
La fraternità propria del Santo Natale reca conforto pure ai cuori più inclini al pensiero negativo, come conferma la seguente storia.
Avevo conosciuto questa signora fiera e ardimentosa - non è proprio una blogger secondo ciò che dice, ma legge alcuni blog tra cui pure il mio - una professionista romana affermata e orgogliosa della sua posizione sociale, bella, superatletica e perfino severa ammaestratrice di cani feroci che fanno venire la tremarella al sottoscritto. Naturalmente qualsiasi maschio – e sopra ogni cosa il qui tapino narratore affetto da atavica e inappagata fame femminile – vedendo questo po’ po’ di donzella bella e grintosa farebbe fuoco e fiamme per appropinquarsi a lei. La professionista bella e grintosa a dire il vero non ha solo pregi, ma pure qualche difettuccio. Diciamo che è un pochino spostata a destra politicamente. Niente di grave, e soprattutto nulla che possa impensierire lo sciagurato protagonista di questa storia, che nella sua attuale e gramigna fase esistenziale sarebbe disposto a inginocchiarsi perfino davanti a Hessa, ossia la nazista supereroina dai facili costumi protagonista di un conosciuto (almeno presso certi disperati reduci degli anni Settanta) fumetto per adulti. Tuttavia perfino a questo scellerato di bocca buonissima in fatto di donne non gli tornavano troppo certe apologie berlusconiane della grintosa professionista (il Cavaliere sarà pure un tizio ricco sfondato che ha fregato parecchia gente con la sua scadente parlantina, le scarpe con il rialzo nascosto e la parrucca o il trapianto capellifero, sarà perfino simpatico e capace di raccontare barzellette spassose, ma che qualcuno lo potesse considerare un grand’uomo era davvero dura da mandare giù).
Comunque ammetto di essere un debole, specie quando avvisto una sottana all’orizzonte, e se questa sottana appartiene a una signora che mi rivolge la parola, perfino virtuale, purtroppo smarrisco all’istante il mio poco raziocinio. Dopo un po’ di vaghe chiacchiere virtuali, comincio col far notare alla mia interlocutrice che mi sento solo e avverto la necessità e finanche l’urgenza di compagnia femminile. Lei si dimostra dispiaciuta per la mia infelice condizione esistenziale. Si offre perfino come consigliera spirituale e raccoglitrice di mie eventuali lagnanze del cuore. Con lei posso sfogarmi, mi fa capire. Lei, in una parola, è la soluzione a ogni mio problema. Allora ci do dentro con il triste racconto della mia disagiata permanenza su questa terra. Sono fortunato, lo ammetto, perché non devo mentire nemmeno troppo quando sciorino i miei guai esistenziali, anzi a dire il vero devo tenermi perfino un po’ al di sotto della realtà per non sembrare lo sfigato che sono. Per uscire dal mio vuoto affettivo avrei bisogno di una figura femminile, una figura - butto lì cercando di non pensare a qualche sparata seminazista della mia interlocutrice - gentile e comprensiva come quella con cui comunico. Anzi, dico alla piacente professionista mentre l’inedia sentimentale mi rende audace, vorrei incontrarla; se potessi starle vicino sono certo che mi sentirei meno solo e triste.
Non risponde per due giorni. Poi mi arriva una stranissima mail. Lei vuole aiutarmi. Davvero. E’ disposta a fare qualsiasi cosa per farmi uscire dalle mie difficoltà. Posso contare su lei senza remore. Sono commosso da quella manifestazione di affetto e le dico, sempre scordandomi dei suoi panegirici a favore del plutocrate di Arcore e di qualche tirata contro il Terzo Mondo e l’invasione di disgraziati che stiamo subendo, che niente mi farebbe più piacere che incontrarla. Sto quasi per proporle un giorno adatto per un appuntamento in cui tenerci per mano come due fidanzatini, ma poi soprassiedo in un impulso di prudenza. Meglio non strafare.
La mia cautela sembra premiata da una mail giunta a stretto giro di posta virtuale. Prima ancora di aprirla mi prende l’emozione. E’ lei che mi dice che ci sta, ne sono certo. Quella mail deve contenere perfino il luogo e il giorno dell’appuntamento agognato. E sarà un appuntamento a Napoli perché la generosa signora che monopolizza i miei pensieri, sapendo delle mie scarse risorse finanziarie e della mia difficoltà a spostarmi, vorrà favorirmi in ogni modo.
Apro la lettera, ma fin dalle prime battute mi pare che il contenuto differisca dalle attese. In effetti intercetto alcuni termini che non riesco proprio a collegare con le mie aspettative, e cioè “psicoanalisi”, “processi mentali inconsci” “esperienze metabolizzate” e “fase infantile” [è tutto vero alla lettera ndr]. Ovviamente mi strofino gli occhi per assicurarmi che la vista non mi giochi brutti scherzi. Ma quando riguardo la mail, la fraseologia aliena è sempre allo stesso posto. Leggo un mucchio di psiconalisi, psicoanalisi, psicoanalisi. Ogni volta che rumino quella parola noto che il mio stato d’animo precipita verso recessi profondi, ma infine mi imbatto in un passaggio che mi fa sperare in uno sbocco positivo, laddove la mia interlocutrice mi consiglia di “mettermi a nudo”… Tuttavia in pochi secondi afferro che questa frase ha un’accezione un filo diverso da come la intendevo io.
Leggo tutta la mail e mi domando se sogno. La bella e amabile professionista, la donna che avrebbe dovuto accompagnarmi in passeggiate romantiche tese a lenire la mia mestizia esistenziale, mi dice più o meno che per superare le mie problematiche non c’è niente di meglio che farmi un’autoanalisi. Leggo meglio, sillabo le parole per non sbagliare, e qui si parla proprio di Freud. La mia interlocutrice ha fiducia assoluta in ciò che definisce ritorno alla fase infantile, qualunque cosa sia. Inoltre afferma di aver consigliato questa sua terapia psicanalitica, questa introspezione fai da te, pure alle sue amiche, ottenendo sempre ottimi risultati. Le sue amiche sono rinate dopo aver seguito i suoi suggerimenti psicocurativi, e lo stesso è capitato a lei medesima. Mi parla proprio con il cuore in mano. Attuando una severa terapia analitica sotto la sua esperta supervisione, starò molto molto meglio.
Le mando una lettera in cui le dico che non ho capito quasi niente di ciò che ha detto (avrei voluto dire “farneticato”, ma poi mi sono trattenuto). Espongo qualcuna delle mie più diplomatiche e eufemistiche opinioni sulla psicanalisi per non offenderla e infine dico che quella proposta non mi sembra la strada per risolvere i miei disagi esistenziali.
Segue una sua mail postata alla velocità della luce. Dice che ora si è proprio scocciata di me e della mia ironia a buon mercato. Lei cercava di aiutarmi, ma io sono individuo meschino e ingrato che non merita niente, solo di crogiolarsi nella sua solitudine. Dopo avermi cannoneggiato con vari appellativi poco lusinghieri, mi ingiunge di cancellare il suo indirizzo dall’agenda di Outlook e sbraita che non risponderà più a mie lettere.
Io che dovevo fare, dopo aver letto l’ultimo delirio? L’Onnipotente mi è testimone che ho cercato di controllarmi. Che ho chiesto il Suo aiuto per non cedere alle lusinghe della riprovevole ira. Che l’ho pregato di non farmi soccombere agli istinti di bassa lega. “Signore”, l’ho implorato, “fammi agire da uomo civile”. Ma poi ho sentito che non potevo oppormi all’inevitabile esito di quella storia. Ho aperto la posta elettronica e ho scritto una mail in cui esprimevo un unico e stringato concetto: “Psicoanalizzami questo cazzo!”
Comunque ammetto di essere un debole, specie quando avvisto una sottana all’orizzonte, e se questa sottana appartiene a una signora che mi rivolge la parola, perfino virtuale, purtroppo smarrisco all’istante il mio poco raziocinio. Dopo un po’ di vaghe chiacchiere virtuali, comincio col far notare alla mia interlocutrice che mi sento solo e avverto la necessità e finanche l’urgenza di compagnia femminile. Lei si dimostra dispiaciuta per la mia infelice condizione esistenziale. Si offre perfino come consigliera spirituale e raccoglitrice di mie eventuali lagnanze del cuore. Con lei posso sfogarmi, mi fa capire. Lei, in una parola, è la soluzione a ogni mio problema. Allora ci do dentro con il triste racconto della mia disagiata permanenza su questa terra. Sono fortunato, lo ammetto, perché non devo mentire nemmeno troppo quando sciorino i miei guai esistenziali, anzi a dire il vero devo tenermi perfino un po’ al di sotto della realtà per non sembrare lo sfigato che sono. Per uscire dal mio vuoto affettivo avrei bisogno di una figura femminile, una figura - butto lì cercando di non pensare a qualche sparata seminazista della mia interlocutrice - gentile e comprensiva come quella con cui comunico. Anzi, dico alla piacente professionista mentre l’inedia sentimentale mi rende audace, vorrei incontrarla; se potessi starle vicino sono certo che mi sentirei meno solo e triste.
Non risponde per due giorni. Poi mi arriva una stranissima mail. Lei vuole aiutarmi. Davvero. E’ disposta a fare qualsiasi cosa per farmi uscire dalle mie difficoltà. Posso contare su lei senza remore. Sono commosso da quella manifestazione di affetto e le dico, sempre scordandomi dei suoi panegirici a favore del plutocrate di Arcore e di qualche tirata contro il Terzo Mondo e l’invasione di disgraziati che stiamo subendo, che niente mi farebbe più piacere che incontrarla. Sto quasi per proporle un giorno adatto per un appuntamento in cui tenerci per mano come due fidanzatini, ma poi soprassiedo in un impulso di prudenza. Meglio non strafare.
La mia cautela sembra premiata da una mail giunta a stretto giro di posta virtuale. Prima ancora di aprirla mi prende l’emozione. E’ lei che mi dice che ci sta, ne sono certo. Quella mail deve contenere perfino il luogo e il giorno dell’appuntamento agognato. E sarà un appuntamento a Napoli perché la generosa signora che monopolizza i miei pensieri, sapendo delle mie scarse risorse finanziarie e della mia difficoltà a spostarmi, vorrà favorirmi in ogni modo.
Apro la lettera, ma fin dalle prime battute mi pare che il contenuto differisca dalle attese. In effetti intercetto alcuni termini che non riesco proprio a collegare con le mie aspettative, e cioè “psicoanalisi”, “processi mentali inconsci” “esperienze metabolizzate” e “fase infantile” [è tutto vero alla lettera ndr]. Ovviamente mi strofino gli occhi per assicurarmi che la vista non mi giochi brutti scherzi. Ma quando riguardo la mail, la fraseologia aliena è sempre allo stesso posto. Leggo un mucchio di psiconalisi, psicoanalisi, psicoanalisi. Ogni volta che rumino quella parola noto che il mio stato d’animo precipita verso recessi profondi, ma infine mi imbatto in un passaggio che mi fa sperare in uno sbocco positivo, laddove la mia interlocutrice mi consiglia di “mettermi a nudo”… Tuttavia in pochi secondi afferro che questa frase ha un’accezione un filo diverso da come la intendevo io.
Leggo tutta la mail e mi domando se sogno. La bella e amabile professionista, la donna che avrebbe dovuto accompagnarmi in passeggiate romantiche tese a lenire la mia mestizia esistenziale, mi dice più o meno che per superare le mie problematiche non c’è niente di meglio che farmi un’autoanalisi. Leggo meglio, sillabo le parole per non sbagliare, e qui si parla proprio di Freud. La mia interlocutrice ha fiducia assoluta in ciò che definisce ritorno alla fase infantile, qualunque cosa sia. Inoltre afferma di aver consigliato questa sua terapia psicanalitica, questa introspezione fai da te, pure alle sue amiche, ottenendo sempre ottimi risultati. Le sue amiche sono rinate dopo aver seguito i suoi suggerimenti psicocurativi, e lo stesso è capitato a lei medesima. Mi parla proprio con il cuore in mano. Attuando una severa terapia analitica sotto la sua esperta supervisione, starò molto molto meglio.
Le mando una lettera in cui le dico che non ho capito quasi niente di ciò che ha detto (avrei voluto dire “farneticato”, ma poi mi sono trattenuto). Espongo qualcuna delle mie più diplomatiche e eufemistiche opinioni sulla psicanalisi per non offenderla e infine dico che quella proposta non mi sembra la strada per risolvere i miei disagi esistenziali.
Segue una sua mail postata alla velocità della luce. Dice che ora si è proprio scocciata di me e della mia ironia a buon mercato. Lei cercava di aiutarmi, ma io sono individuo meschino e ingrato che non merita niente, solo di crogiolarsi nella sua solitudine. Dopo avermi cannoneggiato con vari appellativi poco lusinghieri, mi ingiunge di cancellare il suo indirizzo dall’agenda di Outlook e sbraita che non risponderà più a mie lettere.
Io che dovevo fare, dopo aver letto l’ultimo delirio? L’Onnipotente mi è testimone che ho cercato di controllarmi. Che ho chiesto il Suo aiuto per non cedere alle lusinghe della riprovevole ira. Che l’ho pregato di non farmi soccombere agli istinti di bassa lega. “Signore”, l’ho implorato, “fammi agire da uomo civile”. Ma poi ho sentito che non potevo oppormi all’inevitabile esito di quella storia. Ho aperto la posta elettronica e ho scritto una mail in cui esprimevo un unico e stringato concetto: “Psicoanalizzami questo cazzo!”