La “mors tua” è la “vita mea”.
Soltanto questo.
E’ inutile che leggiate il mio articolo è tutto spiegato nella prima riga di questo post.
La tua morte è la mia vita. Il tuo male, il mio bene. Le tue lacrime, le mie risate.
Cominciamo terra terra. Una “teoria della relatività” dice che una cosa acquista valore perché si mette in relazione a un’altra cosa. E’ il contesto in cui si trova un oggetto, una persona un’idea, che riesce a dargli un’identità e una qualifica. Si dice che un uomo è alto perché si misura la sua altezza in rapporto all’altezza media degli altri uomini. Ma se venisse confrontata con quella di una squadra di pallacanestro, quell’individuo sarebbe dichiarato probabilmente basso. In tutti e due i casi è il contesto, cioè l’altezza media degli uomini o della squadra di basket, a conferire una qualifica all’uomo in questione.
Allo stesso modo si dice che un oggetto è pesante, prezioso o bello perché si usano certi metri di riferimento. Se se ne usassero di diversi, tutto cambierebbe. Una gallina viene considerata automaticamente stupida, anche se per le altre galline è una specie di genio, perché il contesto intellettuale con cui la si raffronta non è quello delle galline. Inutile fare l’esempio del recordman di salto in alto di inizio secolo, che oggi non verrebbe nemmeno ammesso a gareggiare perché, pur essendo un campione ai suoi tempi, in “relazione” al mondo sportivo attuale sarebbe valutato un atleta scadente.
Anche i concetti etici e le morali cambiano di significato col cambiare del contesto sociale in cui sono giudicati. Ne sia la prova la legalizzazione del divorzio e dell’aborto in paesi dove prima ciò era considerato inammissibile.
Perfino dati di fatto che ci sembrano scontati, come la bontà di un uomo, sono tali solo se il contesto intorno lo consente. E’ nota la storiella dell’isola in cui tutti gli uomini erano buoni tranne uno, che proprio per questo era trattato con mille riguardi e curato meglio di chiunque. Infatti se l’unico “cattivo” dell’isola fosse morto, gli altri avrebbero perso automaticamente la loro bontà, venendo a mancare il termine di confronto che rendeva tale quella qualità.
Quanto abbiamo descritto finora ci porta a uno dei tanti paradossi umani. L’uomo, infatti, per essere appagato non deve soltanto mirare al raggiungimento di un’elevata posizione gerarchica (la gerarchia, come meglio dirò in altre parti se ne avrò l’occasione, non si attua solo nel campo dei soldi o del potere, ma un po’ dovunque, anche in settori come la spiritualità o l’altruismo). Al contrario deve anche augurarsi e far sì che i suoi simili non migliorino nel frattempo la loro condizione sociale (o di altra natura), perché questo renderebbe vane le sue conquiste. Deve per così dire evitare che gli altri “vivino” perché questo causerebbe la sua morte.
Il Proverbio che cito ha anche un significato letterale. Infatti qualche secolo fa, quando la durata della vita si aggirava sui trent’anni o poco più, un uomo che moriva sui cinquant’anni poteva ritenersi fortunato per essere vissuto tanto a lungo. Oggi chi muore a cinquant’anni è morto circa venticinque anni prima della media degli uomini (almeno nei paesi industrializzati).
Soltanto questo.
E’ inutile che leggiate il mio articolo è tutto spiegato nella prima riga di questo post.
La tua morte è la mia vita. Il tuo male, il mio bene. Le tue lacrime, le mie risate.
Cominciamo terra terra. Una “teoria della relatività” dice che una cosa acquista valore perché si mette in relazione a un’altra cosa. E’ il contesto in cui si trova un oggetto, una persona un’idea, che riesce a dargli un’identità e una qualifica. Si dice che un uomo è alto perché si misura la sua altezza in rapporto all’altezza media degli altri uomini. Ma se venisse confrontata con quella di una squadra di pallacanestro, quell’individuo sarebbe dichiarato probabilmente basso. In tutti e due i casi è il contesto, cioè l’altezza media degli uomini o della squadra di basket, a conferire una qualifica all’uomo in questione.
Allo stesso modo si dice che un oggetto è pesante, prezioso o bello perché si usano certi metri di riferimento. Se se ne usassero di diversi, tutto cambierebbe. Una gallina viene considerata automaticamente stupida, anche se per le altre galline è una specie di genio, perché il contesto intellettuale con cui la si raffronta non è quello delle galline. Inutile fare l’esempio del recordman di salto in alto di inizio secolo, che oggi non verrebbe nemmeno ammesso a gareggiare perché, pur essendo un campione ai suoi tempi, in “relazione” al mondo sportivo attuale sarebbe valutato un atleta scadente.
Anche i concetti etici e le morali cambiano di significato col cambiare del contesto sociale in cui sono giudicati. Ne sia la prova la legalizzazione del divorzio e dell’aborto in paesi dove prima ciò era considerato inammissibile.
Perfino dati di fatto che ci sembrano scontati, come la bontà di un uomo, sono tali solo se il contesto intorno lo consente. E’ nota la storiella dell’isola in cui tutti gli uomini erano buoni tranne uno, che proprio per questo era trattato con mille riguardi e curato meglio di chiunque. Infatti se l’unico “cattivo” dell’isola fosse morto, gli altri avrebbero perso automaticamente la loro bontà, venendo a mancare il termine di confronto che rendeva tale quella qualità.
Quanto abbiamo descritto finora ci porta a uno dei tanti paradossi umani. L’uomo, infatti, per essere appagato non deve soltanto mirare al raggiungimento di un’elevata posizione gerarchica (la gerarchia, come meglio dirò in altre parti se ne avrò l’occasione, non si attua solo nel campo dei soldi o del potere, ma un po’ dovunque, anche in settori come la spiritualità o l’altruismo). Al contrario deve anche augurarsi e far sì che i suoi simili non migliorino nel frattempo la loro condizione sociale (o di altra natura), perché questo renderebbe vane le sue conquiste. Deve per così dire evitare che gli altri “vivino” perché questo causerebbe la sua morte.
Il Proverbio che cito ha anche un significato letterale. Infatti qualche secolo fa, quando la durata della vita si aggirava sui trent’anni o poco più, un uomo che moriva sui cinquant’anni poteva ritenersi fortunato per essere vissuto tanto a lungo. Oggi chi muore a cinquant’anni è morto circa venticinque anni prima della media degli uomini (almeno nei paesi industrializzati).
A proposito della teoria della relatività, sei venuto nel mio blog affermando che i miei post sono assai lunghi... tu ti autocensuri la battitura del testo.. che dici ho capito bene su cosa intendi x confronto?? :o) sono d'accordo con te sulla teoria purchè questa xò non ci castri ad agire secondo i nostri desideri... voglio dire! Ma ci hai pensato mai forse che chi ti legge rimane appeso x aria senza trovare un modo comodo di atterraggio? io x esempio ho letto i tuoi ultimi tre post... quello sulla formula dell'amore... e bè xchè ce la risparmi? x questione di tempo? :o) quello del dialogo con l'angelo prima parte e la seconda dov'èèèè?? io sto ancora pensando alla donna che cerca... e poi ora tutto questo discorso molto interessante sulla società e le relazioni.. e bè? poi chiudi rinviando ad un prossimo post? mmmm nn si fa così uff prrrrr le variabili da considerare sono molteplici... non solo la relatività ....... anche i desideri sono importanti... i tuoi e i miei!! :o) bacio Giadadeldeserto p.s. commento troppo lungo? hihihihi
RispondiEliminapostato da giadadeldeserto il 19/02/2006 17:26
Che palle!
postato da uff il 19/02/2006 18:01
che palle sti codardi che non si firmano
postato da capitani coraggiosi il 19/02/2006 18:17
Ma sei sicuro che per sentirsi appagati bisogna emergere? Va bene se si parla di materia. Ma se parliamo di spiritualità, se io mi elevo e gli altri restano terra-terra chi è in grado di comprendere questo mio essermi elevato? Se l'appagamento viene x essere + di un altro, in questo caso non ci può essere nessuna soddisfazione perchè l'altro non è in grado di rendersi nemmeno conto della mia presunta superiorità. E poi secondo me + ci si eleva e meno interessa la competizione. Ciao, spero di ricordarmi di venire a leggere la seconda puntata.
postato da come alice il 19/02/2006 20:36
occhei,seguo il tuo consiglio smetto di leggere nel punto esatto ke hai indicato :D eppure un pensiero già mi esplode ( si fa per dire) nella testa *tutto bianco o tutto nero? sfumature nulla,eh?* ma io nn cedo alle provocazioni e continuo la lettura,ecco =:)
postato da viola ke...esegue il 19/02/2006 21:01
alcune delle cose ke dici le condivido,sono evidenti,alre meno tralascio la prima parte del post e mi concentro sulla seconda,quella su :*uno dei tanti paradossi umani* credo ke la cosa migliore sia far in modo ke il contesto con cui ci confrontiamo sia noi stessi(questo nn lo sapevo ,ora lo so;quello nn lo sapevo fare ,ora sì ;quello nn lo avevo ,ora sì...),puntando ,preferibilmente, all'essere piuttosto ke all'avere dici ke è difficile? vabbè, fatti non fummo a viver come bruti... ciauz piesse:kissà(?) come, mi è venuto da pensare al tuo nick...
postato da viola ke...ha letto il 19/02/2006 21:23
Cara Viola, dici una cosa molto profonda. Avere se stessi come contesto e dunque come metro di valutazione. E' un pensiero profondo e bello. Non so se sia attuabile o realistico un simile modo di fare. Ma è bello che lo tu lo abbia pensato e detto qui.
postato da penultimo il 19/02/2006 21:42
Per come alice la tendenza a emergere di cui parlo non è necessariamente un fatto negativo legato alla sete di potere, copme spero di avere modo di specificare meglio in seguito. A giada nel deserto Cercherò di considerare pure i desideri nel prosieguo del mio discorso. Purtroppo non potevo fare un post chilometrico.
postato da penultimo il 19/02/2006 21:47
Grazie x quello che hai scritto. Per quanto riguarda i caratteri e altre funzionalità, le ho prese dal sito del Giomba, che permettimi, approfitto, visto che lo cito, x ringraziare. L'indirizzo è: http://ilgiomba.altervista.org/index_script.html Ciao
postato da come alice il 19/02/2006 23:18
Intendevo grazie x quello che hai scritto da me. Ciao
postato da come alice il 19/02/2006 23:19
Non è obbligatorio mettere i link dei blog preferiti. Mi sento + libera e poi mi sembrerebbe di fare torto agli esclusi. :) Comunque non è detto che non cambi idea. Ciao, Buonanotte.
postato da come alice il 19/02/2006 23:52
Interessante il tuo postato, e condivisibile. Non sono d'accordo sulla frase "Il blog impone brevità": la brevità è anch'esso un concetto relativo :-) Ciao.
postato da Amfortas il 20/02/2006 10:38
perchè ti fanno paura i cani? hai subito un trauma? il mio è molto buono...ma è irruento...per cui credo che a te spaventerebbe molto!
postato da leila il 20/02/2006 11:00
Questo del contesto è un concetto antico, ti dirò che dovrebbe essere ovvio. Lo si sperimenta anche senza averne consapevolezza; ma a volte anche per chi lo insegna - come me- diventa facile cadere nella trappola dell'io: sta tutto qui il paradosso. Ciao, bel blog, e grazie diesserti fermato nel mio: so quanto può essere totalizzante una passione mediata dallo schermo di un pc... leggo tra i tuoi post precedenti e trovo molte cose condivisibili....... Un saluto
postato da manouche il 23/02/2006 11:47