi inginocchiassi davanti a lui mentre mi spara, magari vorrebbe che scappassi o cercassi di lottare per dare maggiore sfogo alla sua frustrazione di sconfitto della Storia. Mi spiace per lui. Non farò niente di tutto questo. Sono troppo debole perfino per rimanermene qui in piedi sotto questo vento che ti taglia in due.
Il nazista mi grida ancora contro. Lo fisso negli occhi. Da dove mi viene tutta la forza che sento in me in questo momento? Da dove mi viene questa totale assenza di paura? E questo sorriso sprezzante che sento inarcarmi le labbra, quale titano del coraggio lo ha impresso sulla mia debole bocca? Sei un essere abietto, dicono i miei occhi fermi alla SS. E pagherai per le tue nefandezze. Pagherai in questa vita davanti a un tribunale di guerra penzolando da una forca o, se sarai diabolicamente fortunato, salderai il conto nell’altro mondo davanti al Giudice Supremo che tutto vede e tutto giudica. Pagherai le tue malefatte fino all’ultimo, dicono i miei occhi inesorabili, e in caso di bisogno testimonierò contro di te per farti avere una fine dolorosa e umiliante come quella riservata alle tue vittime. Però oggi, in mezzo alle rovine di questo sconcio lager, sopra questo terreno scosso dai rombi della guerra che si avvicina, ti do una possibilità. Non quella di evitare la tua giusta punizione, ma di dimostrare a te stesso che dopotutto sei pure tu un uomo. Di ricordare che un giorno, prima di diventare il mostro che sei adesso, eri una persona che rideva e conosceva il significato della parola amore. Oggi ti concedo il dono di guardare per un attimo l’uomo che era dentro di te, una cui una debole traccia, forse, è rimasta in un angolo di quel tuo cuore nero.
La SS a un tratto smette di sbraitarmi contro. La pistola a poco a poco cala verso il basso come se il braccio che la regge avesse perso l’energia per sostenerla. Infine sparisce ogni segno di odio e di pazzia dal viso dell’uomo in divisa che mi fronteggia. L’ufficiale nerovestito volta le spalle e rimonta sulla motocicletta, all’improvviso ha perso ogni interesse a restare qui. Mette in moto e poi si gira un’ultima volta. Un vento pieno di nevischio e cenere offusca la visuale. La voce dei cannoni cresce di intensità come per impedirti la concentrazione. E’ difficile dire cosa vedo nei chiari occhi del mio mancato aguzzino. Eppure direi che nel suo ultimo sguardo c’è riconoscenza per il dono che gli ho fatto. Il dono di vedere un’ultima volta, prima del disastro, l’uomo che un giorno era stato.
Recupero a stento il sacco con le patate gelate. E mi dirigo verso gli smunti fantasmi che escono dalle baracche storcendo le labbra in una smorfia simile a un sorriso. Se vivremo abbastanza, prima o poi torneremo a sentirci uomini. Ma non scordare no, non avremo questa fortuna.
Ho scritto questo brano ispirandomi a un passaggio di Se questo è un uomo del grandissimo Primo Levi, anche se i personaggi e l’incontro del post sono di mia fantasia.
Il campo di concentramento è stato evacuato alcuni giorni fa a causa dell’offensiva tambureggiante dei russi che respinge su tutta la linea l’esercito nazista quasi in rotta. Solo alcuni malati dati per spacciati, tra cui io, che mi sono preso la scarlattina, sono rimasti nell’infermeria. Eravamo sicuri che ci avrebbero eliminati tutti quando il grosso degli aguzzini e degli internati capaci di camminare avessero abbandonato il campo. Ma non è accaduto, di certo a causa di qualche disguido burocratico. Probabilmente noi sopravvissuti siamo qui perché qualcuno, nella confusione della fuga, si è scordato di timbrare uno dei meticolosi documenti cari agli imbrattacarte di Heydrich e Eichmann.
Ecco, i pochi fantasmi macilenti capaci si trascinarsi fuori dall’infermeria in cerca di cibo si sono nascosti nelle baracche ancora fumanti per l’ultimo bombardamento russo. C’è riuscito pure un ebreo greco di Salonicco malato di dissenteria che dorme nella mia stessa stanza. Sia io che il greco pensavamo che sarei morto dopo di lui, ma ci sbagliavamo entrambi. Per me è finita.
La carogna nazista mi ha visto. Dirige la motocicletta verso di me e la ferma davanti alla coperta sfilacciata sotto la quale tremano di freddo molte ossa e poca carne. La SS mi fissa con azzurri occhi carichi di odio. Del mare di invettive che mi grida nella sua stridente lingua gutturale capisco poco, d’altronde c’è poco da capire. C'è un ebreo che dovrebbe essere morto e che invece si aggira per il campo contro ogni proibizione. Che il campo sia stato abbandonato e che la guerra nazista sia persa, conta poco.
Conosco l’uomo in divisa. Era uno del lager. Conosco pure il suo nome, ma niente qui e ora ha meno importanza di un nome. Un giorno l’ho visto sparare alla nuca, senza battere ciglio, a un disgraziato ungherese che non riusciva più a tenersi in piedi, un sarto dalle mille risorse meno una, ma ora ha detto addio alla sua aria sfrontata dei giorni migliori, ora sembra solo un soldato sbandato. Forse ha perso il contatto con la sua unità e ancora più probabilmente ha smarrito la fede nell’immancabile vittoria del Terzo Reich e nell’invincibilità del suo amato Fuher. Ha la divisa fuori posto, il cappotto imbrattato di fango e la barba sfatta sotto due occhi spiritati. Il suo mondo è crollato e la sua evidente paura lo rende solo più pericoloso. Estrae la pistola e me la punta in faccia, mentre continua a strepitare nella sua orribile lingua.
Il sacco con le patate congelate prese nella cucina del campo, mi accorgo, mi è caduto su un cumulo di neve sporca di nero che sembra sangue. Il vento freddo fa sbattere porte e finestre sfondate delle baracche, le lamiere dei tetti mandano stridori acuti, gli echi di lontani boati mostrano che l’artiglieria russa continua la sua opera di demolizione del nemico in fuga. E’ curioso, dalle lontane ciminiere dei locali della vergogna continua a uscire fumo, anche se stavolta si tratta di fumo dovuto a bombe di Stalin e non a carne incenerita.
Mi stringo addosso la coperta, non ha senso soffrire il freddo anche se vedi quasi già la pallottola che sta per giustiziarti. Sento la neve penetrare nella scarpe sfondate appartenute a un malato di difterite morto la sera prima. Ora la canna della pistola è quasi appoggiata alla mia fronte, ma ancora non spara. L’ufficiale delle SS continua a parlare, cioè a sbraitare contro di me. Forse vorrebbe che mi inginocchiassi davanti a lui mentre mi spara, magari vorrebbe che scappassi o cercassi di lottare per dare maggiore sfogo alla sua frustrazione di sconfitto della Storia. Mi spiace per lui. Non farò niente di tutto questo. Sono troppo debole perfino per rimanermene qui in piedi sotto questo vento che ti taglia in due.
Il nazista mi grida ancora contro. Lo fisso negli occhi. Da dove mi viene tutta la forza che sento in me in questo momento? Da dove mi viene questa totale assenza di paura? E questo sorriso sprezzante che sento inarcarmi le labbra, quale titano del coraggio lo ha impresso sulla mia debole bocca? Sei un essere abietto, dicono i miei occhi fermi alla SS. E pagherai per le tue nefandezze. Pagherai in questa vita davanti a un tribunale di guerra penzolando da una forca o, se sarai diabolicamente fortunato, salderai il conto nell’altro mondo davanti al Giudice Supremo che tutto vede e tutto giudica. Pagherai le tue malefatte fino all’ultimo, dicono i miei occhi inesorabili, e in caso di bisogno testimonierò contro di te per farti avere una fine dolorosa e umiliante come quella riservata alle tue vittime. Però oggi, in mezzo alle rovine di questo sconcio lager, sopra questo terreno scosso dai rombi della guerra che si avvicina, ti do una possibilità. Non quella di evitare la tua giusta punizione, ma di dimostrare a te stesso che dopotutto sei pure tu un uomo. Di ricordare che un giorno, prima di diventare il mostro che sei adesso, eri una persona che rideva e conosceva il significato della parola amore. Oggi ti concedo il dono di guardare per un attimo l’uomo che era dentro di te, una cui una debole traccia, forse, è rimasta in un angolo di quel tuo cuore nero.
La SS a un tratto smette di sbraitarmi contro. La pistola a poco a poco cala verso il basso come se il braccio che la regge avesse perso l’energia per sostenerla. Infine sparisce ogni segno di odio e di pazzia dal viso dell’uomo in divisa che mi fronteggia. L’ufficiale nerovestito volta le spalle e rimonta sulla motocicletta, all’improvviso ha perso ogni interesse a restare qui. Mette in moto e poi si gira un’ultima volta. Un vento pieno di nevischio e cenere offusca la visuale. La voce dei cannoni cresce di intensità come per impedirti la concentrazione. E’ difficile dire cosa vedo nei chiari occhi del mio mancato aguzzino. Eppure direi che nel suo ultimo sguardo c’è riconoscenza per il dono che gli ho fatto. Il dono di vedere un’ultima volta, prima del disastro, l’uomo che un giorno era stato.
Recupero a stento il sacco con le patate gelate. E mi dirigo verso gli smunti fantasmi che escono dalle baracche storcendo le labbra in una smorfia simile a un sorriso. Se vivremo abbastanza, prima o poi torneremo a sentirci uomini. Ma non scordare no, non avremo questa fortuna.
Ho scritto questo brano ispirandomi a un passaggio di Se questo è un uomo del grandissimo Primo Levi, anche se i personaggi e l’incontro del post sono di mia fantasia.
Bel post Capitano. L’immagine presa dal film Schindler's List, resta impressa nella memoria di molti, almeno nella mia. Quante vite buttate al vento, quanta follia, odio, disprezzo per i diversi, un pezzo di storia da non dimenticare, mi auguro solo che non si ripeta.
RispondiEliminapostato da laracchia il 18/01/2007 11:22
L'immagine della bambina di Schindler's list era bella, ma ho deciso di cambiarla con questa.
postato da Mio Capitano il 18/01/2007 11:40
Anche questo bel post è un dono.Non voglio banalizzarlo con un commento.
postato da cleide il 18/01/2007 12:13
si, ho ricevuto molti consigli, alcuni davvero utili ma era meglio che quì non ci venivo oggi a leggere questo post commovente, e già sto triste di mio figuriamoci adesso oh! baci
postato da aladiah il 18/01/2007 13:24
Molto toccante ciò che hai scritto. Credo che, per chi è sopravvissuto, davvero, sia impossibile dimenticare. E anche noi tutti dovremmo sempre ricordare tali orrori e non far finta che non siano mai accaduti. Riguardo a me, sì, non va maluccio. Ma la mia vita è sempre in "altalena", Mio Capitano. Tutto e Niente. Luce e Ombra. Sogno e Incubo. Cavolo, sto diventando ripetitiva. :P Baci M.
postato da Wildrose il 18/01/2007 15:10
TEsoro la canzone che cito è quella che dici tu 'Scema'... E la cito per il semplice motivo che sul mio blog c'è anche la musica la uppo io su... Forse tu non la senti... Ogni post ha una canzone... Quella dell'ultimo post è Marianazionale quella specie di duetto fra due donne un pò rap come dici tu... un baciottolo
postato da frakkola il 18/01/2007 16:22
no,nessuno dovrebbe scordare mai...!
postato da elle il 18/01/2007 16:28
chi salva una vita salva il mondo intero per non dimenticare
postato da indio il 18/01/2007 16:45
Alla fine ce l'ho fatta a vederlo. Veramente bello e a suo modo agghiacciante. Il tuo bel post mi ha ricordato un documentario che vidi 20 anni fa, girato dai soldati americani alla liberazione di alcuni dei campi di sterminio. Le immagini fino ad allora erano rimaste inedite. "Inconcepibile" è stato tutto quello che sono riuscita a pensare vedendole, perché davvero superavano ogni immaginazione. Un abbraccio Hell
postato da hellcatxx il 18/01/2007 17:56
Grazie del commento da me ... Passa presto a trovarmi :-D
postato da Il Giomba il 18/01/2007 18:01
Vedo che la tiscali ogni tanto pubblica nella home page qualcosa di valido. Bene, che ci sia finalmente nostalgia di post degni di questo nome?
postato da merit_merit il 18/01/2007 18:14
Credo che il nazismo sia solo l'espressione più eclatante della cattiveria unana che purtroppo non ha limiti e mi sorprende che episodi più recenti o addirittura attuali accadano senza che quasi ce ne accorgiamo. Davvero bello questo post, un bacio.
postato da sugarcim il 18/01/2007 18:43
Applaudo.. perchè sei proprio bravo.
postato da Lamarea il 18/01/2007 19:10
Capitano è bellissimo questo post complimenti M
postato da magnolia il 18/01/2007 19:55
ciao Mio Capitano,come stai? io son tornata dopo tanto.. Ho letto con molta voracità il tuo post.. Cio' che piu' mi colpisce in diversi libri letti sul genere sono gli sguardi:occhi cerulei,privi di emozione,algidi,quasi da automa.. e un'altro fatto e' la lingua:una lingua dura,che rintrona nel timpano e si diffonde in tutta la sua aggressività...si,una lingua che ti aggredisce,Kiss PS bravo...per non dimenticare..perche cio che siamo oggi e' frutto di cio' che siamo stati ieri.
postato da Venere Storpia il 18/01/2007 20:09
Purtroppo, molta gente tende ancora, dopo molto tempo ad utilizzare quela che in psicologia si chiama "cecità selettiva" e cioè sentendosi in parte in colpa per gli eventi accaduti, invece di guardare in faccia la realtà, fa finta che non sia successo nulla! Tenete sempre bene a mente ciò che è successo perchè dal passato si impara e un uomo senza passato è come un orfano senza famiglia! Cio capitano:)
postato da infondoaimieiocchi il 18/01/2007 20:58
Te lo Auguro.. è bello ogni tanto stare anche dalla parte degli Amati... Baci e buona serata ...
postato da Venere Storpia il 18/01/2007 21:45
Ho scritto questo brano ispirandomi a un passaggio di "Se questo è un uomo" del grandissimo Primo Levi, anche se i personaggi e l’incontro del post sono di mia fantasia. Sono grato a questo post perché mi comunica una serenità dell'animo di cui sento grande bisogno. E' una strana sensazione, vedo questo racconto, penso che l'ho scritto io, e sento lontani da me la tensione e il nervosismo che qualche volta non mi fanno vivere bene. Guardo questo post con gratitudine.
postato da Mio Capitano il 18/01/2007 22:16
Ho trovato un folder pieno di cose come queste... certe nemmeno le ricordavo, ma tante sono molto divertenti. Era anche bello ricevere certe mail e farsi due risate quando la giornata era stressante. :)
postato da hellcatxx il 18/01/2007 22:24
Acciderba Mio Capitano,sei riuscito a prendermi per mano e a portarmi dentro la storia,con tutte le emozioni al seguito! Sono avvenimenti che non vanno mai dimenticati perchè quell'orrore non dovrà ripetersi MAI più! Bravissimo,ciao!!!!
postato da vitty il 18/01/2007 23:03
Caspita che bellissimo post Capitano. Bello fino all'ultima virgola. Grazie per avercelo regalato. Lo conserverò. :o)
postato da margot il 19/01/2007 00:02
Più che dichiaraziione d'amore la vedrei più come la "liberazione" dell'Amore! Cmq non sono in Emilia...spostati più a ovest:) Ciao furbastro
postato da infondoaimieiocchi il 19/01/2007 09:59
Infondoaimieiecc., non mi ero accorto di essere così furbastro. Ho sempre pensato che fossi stato furbastro, furbino o anche furbettino mi sarei trovato da qualche altra parte. Un ringraziamento a tutti quelli che hanno avuto belle parole per il sottoscritto. Ieri ho visto un bel programma in televisione, il che prova che non tutto ciò che passa sul piccolo schermo è necessariamente spazzatura (devo aggiungere però che era quasi mezzanotte). Era un documentario su Bob Kennedy e con molte scene sul film di recente girato sulla sua vita. Venivano fuori fuori l'idealismo americano degli anni Sessanta, le lotte per i diritti civili, il Vietnam che ha insegnato poco. Era straordinario l'immagine di Bob Kennedy che gira in piedi su una macchina scoperta in un quartiere di neri e portoricani osannato dalla gente semplice. Per la prima volta vedendo i due fratelli vicini, John e Bob, mi sono reso conto che quello che valeva, quello che sognava, quello che pensava e che amava era Bob (John aveva lo sguardo un po' bolso da politico classico). La parte più noiosa del programma è stata l'intervista finale a Walter Veltroni che sembrava ricalcata da una vecchia tribuna politica.
postato da Mio Capitano il 19/01/2007 11:19
Vedi come siamo strani? Proprio io che spesso ti ho detto di fregartene e scrivere quello che ti passa per la testa, ieri mi sono trattenuto nel commentarti. Volevo dirti che "mi pareva che il tuo post assomigliasse troppo a qualcosa di molto noto" ed avevo paura d'offenderti. Avrei fatto un figurone, invece...visto che sarebbe stato il quinto (mi pare) commento. Comunque, complimenti. Ciao :-)
postato da Amfortas il 19/01/2007 12:14
Amfortas, avevo già scritto a fine post che mi ero ispirato, molto indegnamente, a Primo Levi. Poi avevo tolto il riferimento perché mi pareva che il post venisse troppo lungo. Il tuo commento mi fa sospettare che forse dovrei rimettere il riferimento, cosa che farò. Dunque la scena è questa. Verso la fine di "Se questo è un uomo" c'è Levi che è uscito dall'infermeria del lager abbandonato per procurarsi cibo e vede, trovandosi in un luogo in cui non può nascondersi, un nazista in motocicletta. Pensa di essere spacciato, ma il nazista o non lo vede o non si ferma. In questo post ho cercato di immaginare come sarebbe potuto essere quell'incontro. Mi rendo conto comunque che si tratta di un tema delicato in cui è facile dire cose inadeguate. Ciao, amfortas.
postato da Mio Capitano il 19/01/2007 12:47
Ciao Mio Capitano.. non ho da fare altri commenti sul tuo post,che tra parentesi m ha proprio ricordato 'se questo e' un uomo' come poi hai detto di esserti ispirato.. volevo solo sapere un po' piu' su di te.. mi sembra di capire che fai l'insegnante,che sei napoletano o giu' di li' e che sei single. La mia anima Venusiana pettegola mi sprona ad indagare.. So che faccio una domanda retorica ma almeno nella risposta sii gentile.. ;D Kiss
postato da Venere Storpia il 19/01/2007 23:15
E tu,mio spigoloso amico,quando scriverai un post intimista,nel quale si capisca di te qualcosa come persona,nel quale trapeli una qualche emozione,e che emozioni?Sai provare emozioni,vero?
postato da Skin il 19/01/2007 23:21
BUON WEEK-END!
postato da dany637 il 20/01/2007 00:22
Risposta notturna alle due ultime donzelle. skin sono spigoloso qualche volta, è vero, amica mia. Però dato che leggi il mio blog da un po' dovresti sapere che so provare emozioni e che anzi quelle che provo sono così intense da rendermi qualche volta (spero non tanto spesso) spigoloso. Post intimistici? Quelli li scrivi quando le circostanze ti inducono a farlo (e quando non ti vergogni troppo di ciò che pubblichi). Il post forse più intimista che ho scritto, o quello in cui mi sentivo meno controllato, è intitolato "Fatti guardare" (lo scrissi in una notte dello scorso agosto in cui dovevo avere qualche linea di febbre non causata da nessuna malattia infettiva :-)) Mi sentivo bruciare. Lo scrissi di getto, correggendo poco, io che correggo molto. Non so se e quando scriverò ancora post così. Venere storpia Non sono insegnante, non lavoro. Ho cercato di scrivere narrativa per gran parte della mia vita, e ho scritto pure diversi post sulle mie non felici esperienze in merito. Sono senz’altro single, come è evidente a chi legge i miei post. Tié, a dispetto di ciò che pensi di me ti faccio pure un bel sorriso. :-))
postato da Mio Capitano il 20/01/2007 00:33
Scusa Capitano ma gli ultimi commenti ...mi fanno un pò sorridere.Mah!
postato da cleide il 20/01/2007 01:29
A quanto pare, stanotte si fa tardi. Domani vedo di mettere un altro post, perché non vorrei avvilire l'argomento delicato e doloroso del post con commenti non adeguati. Buonanotte a tutti.
postato da Mio Capitano il 20/01/2007 01:45
Sto preparando un post che, come talvolta mi accade, è molto diverso dal precedente, come argomento e come stile. Voglio solo dire che ho scritto con la massima serietà questo post del "Dono" e che sono stato orgoglioso di averlo scritto. :-)
postato da Mio Capitano il 20/01/2007 12:30