E se riprendessi il romanzo rimasto nel cassetto? Con la letteratura non si guadagna un centesimo? E’ vero, ma cosa potrebbe importargliene all’uomo nuovo che sarò tra ventiquattr’ore? Scrivere un romanzo mi migliorerà. Coinvolgerò pure Anna nel mio progetto. Lei scriveva benissimo un tempo. Era una piccola star del giornalismo di provincia. Ha lasciato perdere la penna perché le ho messo un mucchio di bastoni tra le ruote. E poi ormai anche Roberto si prepara a spiccare il volo dal nido. Tra poco saremo liberi, io e Anna. Magari potremo fare qualcosa di pazzo e meraviglioso. Potremo vendere tutto, case, ville al mare, macchine, quei terreni inedificabili comprati e coperti di cemento dopo aver corrotto tutti gli amministratori del caso, quegli scantinati malsani del centro storico in cui ci ho ficcato, a peso d’oro, decine di poveracci extracomunitari, quelle barche da Portofino acquistate con i soldi succhiati ai disgraziati universitari assunti in nero nella mia società… diremo addio a tutto e partiremo una qualche splendida isola dei tropici, uno scoglio sull’oceano lontano dagli itinerari del turismo consumistico, dove vivere di sole e amore.
L’incidente stradale era la cosa migliore che mi poteva capitare, ormai ne sono certo. Tra l’altro certi avvenimenti ti inducono a riflettere su cose a cui non vuoi mai pensare. Cose come la morte, per esempio. O come ciò che accadrà dopo di essa. Già, cosa accadrà? Non me lo sono mai chiesto sul serio. Quando me l’hanno domandato, ho sempre giurato di non credere in Dio. Ora però ho qualche dubbio. E se poi alla fin fine esistesse qualcosa o qualcuno, un’entità che potremmo pure chiamare Dio? E se esistessero anche le altre cose della religione cristiana? Magari non tutte, ma quelle principali. Se ci fossero il paradiso e l’inferno? Come sarebbero quei posti? Certo molto diversi da come li ha immaginati chiunque. Sarebbero luoghi sofisticati, degni dell’Intelligenza Suprema che chiamiamo Dio. Chiunque li abbia immaginati come cieli dozzinali in cui oziare in panciolle o abissi in cui arrostire in eterno, ha fatto un grave torto a Dio, se davvero esiste, e alla Sua intelligenza.
Penso che soprattutto sull’inferno ci si sbagli. Bruciare all’infinito mi pare una cosa volgare che non fa poi tutta questa paura. Dopo un po’ ti abitueresti all’odore della tua carne bruciata e passati diciamo un miliarduccio di anni qualche scottatura in formato maxi non ti farebbe molto effetto. L’inferno deve essere un luogo molto più sofisticato e pauroso. Come un enorme punto nero. Un punto nero e buio in cui sei immerso da solo. Senza la capacità di percepire alcunché se non il riverbero dei tuoi pensieri. Tu e i tuoi pensieri nel buio. Cioè solo i tuoi pensieri, perché tu non esisti, non hai forma o concretezza, non ci sei.
Non riesco a immaginare niente di più spaventoso di questo. Un luogo buio e basta. E in quel luogo non luogo ci devi passare non secolo o un millennio. Non un milione o un miliardo di anni. Ma l’eternità. L’eternità passata in un luogo buio e basta. Senza nemmeno il privilegio di impazzire. L’eternità a galleggiare in un buio totale, con la tua mente che ricorda tutto e funziona alla perfezione… e che non ha meccanismi di difesa. Da solo, nel buio, senza poter impazzire. Se l’inferno esiste, deve essere così.
Per fortuna non sono ancora morto. Per fortuna da domani butterò all'aria la vecchia vita. Per fortuna domani mi trasformerò nell’uomo più buono e altruista della terra. Così quando verrà il mio turno di essere giudicato, e ormai penso che quel momento verrà senza dubbio, nessuno penserà a mettermi in un terribile inferno di buio e basta.
C’è una domanda terribile che cerco in tutti i modi di evitare. E se per me non ci fosse nessun domani? Se io non fossi in una stanza di ospedale in attesa che qualcuno accenda la luce? Se io in quell’incidente stradale fossi morto e questo fosse l’inferno? Se dovesse continuare così per sempre? Con la mente lucida che macina pensieri su pensieri in questo terribile buio e basta, senza nessuno, senza una voce, una presenza, un’anima, senza niente? Ho paura.
Il presente post è un mio racconto su carta molto accorciato. Pensavo di avere poco da imparare nel campo della revisione a livello di frase, dato che anche prima di venire sul blog dedicavo parecchia attenzione a questa pratica… ma scrivere i post mi ha insegnato che quasi non esiste limite alla capacità di sintetizzare la tua prosa mantenendo inalterata la qualità del tuo messaggio. A presto con altre riflessioni su questo punto.
La descrizione dell'inferno è davvero spaventosa. Brr... Baci, filo
RispondiEliminapostato da filo rosso il 09/10/2006 23:34
Ragazzi, non fate gli avari, leggete pure la prima parte del racconto. E' lì che viene descritta la fobia del protagonista per il buio. Ora nel buio il nostro distratto arraffasoldi ci deve passare l'eternità. Nel buio, solo in tutto l'universo, per sempre. Bruciare in eterno è quasi una sciocchezza al confronto; di sicuro nell'inferno dantesco trovi un sacco di diavoli che ti alleggeriscono il soggiorno in quelle località roventi raccontandoti barzellette sul paradiso (e con gli altri dannati puoi sempre organizzare qualche sindacato de' noartri poveracci). :-)
postato da Mio Capitano il 10/10/2006 00:08
Dopo le descrizioni tetre, i buoni propositi.Mi è piaciuta l'idea, molto umana, direi. Ciao, 'notte capitano.
postato da ariela il 10/10/2006 00:20
innanzi tutto complimenti per questo post,davvero bello!!! grazie per avermi mandato i link sui tuoi scritti cinefili,appena li avrò visionati ti farò sapere. è bello sapere che c'è ancora tanta gente che ama il cinema. un saluto!!!
postato da federico erra il 10/10/2006 02:58
Buongiorno Capitan Sintesi, ti ringrazio per l'interesse sul mio stato psico-fisico: aggiornamento - alti e bassi in fase di assestamento, rischi di fregature contenibili e gestibili, grado di aggressività ridotto al minimo cautelativo, grado di dolcezza presente ma conservato in un forziere. Spero per te ogni bene, Matrix
postato da matrixwoman il 10/10/2006 11:28
Molto bello, rimango sempre incantata quando penso alla capacità dello scrittore di inventare la vita, i luoghi ed i sentimenti dei suoi protagonisti in maniera così coinvolgente per il lettore! Buona giornata Mio Capitano! Baci baci barbara
postato da barbara il 10/10/2006 12:04
Anche io ogni tanto faccio lo strano sogno di poter scrivere qualcosa e magari camparci pure me e le mie mille amanti... Grazie del commento da me! Ciao
postato da Visionario il 10/10/2006 12:36
Una frase troppo rivista acquista in estetica ma perde di spontaneità: è sempre una scelta difficile, e la sintesi non è sempre un bene, dipende da quello che vuoi (o devi) scrivere. Roth ci ha scritto un libro che ruota intorno a questo argomento e la sua ammirazione per un fantomatico scrittore (che poi è Kundera). Ciao.
postato da Amfortas il 10/10/2006 13:27
molto bello questo post il tuo modo di scrivere rappresnta molto bene quello che vuoi dire, facendo vedere, a chi legge, la situazione che vuoi rappresentare. peril msg che hai scritto da me: lo so, in questo siamo tutti uguali, abbiamo grandi propositi, ma poi davanti alla realtà ….. puffffff ciao max
postato da max il 10/10/2006 13:38
La revisione è essenziale. La revisione è la vita per uno scrittore, così dice ogni manuale di scrittura creativa. La revisione tecnica di quanto scrivi - cioè quella parte della scrittura che si occupa semplicemente di rendere più efficace ed elegante la costruzione della tua prosa e soprattutto di sintetizzarla in maniera netta – non sempre è efficace. Tutti noi siamo affezionati alle parole che mettiamo sulla carta o sul monitor. Se quelle parole ci sono costate fatica, il nostro attaccamento a loro è perfino superiore all’amore per i figli. In particolari casi siamo pure disposti a buttare a mare un po’ di zavorra letteraria per snellire il nostro periodare, ma ci sentiamo più o meno come gli autori di un delitto di lesa maestà (ci amiamo molto, non è vero?). Io ho notato questo. La revisione ortografica dei tuoi scritti avviene in maniera efficace solo se per così dire hai una pistola puntata alla testa. Solo se consideri ciò che scrivi del tutto sbagliato e tenti di salvare il salvabile. Sul blog ho provato spesso questa sensazione. Ho scritto qualche articolo pensando di aver fatto un buon lavoro; ma poi, dal ritardo con cui arrivavano i commenti o da altri tipi di intuizioni, mi sono convinto di aver scritto qualcosa di non efficace. In quei casi vedo proprio fisicamente la gente arrivare sul mio blog e storcere la bocca leggendo il mio post. Arrivato a questo punto, mi sono accorto che era facilissimo tagliare e accorciare. Eliminare brani che mi erano costati fatica e dare la caccia alle parole inutili con lo spirito di un bounty killer. Vedendo che la mongolfiera della mia prosa precipitava mettendo a rischio la mia vita, mi era facile buttare zavorra letteraria per rimanere vivo. Le cose sono invece immensamente più difficili quando non senti quella pistola puntata alla tempia. Tra l’altro il blog ti costringe a essere sintetico molto più della parola scritta su carta. Quando un post supera un certa lunghezza diventa di lettura indigesta per chiunque anche se lo scrive Dio. Mi sono accorto di avere impresso nella mente un limite massimo da non superare in un post (è solo una mia percezione personale e nulla dice che sia esatta). Quando mi accorgo di aver superato quel limite, divento inquieto. E mi do da fare per ridurre il mio articolo entro termini (per me) accettabili. Hasta la vista, companeros.
postato da Revisore dei Conti il 10/10/2006 14:20
Mi raccomando, non essere troppo prolifico di post nei prossimi dieci giorni, altrimenti non riuscirò mai a rimettermi in paro. Bacio. :o)
postato da margot il 10/10/2006 15:18
ad amfortas Bisogna dire che in effetti Isaac Asimov affermava di non aver fatto mai una seconda stesura dei suoi romanzi o dei suoi saggi scientifici. Però lui era così geniale che poteva permetterselo (anche se io penso che se avesse rimesso le mani sui suoi scritti non li avrebbe peggiorati). Su Asimov occorre dire che una volta in una trasmissione televisiva fu sfidato a scrivere un racconto in diretta. E lui lo fece, in una mezz'oretta, con l'intervistatore che cercava in tutti i modi di distrarlo con domande o battute. La storia scritta in quell’occasione fu pubblicata diverse volte in antologie (la presentazione di Asimov era quasi più lunga del racconto, soprattutto erano lunghi gli elogi che il simpaticissimo scrittore di scienza e fantascienza si faceva da sé). :-)
postato da caralior il 10/10/2006 15:51
Mi addentro or ora nel tuo racconto...
postato da Alatiel il 10/10/2006 15:55
acc...ora ho le pupille che mi girano..non riuscirò mai a preferire la lettura su monitor rispetto a quella su un bel librone di carta. Mi piace come scrivi...non potevo non finire il racconto! però ora ohi ohi...ti mando la fattura dell'oculista :-D
postato da Alice il 10/10/2006 19:56
bene bene... purtroppo non ho letto l'originale... ma la sintesi mi sembra perfetta.
postato da lastanzadiclaudia il 10/10/2006 20:47
Ancora una sul mitico Asimov. Questo scrittore era il mio idolo non per quanto riguarda la narrativa, anche se ho apprezzato molto la sua celeberrima Trilogia Galattica, ma per la sua maestria di divulgatore scientifico (era un asso quando nei suoi libri aggregava la materia come se fosse una gigantesca palla di neve, creando pianeti, stelle o buchi neri; ti faceva sentire un piccolo dio capace di spostare galassie e nubi cosmiche a tuo piacimento). Nonostante la sua competenza unica nel campo della scienza e della fantascienza, Asimov spesso non dimostrava una proporzionale passione nell’usare i prodotti della tecnologia. In un suo articolo raccontava di quando un editore gli regalò uno dei primi word processor con l’idea di rendere più efficace quella macchina di parole che è sempre stato lo scrittore di origine russa. Asimov accettò di farsi consegnare la rivoluzionaria macchina a casa, ma dopo averla usata un po’ chiese ai solerti tecnici installatori di riportarsela via perché non sapeva che farsene. Uno dei giovanotti installatori non credeva alle sue orecchie: “Ma questa macchina è il futuro, la farà scrivere più velocemente!” “Scrivo già duecento [o più, non ricordo bene] lettere al minuto”, ribatté lo scrittore. “La aiuterà molto nella fase della correzione delle parole”. “Io non correggo mai.” “Ma quando farà la seconda stesura…” “… quale seconda stesura?” Tuttavia il grande scrittore di fantascienza successivamente dichiarò di aver familiarizzato con il computer riuscendo perfino ad aumentare la sua prolificità letteraria. Ah, scordavo su Asimov ho scritto un indegno post dal titolo “L’apice della vita per me e per Asimov”. Ecco l’indirizzo: http://penultimi.blog.tiscali.it/rz2422882/ Infine un'ultima riflessione. Ho notato che gli adattamenti di racconti nati sulla carta hanno qualche difficoltà a trasmigrare sul blog. Perdono efficacia nel passaggio. Per il blog, la migliore scelta sembra quella di scrivere articoli espressamente pensati per il blog. :-)
postato da Capitan Isaac il 10/10/2006 21:21
oggi sono ospite di Red, da me c'è un monumento! Ti aspettiamo...
postato da matrix il 11/10/2006 15:00
Il tuo è un bel racconto, e la paura finale del protagonista coincide con una delle mie paure, che la fine non esista e si fluttui per sempre nel nulla accompagnati solo dai propri pensieri. Ti saluto.
postato da iltov il 11/10/2006 15:12
Ho letto il tuo commento stilistico e, malgrado il mio ultimo post non lo dimostri, devo dire che concordo con te. Molti dei miei post sono racconti distillati e ridotti fino ad una forma adatta ai tempi di internet e del blog. Oggi però (per festeggiare il mio ritorno?) ho voluto esagerare. Un saluto.
postato da iltov il 11/10/2006 16:05