lunedì 2 ottobre 2006

Italiano contro napoletano


Ne dico un paio sull’evoluzione linguistica del dialetto napoletano e di come esso sia costantemente insidiato dalla lingua italiana. Con l'avvertenza che l'idioma della mia città è considerato quasi sempre una lingua vera e propria.
Quando ero bambino o ragazzo a quanto ricordo la forma espressiva principe delle mie parti era il dialetto. L’italiano si parlava solo in contesti formali o ufficiali come la scuola o in determinati ambiti di lavoro. Già per chiedere informazioni stradali a un estraneo si ricorreva a una forma dialettale un po’ meno stretta, sostenuta da alcune parole o locuzioni in italiano. Se si interagiva con personale municipale per richiedere documenti personali la forma di comunicazione era data perlopiù da una parlata mista, dove comunque il napoletano, specie dopo le battute iniziali, prevaleva. Ricordo che un evento davvero raro, così raro da apparire ridicolo, era udire una persona conversare per strada nella lingua ufficiale nel nostro Paese.

Nel rione dove vivevo io all’epoca - era un po’ più malfamato di quello dove sono ora, ma sempre nello stesso quartiere – c’erano alcune famiglie di origine triestina (credo fossero profughi istriani che dopo la guerra furono distribuiti in varie parti d’Italia). Ricordo in particolare un ragazzino sui dieci anni. Non ho mai saputo il suo vero nome, tutti lo chiamavano “taliano” (italiano) per il fatto che si esprimeva in un italiano perfetto e inusitato dalle mie parti. Davvero era un’assurdità sentire quando questo “taliano” apriva la bocca e parlava. L’assurdità era rinforzata dal fatto che questo ragazzo triestino era stato arruolato, per motivi incomprensibili, nella mi più pericolosa banda giovanile del mio rione e forse dell’intero quartiere, cioè la Banda dei Chiattoni (nome fuorviante perché i delinquenti membri della banda non erano affatto grassi)… Il capo della banda, Gerozzo (Ciro), venne ammazzato a 18 anni in una spedizione punitiva (un giorno forse parlerò di questo autentico demonio e della tremarella che ti veniva, anche se eri grosso il doppio di lui, se solo ti passava a cinquanta metri).
Più tardi, ai tempi del liceo, la situazione era più o meno questa nel mio quartiere. Le ragazze tra loro parlavano quasi sempre in italiano (anche se dimostravano di saper usare perfettamente il dialetto, il quale doveva essere la loro forma di comunicazione principale in famiglia). I ragazzi conversavano tra loro sempre in napoletano, sforzandosi di ricorrere a una parlata più raffinata quando si rivolgevano al gentil sesso. In classe ovviamente si parlava nella lingua di Manzoni.

Di recente la situazione pare molto cambiata. Non è raro ascoltare nel mio quartiere, pur essendo il dialetto la parlata ancora maggioritaria, conversazioni in italiano. Non molto tempo fa sono rimasto sbalordito quando ho udito due bambini di sette o otto anni, palesemente appartenenti alla classe degli scugnizzi partenopei, parlare tra di loro in italiano. Mi sono detto qualcosa come “Sta cambiando tutto”.
I figli delle mie sorelle sono stati educati a parlare solo in italiano (e questo gli ha provocato problemi a scuola, perché per essere accettato dal gruppo devi saper utilizzare pure il napoletano). I miei nipoti hanno fatto il percorso inverso al mio: hanno imparato il dialetto a scuola e l’italiano in famiglia.

Al più presto la seconda puntata sulle modifiche linguistiche nella parlata napoletana. :-))

1 commento:

  1. Scordammoce o’ passato!
    postato da thewhite il 02/10/2006 15:59

    Credo che un po' sia la storia dei dialetti in Italia. Io considero il dialetto parte integrale del folklore locale di ogni regione e si sta perdendo dappertutto. Quando poi regnerà la cultura europea.... Il napoletano, grazie alle canzoni, a Totò, a Peppino De Filippoe ad altri è forse il più conosciuto (ma non compreso) dialetto italiano. Lo sai che nel primo film di questa bellissima signora "Africa sotto i mari" recitava anche mio padre? Aveva bisogno di soldi per pagare i debiti contratti con esperimenti intellettuali culturali. Ciao, mi interessa questo tema, aspetterò la prossima puntata.
    postato da zampa il 02/10/2006 16:13

    Oh, per parte mia credo di potermi definire bilingue, anche se non sono una vera esperta di dialetto ;) Oh, pensu ca mi pozzu definiri macari poliglotta, picchì m'avìa addiminticatu u'ngrisi (inglese) ma chistu iè nautru discussu.... Baci siculi al signormiocapitano :P
    postato da Laura il 02/10/2006 16:59

    si, bravo! è proprio charles boyer
    postato da adipi il 02/10/2006 17:25

    La cosa che mi rincresce è che io per tutta la vita, fino a tempi recenti, ho sempre aspirato a parlare bene in italiano. Consideravo questa forma di comunicazione, e non sono il solo nella mia città visti i progressi della nostra lingua ufficiale, superiore e più raffinata del dialetto. Esprimersi in napoletano mi pareva tipico delle persone disagiate e rozze, mentre io, come tutti, aspiravo a presentare al mondo una parte di me affascinante e perlomeno brillante se non colta. Per lo stesso motivo ho avversato tutte le forme culturali della tradizione napoletana, la musica, il teatro, il folclore. Solo in anni recenti ho cambiato idea su questi argomenti. Considero il napoletano, senza offesa per la nostra bella lingua italiana, una forma comunicativa più espressiva, ma soprattutto più bella. La canzone napoletana poi è uno splendore, una gemma. Non c’è alcun dubbio, dal mio punto di vista, che sia superiore alla canzone italiana: e tale superiorità può essere data solo dalla maggiore musicalità del dialetto partenopeo, il quale finisce per avere ripercussioni pure sulla costruzione musicale delle melodie.
    postato da Mio Capitano il 02/10/2006 17:26

    E' cosi'.Un napoletano parla la sua lingua,non l'italiano. Intrisa di storia e di vocaboli con origini diverse e antichissime. Un tesoro da custodire e da tramandare.Uno dei tanti di questa meraviglia di citta':) Prima o poi dovrai postare qualcosa di sonoro,senza parole scritte.Solo la tua voce e la tua lingua napoletana che ci racconta qualcosa. io aspetto eh! ciao un bacetto
    postato da veneredischiena il 02/10/2006 17:52

    è bello riscoprire le proprie origini.....non credi?un sorriso.i.
    postato da iris il 02/10/2006 18:45

    Io vivo a Brescia, i miei genitori sono di Udine e ho parenti sparsi in mezza Italia. Il risultato è che nessuno mi riconosce. Quando sono a Udine mi dicono che sono di Milano e se sono a Brescia, dove vivo, dicono che non so parlare bresciano. Come vorrei non essere adialettica!
    postato da Alatiel il 02/10/2006 21:11

    Il tuo Cuore, per un mio Bacio? E la tua Anima? :P Niente bacio, per stanotte. Ti auguro solo di fare tanti bei sogni, pieni di Passione. :P Ciao, a presto. Michelle.
    postato da Michelle il 03/10/2006 01:36

    Solitamente parlo italiano (cioè quasi sempre, circa, più o meno...) ma non è affatto difficile capire di dove sono, per via delle c strascicate, delle s che diventano z, e cose simili. Quando sono particolarmente nervosa (cioè quasi sempre) parlo decisamente in romano. Quando sono furiosa, spesso escono fuori le parolacce in barese che mio cugino mi ha insegnato con tanto amore. Per quanto riguarda i ragazzini... a me sembra che qui si sia verificato il processo inverso. Noi venivamo obbligati a parlare italiano in casa e fuori, loro mi sembra che parlino romano sempre e comunque. Mah!
    postato da margot il 03/10/2006 02:26

    non è solo l'italiano contro il dialetto,con la forte immigrazione di questi ultimi anni un mix di lingue diverse imperversa sul nostro territorio e per capirci alla fine qualche "taglio" diventa quasi inevitabile...peccato che a rimetterci siano proprio i dialetti,immensa risorsa delle nostre tradizioni! ciao carissimo,buona giornata:)
    postato da elle il 03/10/2006 06:47

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