
A prima vista sembrerebbe una domanda assurda. A prima vista sembrerebbe una questione che può ricevere minori consensi perfino di una dichiarazione pubblica a favore della mafia o della pedofilia.
Il blog è meglio della vita? Il virtuale è meglio del reale?
Tuttavia bisogna riflettere con serenità. Analizzare la situazione senza pregiudizi, basandosi sui fatti. E quali sono i fatti? Il primo è piuttosto grosso ed evidente. E’ la circostanza che noi siamo qui. In questo spazio virtuale. Scriviamo post, leggiamo, rilasciamo commenti, stabiliamo relazioni virtuali, ci conosciamo, ci innamoriamo, litighiamo, ci consoliamo a vicenda, comunichiamo, ridiamo. In una sola parola viviamo qui. Non tutti evidentemente lo fanno allo stesso modo, non tutti sono presenti con la stessa assiduità. C’è chi va e chi viene, chi rallenta e chi accelera, chi fa una pausa e chi da una pausa esce. Ma tutti noi, ogni volta che ci troviamo in queste lande eteree, facciamo un semplice ragionamento. Riteniamo che sia meglio trovarci qui che da un’altra parte. Reputiamo che sia meglio impiegare il nostro tempo così, tra post e nick altisonanti, che in un altro modo. Ogni volta che ci troviamo sul blog giudichiamo che questo mondo possa darci qualcosa di diverso e probabilmente di meglio della vita reale. E’ difficile dare spiegazioni differenti, altrimenti non si capisce perché non utilizziamo il nostro tempo per farci un solitario alla spider, una passeggiata con gli amici o qualsiasi altra cosa.
La seconda domanda sul tavolo è semplice. Se anche fosse vero che ragioniamo così, e non è detto, a che cosa potrebbe essere dovuta questa nostra apparente preferenza per il virtuale contro il reale?
Una riflessione terra terra suggerisce che noi blogger abbiamo vite reali insoddisfacenti, carenti di emozioni e gioie, e che quindi cerchiano di procacciarci in queste contrade virtuali ciò di cui avvertiamo la mancanza. In verità non mancano tra noi, lo sappiamo bene, casi di persone con problemi anche gravi, gente che sta male, depressa o scontenta, in cerca di amici o amori, o anche solo di una buona parola o di un orecchio benevolo in ascolto. Eppure le cose non sono tanto facili, perché in mezzo a noi, e sappiamo pure questo, ci sono altri individui più fortunati che non paiono oberati da insuperabili guai esistenziali. Alcuni ridono e scherzano. Fanno Ciaooooo e fanno eheheheheh, fanno smaaaaack. Hanno la ragazza e che ragazza, la moglie e che moglie, un lavoro buono e perfino invidiato, figli educati, famiglie equilibrate, un mucchio così di amici da telefonare a tutte le ore e abbastanza soldi da farsi le vacanze ai Caraibi o nella savana africana. Questi altri blogger non sembrano annientati da prostrazione o delusione. Allora perché sono qui? Che ci fanno da queste parti? Le risposte non possono essere poi tante. O, a dispetto di ciò che potrebbe sembrare dalle loro vite private, non hanno (licenza poetica) una mazza da fare o reputano ciò che fanno qui più interessante e gratificante del loro andazzo quotidiano. Insomma, siamo alle solite, se stai nel virtuale non hai di meglio da fare o lo faresti.
Arrivati a questo punto potremmo rischiare di non capire niente senza introdurre, con tutte le cautele del caso, un nuovo concetto. E’ possibile, dico è possibile, che nel virtuale e sul blog in particolare si percepiscano spesso stimoli più forti e appaganti di quelli in cui ci si imbatte nella vita reale? Non potrebbe essere che l’immaginazione, che ha un ruolo fondamentale per interagire su internet, spesso abbellisca e modifichi le nostre esperienze e i nostri interlocutori virtuali rendendoli affascinanti quanto storie e personaggi usciti dalla penna di un Balzac o di un Melville? Facciamo un esempio per chiarirci le idee.
Allora, sei nella metropolitana e ti rechi come al solito al tuo poco avventuroso lavoro di scaldapoltrona dalle nove alle cinque, occupazione tra l’altro ottenuta con una sudatissima raccomandazione politica. Sbadigli in mezzo a torme di annoiati viaggiatori piuttosto inclini, come te, a rilevare le trascurabili differenze intercorrenti tra la loro esistenza e quella di eroi situati tra giungle del Bengala o delle Antille, accanto a figlie di Corsari Neri o a Marianne di Mompracem. A un tratto, dopo una frenata o un sobbalzo, una donna ti urta e sorridendo si scusa per la sua goffaggine. Si capisce che vorrebbe attaccare bottone con te. Purtroppo non è molto alta, non è molto magra, non è molto giovane, non sorride alla maniera delle sacerdotesse salgariane da sacrificare alla dea Kalì, parla con un certo accento dialettale e infine si mette addirittura le mani nel naso quando è nervosa, e ora lo è. Il tuo sguardo la seziona in lungo e in largo. E’ sulla trentina, la diresti divorziata da poco con a carico con un figlio introverso, forse fa la cassiera in un bar o la segretaria di qualche azzeccagarbugli, probabilmente deve occuparsi della madre malata e fa costante uso di pillole antidepressive. Liquidi in due parole il suo tentativo di conversazione. Dopotutto, ti dici, non sei ridotto così alla fame.
Bene, il tuo ragionamento non fa una piega. Hai precisi standard qualitativi in tema di donne ed è giusto attenerti a essi. Eppure come reagiresti se ti dicessero che la sventurata donzella liquidata in fretta e furia nella metropolitana è la stessa creatura che ti fa spasimare sul blog? Certo in quelle lande virtuali non si fa chiamare Maria Concetta o Annarella. Sul blog usa il nick di Lady Chatterley e scrive eleganti poesie d’amore. Non ha dato alcun ragguaglio sul suo aspetto, ma tu te la figuri alta e slanciata, con una pronuncia forbita, una creatura sofisticata e affascinante che per qualche motivo inspiegabile ha posato gli occhi su questo indegno mortale e accetta il suo corteggiamento. La notte, mentre resti sveglio nel tuo letto a immaginarla, ripensi al nick della tua interlocutrice e ti chiedi in quale altro posto del mondo potresti trasformarti nell’amante di Lady Chatterley con uno schiocco di dita.
Da quanto abbiamo argomentato, risulta evidente che il fenomeno del blog e del virtuale finisce per assomigliare in qualche modo a scenari da Matrix (liscio, Reloaded o Revolutions). Il virtuale che si impone sul reale. Qui sorge una nuova domanda. Che cosa avremmo scelto noi, al posto di Neo, Trinity e Morpheus? La vita vera, e magari un po' grigia, o quella più illusoria, ma indubbiamente più appagante che può farci percepire un computer? Mettiamoci una mano sul cuore e rispondiamo.
Le riflessioni di questo post, un pizzico provocatorie in certi passaggi, si riferiscono al blogger medio, quale mi ritengo pure io, che è sedotto dalla capacità di comunicare del mondo virtuale e di fare nuove amicizie. L'ironica vicenda sentimentale proposta è solo un esempio dei tanti e forti stimoli che si possono provare sul blog.