Di cosa parlerò, in questo post? Parlerò delle gambe (quasi sempre aperte) dell’agente letteraria che incontrai un giorno a Milano.
Dunque, sono già seduto nel salotto dell’agente letteraria. Sono teso come non mai, perché mi pare che dall’imminente conversazione dipenderà il mio futuro su questa terra. Tra poco, ne sono certo, gli anni di lavoro, le migliaia di ore spese a rifinire e revisionare i miei scritti avranno un significato o dovranno essere buttati nel gabinetto.
L’agente letteraria seduta nella poltrona di fronte alla mia, quella già ricompensata con 500 mila sudatissime lire, è una snella signora sui trentacinque, attraente, con un tono di voce da doppiatrice di scuola classica. Mi ha già ricordato che sta per partire per non so quale rinomata località di montagna; anzi ha già fatto intendere che se non fosse stato per me a quell’ora già si troverebbe con gli sci ai piedi o con un’amante dei quartieri alti che la scalda meglio di qualsiasi camino altoatesino. Indossa una gonna piuttosto corta, che si è accorciata ulteriormente da quando ha accavallato le lunghe gambe, sistemate in pose statuarie degne della più algida Grace Kelly di un film di Hitchcock.
Siamo ancora ai convenevoli, quando ecco che per la prima volta cambia accavallatura alle gambe. Nel farlo, come se accadesse per un normale evento motorio, spalanca le ginocchia e mostra quello che c’è in mezzo, che per fortuna non è uno spettacolo palese quanto quello rimirabile in Basic istinct (si vedono i collant e un paio di mutandine di un colore chiaro che potrebbe essere pure bianco).
Non faccio molto caso al gesto. Sono in preda alle più potenti emozioni letterarie che io abbia mia sperimentato. E tra l’altro sono ancora infiacchito dalla mancanza assunzione della merenda sottrattami in treno. In ogni modo sono così ingenuo in fatto di donne che non ho ben presente la dinamica precisa dell’accavallamento di gambe femminile, evento che potrebbe pur contemplare un certo spalancamento di gambe, per quanto ne so.
L’agente letteraria ha finito i convenevoli e mi comunica che il mio romanzo, certo, ha qualche spunto interessante e creativo, pur tuttavia… Mi sfugge una parte del discorso perché nella fase saliente dello stesso la mia interlocutrice modifica ancora l’intrecciatura delle sue estremità mostrandomi, per un paio di interminabili secondi, mutandine senza dubbio bianche. Deglutisco a vuoto e blatero singulti inumani. Lei spiega che i miei personaggi sono piuttosto originali e hanno una ammirevole dose di spirito anarcoide, però… e via con il balletto delle stanghe. La trama e i colpi di scena sono interessanti, ma… (gambe allargate, generosa esibizione di biancheria intima, nuovo accavallamento). Sul climax e sul conflitto risolutivo, pur apprezzando il ritmo con cui lo porto a conclusione, è costretta però ad aggiungere… cioè ad allargare…
Io mi agito dolorante sul divano. La sola (microscopica) parte della mia mente capace di articolare pensieri vagamente razionali è certa che la padrona di casa non abbia letto una riga del mio romanzo (quando le parlo di una determinata scena quella svicola perché con tutta evidenza non sa di cosa parlo). Capisco pure che, nonostante le cinquecento cocuzze incamerate per ignorare il mio romanzo, sta facendo a pezzi la mia creatura letteraria.
Cerco di ribattere, di oppormi alla stroncatura. Ma le maledette cosce aperte sono sempre lì davanti a me a impiastricciarmi la lingua. Mi sento tutto un fuoco dentro e fuori. Mi sporgo verso lei cercando di farle capire che, se i suoi sono messaggi, io so interpretarli. Quella, come vede ridurre di pochi millimetri la distanza che ci separa, serra le estremità e mi fulmina con gli occhi.
Batto in ritirata sentendomi più babbeo che maniaco. Si va avanti un po’ di tempo così. Gambe aperte e accavallature da pazzi quando me ne sto a soffrire a distanza. E gambe serratissime e folgori dagli occhi quando, ritrovato un minimo di coraggio, mi riavvicino alla mia interlocutrice cercando di non sbavare troppo dalla lingua penzoloni.
Dopo l’ennesima telefonata a cui deve rispondere (chiamate che riducono a un terzo il tempo effettivo del colloquio), la mia interlocutrice mi fa capire che la conversazione è finita. Mi comunica che sono un individuo fortunato. Sono riuscito a parlarle anche se è impegnatissima, mi porto a casa una meditata disamina letteraria (un foglietto con una decina di banali righe a commento del mio romanzo) senza dubbio utile per apportare le necessarie modifiche al mio progetto letterario (lei mi farà uno sconto da vera amica quando le farò leggere la nuova versione del romanzo… e magari per lo stesso prezzo mi fare sbirciare pure un po’ nelle regioni dove non batte il sole). E ho la sua parola d’onore che si impegnerà in tutti i modi, al momento opportuno, per spedire la mia opera alle case editrici, i cui pezzi grossi conosce come le sue tasche.
Me ne vado con la sensazione che non tutto il male viene per nuocere. Da oggi conosco un po' meglio il mondo dell'editoria.
L’agente letteraria seduta nella poltrona di fronte alla mia, quella già ricompensata con 500 mila sudatissime lire, è una snella signora sui trentacinque, attraente, con un tono di voce da doppiatrice di scuola classica. Mi ha già ricordato che sta per partire per non so quale rinomata località di montagna; anzi ha già fatto intendere che se non fosse stato per me a quell’ora già si troverebbe con gli sci ai piedi o con un’amante dei quartieri alti che la scalda meglio di qualsiasi camino altoatesino. Indossa una gonna piuttosto corta, che si è accorciata ulteriormente da quando ha accavallato le lunghe gambe, sistemate in pose statuarie degne della più algida Grace Kelly di un film di Hitchcock.
Siamo ancora ai convenevoli, quando ecco che per la prima volta cambia accavallatura alle gambe. Nel farlo, come se accadesse per un normale evento motorio, spalanca le ginocchia e mostra quello che c’è in mezzo, che per fortuna non è uno spettacolo palese quanto quello rimirabile in Basic istinct (si vedono i collant e un paio di mutandine di un colore chiaro che potrebbe essere pure bianco).
Non faccio molto caso al gesto. Sono in preda alle più potenti emozioni letterarie che io abbia mia sperimentato. E tra l’altro sono ancora infiacchito dalla mancanza assunzione della merenda sottrattami in treno. In ogni modo sono così ingenuo in fatto di donne che non ho ben presente la dinamica precisa dell’accavallamento di gambe femminile, evento che potrebbe pur contemplare un certo spalancamento di gambe, per quanto ne so.
L’agente letteraria ha finito i convenevoli e mi comunica che il mio romanzo, certo, ha qualche spunto interessante e creativo, pur tuttavia… Mi sfugge una parte del discorso perché nella fase saliente dello stesso la mia interlocutrice modifica ancora l’intrecciatura delle sue estremità mostrandomi, per un paio di interminabili secondi, mutandine senza dubbio bianche. Deglutisco a vuoto e blatero singulti inumani. Lei spiega che i miei personaggi sono piuttosto originali e hanno una ammirevole dose di spirito anarcoide, però… e via con il balletto delle stanghe. La trama e i colpi di scena sono interessanti, ma… (gambe allargate, generosa esibizione di biancheria intima, nuovo accavallamento). Sul climax e sul conflitto risolutivo, pur apprezzando il ritmo con cui lo porto a conclusione, è costretta però ad aggiungere… cioè ad allargare…
Io mi agito dolorante sul divano. La sola (microscopica) parte della mia mente capace di articolare pensieri vagamente razionali è certa che la padrona di casa non abbia letto una riga del mio romanzo (quando le parlo di una determinata scena quella svicola perché con tutta evidenza non sa di cosa parlo). Capisco pure che, nonostante le cinquecento cocuzze incamerate per ignorare il mio romanzo, sta facendo a pezzi la mia creatura letteraria.
Cerco di ribattere, di oppormi alla stroncatura. Ma le maledette cosce aperte sono sempre lì davanti a me a impiastricciarmi la lingua. Mi sento tutto un fuoco dentro e fuori. Mi sporgo verso lei cercando di farle capire che, se i suoi sono messaggi, io so interpretarli. Quella, come vede ridurre di pochi millimetri la distanza che ci separa, serra le estremità e mi fulmina con gli occhi.
Batto in ritirata sentendomi più babbeo che maniaco. Si va avanti un po’ di tempo così. Gambe aperte e accavallature da pazzi quando me ne sto a soffrire a distanza. E gambe serratissime e folgori dagli occhi quando, ritrovato un minimo di coraggio, mi riavvicino alla mia interlocutrice cercando di non sbavare troppo dalla lingua penzoloni.
Dopo l’ennesima telefonata a cui deve rispondere (chiamate che riducono a un terzo il tempo effettivo del colloquio), la mia interlocutrice mi fa capire che la conversazione è finita. Mi comunica che sono un individuo fortunato. Sono riuscito a parlarle anche se è impegnatissima, mi porto a casa una meditata disamina letteraria (un foglietto con una decina di banali righe a commento del mio romanzo) senza dubbio utile per apportare le necessarie modifiche al mio progetto letterario (lei mi farà uno sconto da vera amica quando le farò leggere la nuova versione del romanzo… e magari per lo stesso prezzo mi fare sbirciare pure un po’ nelle regioni dove non batte il sole). E ho la sua parola d’onore che si impegnerà in tutti i modi, al momento opportuno, per spedire la mia opera alle case editrici, i cui pezzi grossi conosce come le sue tasche.
Me ne vado con la sensazione che non tutto il male viene per nuocere. Da oggi conosco un po' meglio il mondo dell'editoria.
Io le donne di questo tipo non le sopporto. :o)
RispondiEliminapostato da margot il 30/03/2006 15:12
Mi immagino il tuo umore...purtroppo di gente così ce n'è fin troppa...La prossima volta solo agenti uomini!!!
postato da La signora Plin il 30/03/2006 15:41
beh...le possibili soluzioni sono due: a non è una zoccola, quindi odorare e non toccare b non le piacevi c ma sti' soldi alla fine sono stati un investimento perso o cosa???? :-)))
postato da mqp il 30/03/2006 15:43
BELLISSIMOOOOOO!!!!!!!!!Ma è successo davvero? Mi ha fatto morire dalle risate... Complimenti. Così fai esercizio...
postato da Sibilla il 30/03/2006 15:55
PS consolati pensando a quello che subiscono molte donne in ambienti come quello che hai descritto tu...
postato da Sibilla il 30/03/2006 15:57
Se apri msn provo a mandarti le canzoni sperando che vada più veloce di ieri ... Un bacino.... Contenta che ti piacciano!
postato da frakkola il 30/03/2006 17:04
Ma almeno l'hai sputtanata in ogni ambiente? Hai scritto i suoi numeri di telefono nei peggio posti?
postato da Amfortas il 30/03/2006 17:09
Risposta numero uno, per sibilla (“Ma è successo davvero?”) E’ assolutamente successo davvero; anche se come ho detto altrove è possibile che io abbia colorito qualche particolare per esigenze letterarie (magari nel post appaio un filo più ingenuo di quanto realmente sono e la mia controparte un pizzico più zocc*** di quelle che erano le sue caratteristiche). Il nucleo centrale della storia è comunque vero come il vangelo. Risposta numero due, per mgp (ma sti soldi sono un investimento perso o cosa?). Un investimento persissimo. Soldi buttati (licenza poetica) nel cesso. Comunque all’epoca ero molto disperato in ambito letterario. Non conoscevo nessuno. E anche se avevo il notevole sospetto di prendermi una fregatura rivolgendomi a un agente letterario a pagamento (ho detto che non sono poi così ingenuo come appaio nei post) mi era sembrato un rischio che valesse la pena correre. E’ più o meno come quando un tennista si trova in una fase di gioco molto svantaggiosa e tenta un colpo difficile con poche possibilità di riuscita, che comunque è il solo artificio che può toglierlo dai guai. Risposta numero tre, ancora per mgp (Forse non le piacevi). Mi sono interrogato abbastanza su quel punto. Bah. E’ pure possibile che se mi fossi dimostrato un po’ più sicuro di me stesso lì ci sarebbe potuta scappare (mi si perdoni il linguaggio inelegante) una scopata. Io purtroppo sono uno di quelli che quando gli fai vedere le mutande sragionano e si scordano pure il loro nome. Risposta quattro, per amfortas: potrei pure sputtanarla, ma a che servirebbe? Quella è una pescecane che rimane sempre a galla. La cosa curiosa era che lavorava come segretaria letteraria in una nota casa editrice di orientamento culturale (anche se lei di culturale aveva giusto quello c’era tra le gambe…) Un giorno parlerò di un’accusa infondata che mi fece su un mio presunto errore ortografico: al momento non riuscii a replicare perché lei aveva anche il conforto dell’opinione di un conosciuto scrittore della Bompiani con cui affermava di essere in contatto telefonico. Le dissi che era uno stronza ignorante, e le feci rimangiare la sua accusa infondata solo sei mesi dopo: un po’ tardi, ma meglio tardi che mai. Alla signora Plin, a margot e a frakkola, grazie per il vostro sostegno morale.
postato da penultimo il 30/03/2006 17:52
quasi uno scambio di ruoli...in genere sono gli uomini che si approfittano delle gentil donzelle!!! Ma rimane il fatto che sia nella versione al femminile,che in quella maschile,sono una brutta categoria di persone. elle
postato da elle il 30/03/2006 18:23
se al mondo nn ci fossero le zoccolone, noi donne per bene nn potremmo mai riscattarle;)
postato da sex.and.thecity il 30/03/2006 20:04
Povero amico mio, che te la fanno annusare due volte nello stesso giorno per poi lasciarti con una merenda, 500mila cucuzze e litri di saliva in meno, oltre che una probabile erezione di qualche giorno... dovessi incontrare un'agente letteraria io partirei già prevenuto.
postato da Colui che vede Oltre il 30/03/2006 20:19
Vabbè, ma alla fineti tutte queste sventure, ci sei riuscito o no a pubblicare un romanzo?! Fammelo sapere che corro subito a comprarlo!
postato da simona il 30/03/2006 20:57
mah...secondo la simpatica(!) agente letteraria avresti dovuto sentirti fortunato,dunque (ehm ..davvero ti obnubili totalmente davanti alle mossette di un'agente letteraria in odore di zocc**laggine? O.O da come la descrivi ,mi fa venire in mente una velina,piuttosto ke un qualsivoglia cosa di letterario davvero ti obnubili per le...veline? O.O io nn ci credo troppo ) pciuck :*
postato da viola il 30/03/2006 21:50
Per viola Me obnubilo, me ottenebro, me ottundo. Se non me obnubilassi, ottenebrassi, me ottundessi, non sarei qui. Baci in sequenza a: simona, Carrie (ma non lo sguardo di Satana), elle. Pacca sulla spalla a Colui (che se me prestasse la sua lungimirante vista me faciliterebbe l’esistenza). Eccone alcune che non avevo detto. Il nome di questa agente letteraria (in realtà l’esatta dizione è editor, all’americana) è Laura Lepri. La cosa che non ho detto durante il post per mancanza di spazio. Una delle prime cose che mi disse, e sottolineo il forte stato emotivo in cui ero a causa delle mie aspettative letterarie, suonava più o meno così: “Mi è piaciuto il suo modo di attaccare le scene quando sono già avvviate, però guardi questo errore ortografico. Non può credere che effetto negativco faccia trovare un errore ortografico così ingenuo a inizio del libro. Le toglie ogni possibilità di farsi prendere in considerazione.” Il suo viso esprimeva il massimo disappunto. Naturalmente dopo quelle parole ero morto (non aveva ancora iniziato a mostrare le mutande). Ero arcisicuro di essere un ignorante di prima forza. Uno che si era illuso di fare un mestiere ampiamente al di sopra delle sue possibilità. Uno che più o meno aveva un livello culturale da prima media. Che forse non sapeva nemmeno la differenza tra è con l’accento e senza. Ero un pure e semplice cadavere che diceva che la sua vita non aveva avuto alcun senso. La parola che avevo scritto io era “goliardo” mentre lei sosteneva che la sola dizione corretta fosse “goliarda” anche per il maschile. Comunque, mentre era intenta in una telefonata e si era dunque scordata di fare la Sharon Stone ai miei danni, avevo recuperato un minimo di controllo di me. E le dissi che ci avevo pensato, ma a me la parola che avevo scritto “goliardo” pareva corretta. Mi guarda con rincrescimento estremo. Mi compiange per il fatto che insisto a discutere con un’autorità in campo letterario come lei. Era il momento in cui parlava a telefono con questo scrittore della Bompiani (non ricordo più il nome, ma era uno che ti annichiliva). Un breve scambio di battuta tra la zoccola e il magnaccia telefonico e mi dice che per me non ci sono speranze, anche lo scrittore conferma la sua affermazione. In tutti i casi, dice con sicumera assoluta, se ancora non sono convinto prende il vocabolario e controlliamo. Ci vorrà un secondo. Che dovevo dire? Da questa parte c’è un giovanotto pieno solo di illusioni e di pezzi di carta scribacchiati alla meglio e dall’altra parte ci sono una personalità di tutto rispetto nel campo editoriale e uno scrittore di best-seller, di quelli che si vedono tradurre i romanzi in un mucchio di lingue. Su quel contrasto ortografico potevano aver ragione solo i miei oppositori. Rinuncio a controllare sul vocabolario e mi faccio tutto rosso. La vergogna è così grande che mi fa scordare perfino le fottute gambe della zoccola. Mi faccio tutto il viaggio in treno e torno a casa. Il giorno dopo apro il vocabolario, senza alcuna pretesa. E indovinate che parola vi trovo scritta? Indovinate chi aveva ragione in quella disputa letteraria? “Era goliardo” grandissima troia. Goliardo, è una parola correttissima. Glielo dissi sei mesi dopo alla puttana (perdonate la licenza). Sapete cosa rispose? Sì, in effetti è così. Ma è soltanto una parola. Non ha alcuna importanza. Troia, ripeto ora. Ma come mai sembravi pensare che io dovessi suicidarmi a casa tua quando pareva avessi sbagliato io? E quando invece sbagli tu è solo una parola senza importanza? (chiedo scusa per tutti i termini poco ortodossi che ho usato in questo commento, ma quando non se ne può più non se ne può più.)
postato da vuoto il sacco _ leggete attentamente questo commento il 30/03/2006 22:38
Confessione: io non solo ignoravo se esistesse o no il maschile di goliarda, ma ignoro anche il significato di questa parola! (non cancellarmi dai tuoi preferiti per questo, ti prometto che me lo vado a cercare subito sul dizionario!). Riguardo la tipa... una vera troia (licenza poetica concesa) non c'è che dire! Il mondo è pieno di gente così e non mi spiego come mai più stanno in alto più si credono di essere chissà chi e invece sono solo piccoli ignoranti, o raccomandati o molto molto fortunati. Scusa se insisto, ma... alla fine sto romanzo?! Non avrai mica volontariamente evitato di rispondermi?! :)
postato da simona il 30/03/2006 23:03
Cara simona, il romanzo non è pubblicato. Messo nel cassetto e lì rimasto. Era una storia basata su un'utopica fuga dal mondo e contemplava la realtà virtuale (i tempi di Matrix erano ancora molto al di là da venire). C'era pure molta nostalgia del passato, degli ideali della gioventù, c'era qualcosa, per chi ha visto il film del "Grande freddo"... In tutti i casi mai mi sognerei di dire che ho scritto un capolavoro, tutt'altro. Un bacio.
postato da penultimo il 30/03/2006 23:10
troppo stanca per andare oltre il bacio della buonanotte ;-) non è già molto? ciaoooo
postato da sempreio il 31/03/2006 00:13
Notte penultimo...sempre molto divertenti le tue descrizioni (certo quando le hai vissute non lo sono state affatto), ma è bello che tu ne sappia scrivere a questo modo. Penso che nei corsi di sopravvivenza dovrebbero insegnare soprattutto l'autoironia!!!
postato da La signora Plin il 31/03/2006 00:48
Carissimo penultimo! Evidentemente un altro attacco della sindrome genitoaneuronale, questa volta aggravata dal fatto che la portatrice sana dell'agente patogeno (la f***) si sentiva assoluta padrona del campo. In quel momento era il giudice supremo del tuo destino da scrittore e doveva gioire di quel sottile, crudele piacere che pervade l'animo degli inferiori quando possono in qualche modo umiliare chi è superiore a loro. (Strano le mutande bianche: di solito gli esemplari in questione le usano nere, sono più similari a ciò che dovrebbero nascondere..). A parte ciò avrei da chiederti un piacere. Anche io ho scritto un romanzo (fra qualche lustro ci saranno più romanzieri che lettori) e sto vivendo un'esperienza che è completamente speculare alla tua: la prima casa editrice alla quale l'ho presentato ha deciso di pubblicarlo (e non a mie spese, ma con un contratto regolare) chiedendomi solo di apporre alcune modifiche (peraltro marginali) al testo. Conoscendo le mostruose difficoltà che incontrano gli autori inediti (la mia prima ex-moglie lavora nel campo editoriale e mi aveva già illustrato la situazione spazzando via ogni mia illusione) ed essendo consapevole che il mio lavoro non è certo il capolavoro che rivoluzionerà la letteratura del nuovo millennio, sono alquanto perplesso. Il mio è uno straordinario colpo di culo o c'è sotto qualcosa? Te che scrittore lo sei, lo sei stato o lo diventerai (e che comunque hai avuto a che fare con gli editori) che cosa ne pensi? Un caro saluto
postato da luca il 31/03/2006 03:32
caro luca, se tu hai un ex moglie che lavora in campo editoriale, evento raro, e se vi parlate ancora, evento immensamente più raro del primo, ti consiglierei di rivolgerti a lei, che sicuramente sa come vanno le cose in questo campo. La mia esperienza è la seguente. Uno che ti vuole pubblicare il romanzo ti vuole fregare. Uno che ti vuole fregare (cioè uno che ti vuole pubblicare) non dirà mai e poi mai che è pagamento. Guarda bene questa bocca: non dirà nemmeno sotto tortura che lui ti pubblica previo sganciamento di cocuzze da parte tua. Semplicemente a pubblicazione avviata ti comunicherà che c'è bisogno di un contributo da parte tua (mai tuoi soldi)... ti dirà che sarebbe gradito che i tuoi amici acquistassero in anticipo un certo numero di copie (in realtà nessuno ha amici di questo tipo e quindi dovresti comprarti da solo il tuo libro). Oppure ti parlerà di sponsor che devi trovarti... insomma c'è tutta una casistica che certo la tua ex moglie conoscerà a menadito. La tua posizione è lievemente resa diversa dal fatto che se non sbaglio sei professore universitario. Il ladro che ti vuole pubblicare potrebbe pure pensare che hai un numero sufficiente di allievi potenziali acquirenti della tua creatura letteraria... non conoscendoti, il ladro editoriale potrebbe pensare che tu in qualità di insegnante potresti rivolgere qualche velata minaccia ai tuoi studenti (tipo se non compri il mio romanzo te puoi scordare la promozione all'esame). E ciò potrebbe rendere superfluo l'esborso di soldi da parte tua. Tra l'altro non so nemmeno se tu insegni ancora. In tutti i modi i miei consigli sono questi. Seguire il parere dell'ex moglie. Dubitare di tutto e di tutti. Prendere informazione su quella determinata casa editrice. Tenere presente che stai trattando con un rapinatore (assolutamente meno leale di quelli a mano armata risiedente nel mio palazzo)... talvolta con i rapinatori si possono fare pure buoni affari, ma devi essere vigile e ricordarti di indossare mutande rinforzate nel posteriore. Ciao. :
postato da penultimo il 31/03/2006 12:18